Di Francesca Dallatana
Parma, 13 aprile 2025 – Occhi nuovi sulla Romania. Emigrazione accademica. Per capire gli effetti sociali di un fenomeno: il lavoro di cura e di assistenza affidato alle lavoratrici dell’est, comunemente chiamate badanti.
Che cosa rimane al ritorno nel Paese di origine dopo una vita prestata a lenire la sofferenza degli altri? Le parole non sono sufficienti per dire che cosa sia successo e succeda in Italia all’esercito di assistenti familiari. Ed è una questione controversa. Per alcune la migrazione ha rappresentato un nuovo inizio. Altre si sono ammalate.
Chi ha deciso di andare altrove alla ricerca di una vita migliore oppure di una fonte di reddito non sempre racconta. Sono riservate le lavoratrici rumene e moldave.
Sono privati i fatti della vita quando hanno ancora il battito dell’emozione.
La fatica del lavoro è una questione personale. La si affida. Non a tutti. Il rischio di travisare le sfumature è molto alto. E le sfumature spesso sono sostanza.
Molto dipende anche dagli occhi nuovi che si incontrano.
Quelli di Maria Sole Vettore hanno cercato testimoni significativi per descrivere le vite trasformate delle donne prestate al lavoro di cura.
E’ un capitolo di una più ampia riflessione sul futuro sociale dell’Europa.
Osservare e vivere una migrazione per descrivere da dentro e in diretta le dinamiche del processo di interazione con un’altra cultura, con il suono di un’altra lingua. Imperativo che nasce dalle motivazioni profonde della ricerca sociale.
Profondo Veneto.
Allora, la ricercatrice: Maria Sole Vettore. Italiana, veneta di origine e bolognese per frequentazione accademica: trasfertista di lunga durata a Iași, Romania. Dove è andata a osservare le dinamiche di interazione sociale delle assistenti familiari rientrate in Romania temporaneamente oppure per sempre. Si è avvicinata al tema a partire dal Veneto. Il motivo ispiratore della ricerca muove i primi passi nella città di origine della città di origine: Battaglia Terme, provincia di Padova, Veneto profondo.
Vivono qui i primi tre intervistati per la ricerca sul campo qualitativa della tesi di laurea: due donne e un uomo. La laureanda osserva sul campo le dinamiche di interazione del campione, poi li incontra e raccoglie la loro testimonianza attraverso lo strumento dell’intervista narrativa.
Quale fotografia del fenomeno migratorio a Battaglia Terme?
“Battaglia Terme – risponde Maria Sole Vettore – conta poche migliaia di abitanti. La maggior parte delle persone migranti arriva dall’est europeo. Molte di loro sono impegnate nei lavori di assistenza e di cura. Sono lavoratrici anagraficamente mature. Alcune in età che in altra epoca avremmo definito da pensione. Ho intervistato tre persone: tutti oltre i sessanta anni. Mi hanno raccontato il loro lavoro in Italia, la fatica, la socialità. Anche le solitudini. Un uomo e una donna rumeni e una moldava. Lui, sessantacinque anni, lavora come custode al Cus (Centro Universitario Sportivo, Ndr) di Padova. Le intervistate: un’assistente familiare e la seconda di professione commessa con qualche collaborazione come badante ad ore, entrambe hanno più di sessanta anni. Resilienti, positive, riconoscenti per la possibilità di lavoro, nonostante le difficoltà.”
Che tipo di contatti tra i gruppi di migranti di provenienza territoriale diversa?
“Si tende a socializzare con i connazionali. Sul territorio si verifica una tendenza alla segmentazione delle provenienze. Importante veicolo di dialogo e di interazione è la scuola. Frequentare la stessa classe promuove il dialogo tra i genitori di diversa provenienza. Spesso il confronto va oltre il perimetro degli argomenti relativi alla scuola e ai programmi scolastici.”
Dalle righe della tesi di laurea, si affacciano medaglioni di lavoratrici prestate al lavoro di cura e si alternano in una galleria di combinazioni: convivenze di assistenti e assistiti necessarie alla sopravvivenza della famiglia rimasta in Romania; turni lunghi di attesa e di pazienza dedicati alla tutela, alla socializzazione e al controllo. Stanchezza cronica. Incomprensioni. La fatica delle famiglie, un’altra sofferenza difficile da cogliere nelle motivazioni profonde. La caratterizzazione dei personaggi è abitudine quotidiana e l’estraneo si presta all’etichettamento: l’intervistata O. è “la badante” e lo è per tutti.
“E io sono sempre qui e sono la badante.” E sempre solitudine, cioè solitudine emotiva. Un’altra testimonianza: “E’ come essere stata per anni agli arresti domiciliari.”
Etichettamento, solitudine e segmentazione lavorativa, anche se non indicati espressamente dalla ricercatrice sono elementi che fortemente caratterizzano il tipo di socialità delle assistenti alle famiglie. Sono gabbie quasi inespugnabili.
Una lente di ingrandimento per questo capitolo di lavoro migrante visto da vicino. La curiosità intellettuale prende la forma di un ciclo di studi coronato da una ricerca originale.
La tesi di laurea in “Progettazione e gestione dell’intervento educativo nel disagio sociale” discussa nel giugno del 2024, presso l’Università di Bologna, affronta il tema dell’invecchiamento delle persone migranti moldave e rumene tra ombre e luci, con un affondo dedicato alla differenza tra invecchiare all’est e all’ovest d’Europa, dove l’intervento sanitario è più capillare e tempestivo e dove le condizioni di vita usurano menti e corpi in modo più blando.
