Ieri, venerdì prima della settimana autentica, ho visto una scena stupenda che mi ha insegnato tanto e provocato ancor di più.

Un gruppo di giovani, con cui mi congratulo e che ringrazio, ci ha aiutati a riflettere su cinque argomenti fondamentali nella nostra società e per la vita di ognuno:

Speranza, donne, perdono, morte, rassegnazione.

Dopo aver riflettuto sul perdono, che rimane per gli uomini di ogni tempo un punto molto ostico, sono stata testimone di una Epifania.

Ho visto un piccolo bambino sentirsi forte, un uomo che ha deciso di aiutarlo a sentirsi tale e un altro uomo che ne ha seguito l’esempio e si è “messo accanto” dopo essere stato “messo di fronte” ad un piccolo miracolo di tutti i giorni.

Camminavamo, tutti in religioso silenzio dietro al simbolo che più ha destato scandalo ormai da oltre 2000 anni quando ad un certo punto, proprio lì davanti ai miei occhi vedo il Don che, prendendo la croce dalle mani dell’uomo che la stava portando, la porge ad un bambino dicendogli: 

“ora questa la porti un po’ tu!”

Non glielo ha chiesto, non si è fatto scrupolo del fatto che potesse essere troppo per lui, non lo ha “risparmiato”, ma dopo avergliela data gli ha insegnato a portarla e l’ha accompagnato tenendola a sua volta con una mano.

È stato bello osservare il cambiamento dell’atteggiamento del bambino, dapprima spaventato dal peso della croce e dell’importanza di quel segno, poi stupito dal fatto di riuscire a sopportare quel peso anche perché affiancato ed in fine felice di aver superato quella prova che lo aveva reso più forte, quasi invincibile.

Gli faceva da contraltare il signore che fino a quel momento aveva portato la croce che, ad ogni passo, ha dovuto imparare a fidarsi di quel bimbo e della mano che lo aiutava.

Traspariva in lui quella lotta iniziale: avrebbe voluto eliminare quel peso, avrebbe voluto portarlo lui piuttosto che farlo gravare su quel piccolo bimbo.

Ad ogni passo però il bambino diventava più forte e il signore accanto diventava più libero, talmente libero da sostituire quella mano del Don con la sua nell’aiutare quel piccino.

Tutt’intorno c’eravamo noi: molti non han visto la scena, motivo per il quale mi preme raccontarla, molti altri magari non vi han fatto caso; c’ero io commossa e ammirata che non ho potuto fare a meno di scattare la foto in evidenza dell’articolo e accanto a me c’erano delle donne che si interrogavano sul perché di quel gesto trovando le più varie, bizzarre e divertenti spiegazioni, una tra tutte che entrambi gli uomini ai lati del bimbo avessero mal di schiena.

Ecco questo episodio è stato per me motivo di portare alla memoria e ringraziare nella preghiera tutti gli adulti e tutti gli uomini di fede che ho incontrato sul mio cammino sino a qui, e credetemi sono tantissimi, perché da loro ho imparato una cosa fondamentale che spero imparino tutte le generazioni che verranno.

La croce non va evitata ai nostri ragazzi, non va tolta dalle loro mani, non vanno cercate spiegazioni plausibili del perché di quella croce, va solo fatto un semplice gesto: mettersi accanto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.