Conversazioni equestri con Mauro Atzeri: Culture a confronto-parte 1°

Domanda: quale è stata la cosa che l’ha colpita maggiormente all’inizio della sua esperienza negli
Stati Uniti? Risponde:
“Adesso tutti saltano nel vagone del benessere del cavallo, come se si fosse scoperta l’acqua
calda. Durante la mia esperienza negli Stati Uniti, che ha avuto inizio circa 30 anni fa, sono stato
colpito sin da subito dal modo in cui gestivano i cavalli, in particolare l’attenzione rivolta alla vita
del cavallo, al tempo che gli dedicavano ma soprattutto alla Libertà che veniva loro garantita. E
questo valeva per tutti i cavalli anche per quelli impegnati in attività agonistica di altissimo livello,
compresi i soggetti che facevano le Olimpiadi. Infatti essi trascorrevano un elevato numero di ore
fuori, nei paddocks, molto spesso anche la notte. E parlo di 30 anni fa in netta antitesi con quello
che avveniva per esempio in Italia. Nella nostra gestione allora i cavalli venivano usati per fare
sport e poi gli veniva concesso davvero poco tempo per la vita all’aperto. Per esempio già allora si
preoccupavano comunque di garantire molta Libertà, molta attenzione alla loro vita e soprattutto
molto tempo fuori dal box, anche laddove non fossero disponibili spazi aperti, per esempio in
occasione delle manifestazioni e infatti i cavalli erano continuamente fuori a muoversi a
passeggiare. In sostanza c’era già questo atteggiamento che noi adesso chiamiamo benessere!
Attualmente c’è decisamente una maggiore sensibilità alle sue esigenze, e queste “concessioni”
derivano dalla consapevolezza acquisita che il cavallo necessita di tutte queste attenzioni.
Ricordiamo che il cavallo non ha niente in comune con gli scopi che abbiamo noi e per l’uso che
ne facciamo, motivo ulteriore per il quale dobbiamo realmente assicurargli queste attenzioni.
Questo è stato l’approccio e l’impatto iniziale che ho avuto con gli Stati Uniti. Inoltre l’attenzione
estrema veniva e viene estesa tutt’oggi anche ai dettagli della gestione del cavallo nelle fasi di
esercizio, di lavoro, di fitness . Ti parlo già allora di un mondo di uomini di cavalli che venivano
formati tutti nella stessa maniera erano dei grandi professionisti, De Nemethy formava questi
uomini di cavalli, individuandoli su tutto il territorio, poi prendeva i cavalli da fare e/o i migliori
cavalli e li radunava nello stesso posto, e da lì è uscito un numero di Professionisti, intesi non solo
come atleti ma anche come Uomini Veri di cavalli, che avevano delle gestioni dei cavalli che
riflettevano quello che noi vorremmo relativamente al benessere dei cavalli in particolare per la
correttezza nell’uso sportivo dei cavalli.”
A domanda su : mi ha colpito molto che tu hai ripetuto il verbo “noi usiamo” il cavallo, che
accezione dai a questo termine? Risponde:
“Noi gli mettiamo delle targhe ai cavalli, per esempio “cavallo atleta”, “compagno”, però alla fine
questo atleta, compagno, ha zero decisioni in quello che facciamo noi, secondo me ha davvero
poco interesse a quello che facciamo noi, nonostante diciamo il cavallo ama saltare….no non è
così, preferirebbe stare in mezzo ad un prato, e da lì entriamo in un discorso da cui non se ne
esce. Per cui dobbiamo accettare il fatto che li usiamo ma gli dobbiamo dare in cambio una vita
che sia accettabile, una vita che sia molto simile a quella che sarebbe la loro vita sia sociale che di
esigenze di Libertà, ma soprattutto di trattamento etico, che è molto importante. Quindi il verbo
“usare” è appropriato perché la vedo difficile che il cavallo voglia fare certe cose, per cui gli
imponiamo veramente tutto, soprattutto ora che in Italia è stato dichiarato atleta come noi ,
quell’atleta davvero non ha decisioni, quell’atleta è chiuso in una scatola. Aiutiamolo! Per cui
diviene un imperativo essere educati verso il cavallo, in tutti i sensi. Ormai ci sono studi scientifici
che riguardano le esigenze della vita di un cavallo, di come deve essere trattato, come deve
vivere, su come deve essere lavorato, in che maniera, che cosa è corretto e cosa non lo
è….entriamo in discorsi che richiedono seri approfondimenti, per cui prima di tutto trovo sia
necessario insegnare cosa è corretto e cosa non è corretto fare con i cavalli. E questo chi ce lo
insegna? “

A domanda: perché negli Stati Uniti questa mentalità era già diffusa tanti anni fa?
RIPRENDEREMO LA CONVERSAZIONE NEL PROSSIMO ARTICOLO.
Ringrazio con tutto il cuore Mauro Atzeri, grande Uomo di cavalli che stimo moltissimo e con cui
approfondiremo via via alcuni aspetti per stimolare costruttive riflessioni e un utile confronto.
Clara Campese

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