L’aumento abnorme dei costi per l’alta velocità costrinse il governo pro tempore nel 2001 , a imporre la gara europea sulle tratte dove non erano iniziati i lavori. I consorzi di costruzione impugnarono il decreto per annullarlo davanti al Tar del Lazio che , rinviò alla Corte di Giustizia UE. Avvocati della Corte conclusero che il diritto comunitario obbligava alle gare i contratti delle tratte , in costruzione affidati a trattativa privata non rispettano il diritto comunitario. I consorzi conosciuto le conclusioni per essi negative ,dichiarano di non essere più interessati alla sentenza e con l’incredibile assenso della Presidenza del Consiglio e di RFI , chiesero alla Corte di cancellare il pronunciamento. I contratti dei consorzi erano salvi e i rapporti contrattuali potevano continuare , e i costi a crescere. L’unico che ci ha rimesso è stato il contribuente italiano. Costi cresciuti per la To/Mi/Na dai 14,1 miliardi di euro del 1991 ai circa 100 miliardi del 2010. Beffa finale il riconoscimento ai consorzi di una indennità , a seguito di un arbitraggio intervenuto per il tempo perduto a causa del procedimento presso il TAR. IL costo medio di kilometro AV , Verona/Padova pari a 98,24 milioni variando dal costo medio comprensivo delle compensazioni ambientali della Verona/Padova ammonta a 98,24 milioni di euro variando, dagli 88,6 milioni a kilometro del 1 lotto ( Verona / Bivio Vicenza) ai 351,6 milioni di euro a Km , per l’attraversamento di Vicenza ai 68,9 milioni di euro per la Vicenza /Padova. ( fonte : Servizio Studi della Camera che riporta le delibere del CIPESS e gli allegati infrastrutture ai DEF dal 2001)
L’aumento abnorme dei costi per l’alta velocità indusse il governo, pro tempore nel 2001, a imporre la gara europea sulle tratte dove non erano iniziati i lavori. I consorzi di costruzione fecero ricorso al Tar del Lazio che rinviò alla Corte di Giustizia UE. Avvocati della Corte conclusero che il diritto comunitario obbligava alle gare i contratti delle tratte in costruzione, se affidati a trattativa privata non rispettano il diritto comunitario. I consorzi conosciute le conclusioni per essi negative, dichiarano di non essere più interessati alla sentenza e con l’incredibile assenso della Presidenza del Consiglio e di RFI, chiesero alla Corte di cancellare il pronunciamento. I contratti dei consorzi erano salvi e i rapporti contrattuali potevano continuare, ed i costi a crescere. L’unico che ci ha rimesso è stato il contribuente italiano. Costi cresciuti per la To/Mi/Na dai 14,1 miliardi di euro del 1991 ai circa 100 miliardi del 2010. Beffa finale il riconoscimento ai consorzi di una indennità, a seguito di un arbitraggio intervenuto per il tempo perduto a causa del procedimento presso il TAR. Il costo medio di kilometro AV, Verona/Padova, pari a 98,24 milioni variando dal costo medio.
Una delle storie peggiori da raccontare nell’ambito del diritto è la sua prevaricazione, svuotamento nei contratti di concessione per i lavori dell’alta velocità. La storicizzazione serve a comprendere l’origine della abnorme lievitazione dei costi. Le Fs, con delibera dell’agosto 1991, affidarono alla TAV costituita da Fs la progettazione esecutiva, la costruzione e lo sfruttamento economico delle opere relative al sistema dell’alta velocità.
Tale delibera demandava ad una convenzione attuativa il compito di definire criteri, termini e modalità dell’affidamento. La concessionaria TAV doveva adempiere ai propri obblighi avvalendosi di general contractors, facenti parte dei principali gruppi industriali italiani, ovvero di imprese garantite integralmente da questi. Venivano quindi scelti (senza gara) i general contractors (Consorzi CEPAV DUE -ENI per l’Alta Velocità, COCIV, IRICAV DUE, IRICAV UNO e CEPAV UNO) ed erano stipulate con ciascuno di essi le singole convenzioni, tutte di pari data e di identico contenuto.