Museo della Romania
Si scrive Iași e si legge Iasc. Nord est della Romania, nella Moldova rumena. Il confine con la Moldova è a un tiro di fucile. Il territorio ha vissuto il condizionamento dell’Unione sovietica fino allo sfaldamento dell’impero. La narrazione della ricerca sul campo di Maria Sole Vettore inizia così. Parte da Iași.
E diventa lei stessa uno dei personaggi di una indagine sociale più ampia, dedicata alla previsione sociale dell’Europa futura forse più abituata alla mobilità territoriale.
Ricercatrice in trasferta, declinazione accademica del lavoro migrante. Il tema è attuale: le età degli europei e il loro benessere sociale in un’epoca che si prospetta complessa e in forte movimento. Significa immaginare la società futura, i servizi necessari, il mondo di domani. La sua postazione di ricerca è presso la sede di Alternative Sociale, una organizzazione non governativa rumena attiva nel settore sociale.
Come sono le giornate della trasfertista italiana?
“Giorni di ricerca e di studio. La socializzazione è possibile con altri ricercatori oppure con studenti presenti a Iași per l’Erasmus. I rumeni sono piuttosto schivi. Non è immediato entrare in contatto, con relazioni più strette. Ho giocato a basket. Giocavo anche in Italia. Molto bello, ma il campionato qui è in anticipo rispetto a quelli italiani ed è già finito. Lo sport permette di entrare in relazione in modo più diretto e ci si avvicina alla lingua in modo più agile. Parlo poco il rumeno. Alcune interviste le svolgo soprattutto in lingua inglese. Le intervistate, invece, parlano italiano.”
Il privilegio della ricerca e la solitudine emotiva di chi non ha la rete sociale nelle immediate vicinanze. A tratti il suo racconto di Iași sembra la eco delle storie di vita che ha raccolto in Italia.
L’integrazione ha bisogno di attesa, di reciprocità coltivata.
La fotografia di Iași: “E’ una miscellanea di culture. Il Dna della città: francese, turco, russo, moldavo. La città è sede di cinque importanti Università statali alle quali se ne aggiungono sette private. Alberghi e attività commerciali, molte di queste sono negozi di fiori e farmacie: una grande città in movimento dal clima continentale caratterizzato da un freddo molto rigido. Per l’importanza culturale che riveste Iași è nota come il Museo della Romania. E’ la città delle cento Chiese”, racconta la ricercatrice. E aggiunge sulla diffusione delle farmacie: “L’approccio sanitario predilige la medicalizzazione e si differenzia in modo significativo dalle modalità occidentali.”
Poi sposta l’attenzione sul focus della ricerca: Socola e la migrazione di ritorno delle assistenti familiari.
Il ritorno delle assistenti in Romania.
“Socola è l’Istituto psichiatrico dove vengono assistite e ricoverate molte delle assistenti familiari di ritorno dall’Italia, che vivono le conseguenze della così detta Sindrome Italia. Depressione, allucinazioni, insonnia, a volte schizofrenia. I profili sanitari sono diversi ma il minimo comune denominatore è lo stesso: il lavoro di cura in Italia. L’approccio della psichiatria rumena è molto diverso da quello Occidentale e tende, come le altre specialità mediche ad una maggiore medicalizzazione.”
All’Istituto Socola Maria Sole Vettore incontra di frequente una psichiatra con la quale dialoga sulla Sindrome Italia e sugli effetti vissuti dalle pazienti. E’ la dottoressa di Socola a suggerire i nomi delle intervistate.
Chi sono le intervistate e come è ricominciata la loro vita in Romania? “Ad accettare l’intervista sono persone che non presentano sintomi collegabili alla sindrome Italia. Donne adulte ritornate alla loro vita sociale e anche lavorativa. Una di loro ora si occupa della casa ed esprime la volontà di stare con i figli e di recuperare il tempo perduto. Vive in campagna e si dedica ad una attività rurale di mantenimento. Un’altra intervistata ha vissuto per due anni in Romania con l’indennità italiana di disoccupazione. Poi, alla fine dei due anni della Naspi, ha ricominciato a lavorare in un bar. Una terza intervistata è ritornata per prendersi un tempo di riposo per i dolori e problemi alla schiena. Dice di volere ritornare al lavoro in Italia quando lo stato di salute glielo permetterà. In generale diverse delle assistenti intervistate percepiscono la pensione, alcune sia quella italiana che quella rumena, entrambe di bassa entità.”
Le intervistate sono medicalizzate?
“Qualcuna sì, ma non per motivi psichiatrici. Le donne disponibili all’intervista sono persone che nel complesso stanno bene e che hanno trovato un loro equilibrio. Questo potrebbe essere un bias (distorsione, Ndr). Non mi è stato ancora possibile visitare l’Istituto Socola per gli impegni della psichiatra che segue la ricerca, ma credo sia importante completare la ricerca con l’osservazione sul campo.” Rimane aperta la riflessione sulla Sindrome Italia, non indicata sul Dsm (Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Ndr.)
Un invito a visitare la Romania da parte dell’intervistata Maria Sole Vettore, che suggerisce la lettura del libro di Paolo Ciampi, pubblicato da Bottega Errante Edizioni: “Non è il Paese di Dracula.” E’ soprattutto un suggerimento a viaggiare in Europa e a cogliere sul campo gli indicatori dei mutamenti dell’Europa futura. Da parte di una nativa digitale, della generazione zeta.
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