di Romina G. Bottino
Vice diretore di Stampa Parlamento
Il vecchio leader della sinistra, Romano Prodi, qualche giorno fa, non gradendo la domanda della giornalista di Rete Quattro, Lavinia Orefici, sul tanto discusso e anacronistico Manifesto di Ventotene, si è permesso di tirare i capelli alla giornalista.
Nonostante dal video diffuso in rete si può evincere una tiratina di capelli priva di forza, il gesto resta molto grave per più motivi: in primis perché ha mortificato una giovane giornalista mentre svolgeva il suo lavoro e per dirla tutta, mai si sarebbe permesso qualora si fosse trattato di un uomo, poi grave perché ha violato la dignità della donna, ledendo, fra l’altro, la libertà d’informazione.
Prodi, nonostante sia un datato politico, disconosce ancora che la corretta informazione contempla anche le domande scomode e che proprio in queste circostanze si manifesta la vera libertà di informazione e la competenza del politico intervistato.
Il gesto dell’ottantacinquenne leader della sinistra italiana si dichiara di per sé grave perché vuole essere l’espressione di un certo vecchio potere politico arrogante, prevaricatore e violento.
Romano Prodi non è scusabile neppure per possibili problemi di demenza senile, perché è particolarmente attivo, presente ed acuto nei suoi interventi a favore della propria compagine e per se stesso, dimostrando sempre di pesare e sapere quel che fa e che dice.
Manzoni ci avrebbe ricordato che nella senilità si manifesta la saggezza e là dove non si manifesta sarebbe segno di una vita mal vissuta. Ma in questa vicenda quello che sconcerta ancora di più sono le esternazioni di molti giornalisti e in particolare giornaliste, che invece di esprimere solidarietà alla collega si sono abbandonati ai più assurdi e vigliacchi attacchi nei confronti di Lavinia Orefici, colorandola addirittura come una sorta di spregevole provocatrice di destra che si è meritata quel gesto. Ma se il fatto non fosse importante perché tanto rumore per nulla da parte di questi giornalisti del sistema?
Questa violenza verbale inopportuna e gratuita dimostra che non sono giornalisti oggettivi ed imparziali, ma seminatori d’odio e di un’informazione che seminando odio diventa sempre più pericolosa socialmente; non dimentichiamoci che furono questi atteggiamenti a provocare l’assassinio di giovanissimi liceali, innocenti, negli anni di piombo. La vita umana ed il rispetto dell’altro viene prima di qualsiasi ideologia o schieramento politico.
C’è da chiedersi, a questo punto, quale rivolta popolare avrebbe smosso la sinistra se un’azione del genere l’avesse compiuta un leader di destra.
Trattandosi di Prodi nessuna femminista è insorta indignata a sostenere la giornalista, né a esprimere sdegno per il gesto poco galante del vecchio “Patriarca” del PD, in effetti tirare i capelli alla giornalista è stato proprio il gesto spontaneo e punitivo di un vero patriarca d’altri tempi, ma i giornalisti di sinistra non se ne sono accorti, nonostante, dopo aver “riconiato” il termine, vadano sempre a caccia di patriarchi!
La cosa strana è che Prodi, nella risposta data alla giornalista di Rete Quattro, riguardo al Manifesto di Ventotene ha detto la stessa cosa della Meloni, anche se con parole diverse, ma con l’esatta precisazione che si tratta di un testo nato in un certo contesto storico e che a quel contesto va ricondotto per essere compreso.
Comunque, al di là dei fatti, dando per buono anche il dire di Rosy Bindi su questo “gesto paternalistico”, in ultimo resta l’incontestabilità di una affermazione, non certo antimaschilista, che offre una concreta insicurezza a tutte quelle femministe pensanti, forti di una propria reale identità e non partiticamente inquadrate: “altro che capelli, doveva darle un calcio”, firmato Angelo Dieni, consigliere del Partito Democratico presso il Comune di Valsamoggia, esponente di una sinistra che spesso predica bene e razzola male ed in casi come questo, sicuramente non è avvezza all’esercizio democratico, alla tolleranza ed al rispetto delle donne di diversa ideologia.