L’Ente Ferrovie dello Stato affidava con Convenzione del 24 settembre 1991. Alla società di ingegneria di Fs, Italferr, veniva affidato il presidio dell’area tecnologica, ingegneristica e sistemica, nonché il controllo della fase esecutiva di realizzazione del progetto. La finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000), all’art 131, disponeva l’applicazione della normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici ai lavori di costruzione delle tratte ad alta velocità, nello specifico per i lavori non ancora iniziati alla data di entrata in vigore della legge, i cui corrispettivi non fossero stati definiti.
Contestualmente veniva disposta la revoca delle concessioni rilasciate dall’Ente Ferrovie dello Stato alla TAV, per la parte concernente i lavori in questione, a eccezione di quelli per i quali fosse stata applicata o fosse applicabile la disciplina generale relativa all’affidamento dei lavori pubblici. Nel complesso la disposizione comportava l’obbligo per TAV di effettuare gare d’appalto europee per la realizzazione o il completamento di lavori individuati dallo stesso articolo 131, facendo venire meno il rapporto tra TAV e i general contractors. Cambia governo e viene approvato il cosiddetto collegato infrastrutture (legge 166 del 2002), che abroga il secondo comma dell’art 131 della legge finanziaria del 2001.
Una abrogazione che colpiva l’obbligo di fare gare europee e quindi ricostituiva le concessioni TAV. La conseguenza ulteriore era che le concessioni rilasciate nel lontano 1991 alla TAV e i sottostanti rapporti di general contracting instaurati dalla medesima potevano proseguire. Era troppo per la Commissione europea e per il diritto comunitario! Scatta la messa in mora e la procedura di infrazione dello Stato italiano da parte della Commissione UE a causa dell’obbligo contenuto nella Convenzione sottoscritta da Fs e Tav, di affidare a “general concractors “facenti parte della cerchia dei principali gruppi industriali italiani ovvero di imprese garantite integralmente da questi”.
Palese violazione quindi del divieto di discriminazione, in base alla nazionalità nell’area della libera prestazione dei servizi (art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea – TCE, oggi art. 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – TFUE). I consorzi IRICAV DUE, CEPAV DUE e COCIV fanno ricorso per l’annullamento di tali provvedimenti al TAR Lazio, sez. I, contestando la violazione del diritto comunitario e l’illegittimità costituzionale della legge n. 40 del 2007. Le parti convenute erano la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dei trasporti RFI S.p.A. e TAV S.p.A.
IL TAR Lazio con ordinanza del maggio 2007, rinvia tutto alla Corte di giustizia dell’Unione europea che da via alla causa davanti alla Corte di giustizia C-351/07.
Nel corso del procedimento davanti alla Corte, l’Avvocato generale presenta le sue conclusioni scritte l’11 settembre 2008.
In proposito bisogna sapere che la Corte di giustizia è assistita da otto avvocati generali, scelti tra personalità che offrano garanzie di indipendenza e riuniscano le condizioni richieste nei rispettivi Paesi per le più alte funzioni giurisdizionali, ovvero giureconsulti di notoria competenza. Il ruolo degli Avvocati generali è quello di presentare pubblicamente conclusioni scritte e motivate nelle cause che “conformemente allo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea richiedono il suo intervento”.
Tale soggetto riveste la funzione di amicus curiae e di difensore, non di una parte, bensì del diritto! Nella sua relazione l’Avvocato Generale non solo si pronuncia sull’oggetto del ricorso dei consorzi, ma afferma di voler includere nella sua analisi anche le concessioni del 1991, ritenendo che “la prospettiva, così come illustrata dal giudice del rinvio ed anche accolta dai consorzi coinvolti nel procedimento principale e persino dalla Commissione, sfiora solo la superficie della controversia che caratterizza siffatto procedimento, in quanto non tiene conto della situazione di partenza della cui cessazione attualmente si dibatte”.
