La fissità dello sguardo su monitor e touchscreen a colori preoccupa per i danni cerebrali e di socializzazione sulle future generazioni.
Giungono notizie sempre più frequenti dall’estero sulla limitazione dell’uso dello smartphone nelle scuole, i ragazzi oramai sono perennemente attratti dagli schermi colorati, con i pollici in azione a velocità vertiginosa per noi adulti.
Il pollice opponibile, milioni di anni fa ci ha permesso l’evoluzione ma oggi i pollici sullo smartphone promettono una minacciosa regressione, il pollice opponibile in homo sapiens consentiva di impugnare pietre e rami, usandoli come strumenti di lavoro e aumentava notevolmente le abilità manuali con la cosiddetta “presa di precisione” .
Una presa che consentiva di cucire , assemblare strumenti di caccia o di lavoro e dare una maggiore sensibilità alla mano collegata a un’area cerebrale di maggior efficienza e dimensione.
I cervelli dell’età della pietra si sono evoluti in un contesto di cooperazione sociale e collegamento con altri umani da un punto di vista emotivo, non importa se con la vista, il suono o l’olfatto ma l’interazione con gli altri è stata sempre fondamentale per il corretto sviluppo cerebrale che raggiunge la maturità in tre o quattro decenni.
Oggi i cervelli dei giovani sono distratti da un continuo collegamento con le reti informatizzate che intralciano la memoria a lungo termine e i processi di apprendimento possibili solo con la mielinizzazione.
Un vecchio adagio dei neurologi sostiene: imparare è mielinizzare, il che significa che il cervello non deve solo creare nuove cellule (neurogenesi) e le connessioni tra di esse ma anche cellule gliali di sostegno che si sviluppano in risposta all’esperienza. Una riflessione attenta ora andrebbe fatta anche per il nostro sistema scolastico, favorendo momenti di apprendimento manuale e socializzazione.
Umberto Palazzo
Editorialista de IlCorriereNazionale.net