La celebre commedia di Aristofane svela con feroce ironia i meccanismi della propaganda e del potere di ieri e di oggi

La storia è fatta di corsi e ricorsi, ma alcuni schemi sembrano immutabili: il potere della retorica, la manipolazione delle masse, la fragilità della democrazia. Su questi temi Aristofane costruì I Cavalieri, una delle satire politiche più feroci dell’antichità, che torna in scena, dal 28 marzo al 6 aprile, al Teatro Arcobaleno di Roma, nell’adattamento e con la regia di Cinzia Maccagnano

Il cast, composto dalla stessa Maccagnano, Luna Marongiu, Raffaele Gangale, Cristina Putignano, Marta Cirello, Andrea Maiorca e Maria Chiara Pellitteri, insieme alle maschere e ai burattini di Luna Marongiu, alle musiche originali di Lucrezio De Seta, ai costumi di Monica Mancini e alle scene di Linda Passi danno vita a un ritratto spietatamente lucido della società contemporanea.

Scritta nel 424 a.C., nel pieno della guerra del Peloponneso, la commedia di Aristofane denuncia con impietosa ironia la degenerazione della democrazia ad Atene, preda delle manovre di abili demagoghi capaci di manipolare il popolo con lusinghe, paure e vuote promesse.

Al centro della trama, Demos, il popolo ateniese, è descritto come un vecchio credulone conteso tra il suo attuale padrone, Paflagone (trasparente caricatura del potente Cleone) e un volgare venditore di salsicce che, alla fine, lo spodesta sfruttando le stesse armi della retorica populista.

L’allestimento di Cinzia Maccagnano spinge su un registro surreale (ph U.S. Maurizio Quattrini)

Quasi 2500 anni dopo, i Cavalieri ci parlano ancora con un’attualità disarmante. La Bottega del Pane, dopo i successi de Le rane e Gli uccelli, sceglie di riportare in scena questa commedia proprio perché, malgrado il tempo trascorso, i meccanismi della propaganda e della demagogia restano invariati.

Gli uomini che si proclamano difensori del popolo spesso ne tradiscono gli interessi, e i cittadini, oggi come allora, oscillano tra la sfiducia verso chi governa e l’illusione di una salvezza affidata al prossimo leader carismatico.

L’allestimento firmato da Cinzia Maccagnano spinge su un registro surreale e su una comicità dissacrante. Il ritmo serrato dei dialoghi, l’uso sapiente delle maschere e la presenza scenica di un coro di cavalieri-burattini, mossi da un ingegnoso meccanismo teatrale, amplificano la rappresentazione di un’umanità sospesa su fili sottili, vittima e complice delle proprie illusioni.

In un contesto sociale in cui il populismo dilaga, la politica si piega a slogan vuoti e il dibattito pubblico si frammenta tra polarizzazioni e semplificazioni, I Cavalieri offrono un’occasione preziosa per riflettere, attraverso il riso, su quanto sia fragile la democrazia e sull’urgenza di riconoscere e smascherare i moderni “salsicciai” della politica.