L’analisi dell’Avvocato generale quindi comprende le concessioni, l’atto iniziale. L’Avvocato generale scrive che “l’interesse della Comunità ad una situazione di mercato libera da discriminazioni deve essere preso pienamente in considerazione nella valutazione degli interessi contrapposti”, e che “il beneficiario può opporsi ad una correzione che gli sottrae un vantaggio di cui ha goduto fino a questo momento solo a condizione che sia in buona fede circa la regolarità della misura”.
Dal testo della disposizione di cui alla concessione iniziale “emerge chiaramente anche la sussistenza, nella specie, di un intento protezionistico” e che “dalla giurisprudenza formatasi fino ad oggi risulta che il beneficiario può opporsi ad una correzione che gli sottrae un vantaggio di cui ha goduto fino a questo momento, solo a condizione che sia stato in buona fede circa la regolarità della misura”, l’Avvocato generale esprime le proprie perplessità circa la sussistenza di tale buona fede con riferimento agli argomenti relativi al legittimo affidamento.
L’Avvocato generale conclude affermando che “La prima parte della questione pregiudiziale deve pertanto essere risolta nel senso che gli artt. 43, 49 e 56 CE non ostano, in linea di principio, ad una disciplina nazionale come quella in oggetto, laddove con essa vengano revocate, estendendone gli effetti ai contratti stipulati con i general contractors, le concessioni per la realizzazione di tratte ferroviarie ad alta velocità”.
Al contrario, siffatte disposizioni del Trattato, in combinato disposto con l’art. 10 CE, impongono l’immediata cessazione e correzione dell’attribuzione di un appalto, laddove essa violi tali disposizioni”. Chiaro? Le concessioni quindi per la Genova/Milano, Milano/Verona e Verona /Padova violano le disposizioni comunitarie. Succede l’inimmaginabile dal punto di vista del contribuente! Senza attendere la sentenza della Corte di giustizia Iricav, Cociv e Cepav, che avevano proposto i tre ricorsi riuniti, presentano istanza dichiarando “il loro intendimento di non annettere interesse alcuno all’ulteriore prosecuzione delle controversie”. Le parti convenute (Presidenza del Consiglio, Ministero dei trasporti, RFI e TAV) si dichiarano d’accordo nella rinuncia. Contratti senza gara e costosissimi si salvano e a perdere è il cittadino contribuente e il diritto.
Non è finita: il TAR nel 2009 preso atto della rinuncia delle parti al giudizio, lo ha comunicato alla Corte di giustizia che ha dovuto cancellare la causa dal ruolo. La illegalità dei contratti non diventa oggetto di sentenza della Corte europea.
IL TAR decide per un arbitrato e Iricav viene indennizzata dal rischio di perdere la concessione con 11,2 milioni di euro, dopo due anni firma l’Accordo per la progettazione definitiva Verona/Padova. Cepav II indennizzo 44,2 milioni di euro, e altri svariati milioni a Cociv. Stime indipendenti 15 anni fa valutarono un costo dell’AV (tratte, nodi, materiale rotabile, infrastrutture aeree, interessi intercalari, compensazioni, opere indotte) pari 97 miliardi di euro.
All’atto della firma dei contratti nel 1991 per la To/Mi/Na erano (convertiti in euro) 14,1 i miliardi di euro. La Verona/Venezia 896 milioni di euro alla firma del 1991 e 5900 milioni nel 2010. Il costo della Verona/Padova oggi è 7.515,8 milioni di euro. L’incremento abnorme dei costi dipende anche e soprattutto dagli affidamenti assegnati a trattativa privata e, gli episodi descritti con l’impedimento alla Corte di Giustizia UE di pronunciarsi, mostrano sempre senza ombra di dubbio il livello degli interessi coinvolti e la trasversalità degli stessi.