© foto di SSC Bari
Quella contro la Carrarese è una sconfitta pesante, che lascia il segno e che conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, i limiti strutturali di questo Bari. Ancora una volta si è visto chiaramente: quando si sceglie di schierare i trequartisti, la squadra si ritrova a giocare in inferiorità numerica. È evidente che questo modulo non è sostenibile per gli uomini di Longo, e continuare a insistere in questa direzione significa solo complicarsi ulteriormente la vita. È una formula che non funziona, e perseverare nell’errore, come scriveva Seneca, “non è segno di costanza, ma di ostinazione”.
Non servono più scuse. Le scelte estive ed invernali – in particolare quelle di puntare su Falletti e Pereiro – si sono rivelate sbagliate. Ammetterlo richiederebbe solo un pizzico di onestà e umiltà. Non basta qualche lampo, come quelli visti da Pereiro nel primo tempo: sono state giocate estemporanee, durate pochi secondi, e poi il nulla. Peraltro, il gol del vantaggio toscano nasce da una palla persa proprio da lui.
Il 3-5-2, con tutti i suoi limiti, resta l’unica strada percorribile. Perché i trequartisti, così come stanno rendendo, non danno né imprevedibilità né incisività. Falletti continua a girare a vuoto, regalando palloni e metri agli avversari, mentre il contributo dei subentrati è stato praticamente inesistente. Su Lasagna è inutile infierire, parlano fin troppo bene le sue prestazioni. Al contrario, i cambi della Carrarese hanno dato ritmo, gamba e freschezza, cambiando letteralmente volto alla gara. I biancorossi, invece, nel secondo tempo sono scomparsi dal campo, piatti, senza idee, senza gamba. Che sia un problema fisico? Forse sì. Ma anche mentale, tattico, caratteriale.
E pur essendo ancora in zona playoff, va detto che il livello medio di questa classifica è ben più basso rispetto alle stagioni passate: l’ottavo o nono posto attuale non è affatto indicativo di un rendimento positivo. Basti pensare che oggi il difensore Simic è stato l’attaccante più pericoloso del Bari, ed è tutto dire.
Anche alcune certezze, come Dorval, Benali e Maita, sono apparse spente, impalpabili. I giocatori della Carrarese hanno corso molto di più, con Cherubini e Milanese, peraltro da subentrati, a fare da simbolo di una squadra viva, reattiva, concreta. Il Bari, al contrario, sembrava inchiodato al terreno o, tanto per rimanere in zona, un blocco di marmo incastonato nelle Alpi Apuane, un blocco, però, di scarso valore e non certo di marmo prestigioso, una squadra senza reazione né orgoglio. “È la vita che ci appare finta, o siamo noi che recitiamo la parte sbagliata?”, si chiedeva Luigi Pirandello. Una domanda che oggi calza perfettamente anche al Bari.
Non c’è più tempo per illusioni o esperimenti. L’obiettivo adesso deve essere uno solo: mettere in sicurezza la salvezza. Per pensare ai playoff serve ben altro. Prima di tutto, una squadra. Speriamo che il tecnico ne prenda atto così da non incorrere in ulteriori brutte figure. D’accordo, la squadra è quella che è ma non è il caso di metterci pure del proprio.
All’orizzonte ci sono il Catanzaro in casa sua e il Palermo che col Bari si esalta sempre, e se arriva dopo un periodo di crisi, il Bari gliela risolve puntualmente. C’è da stare poco allegri.
Massimo Longo