Considerazioni tra il passato ed il futuro,
Quale strada vogliamo intraprendere partendo dalla base

Lo scorso fine settimana ha avuto luogo a Montefalco il primo Test Event Giovanile dell’anno. Oggi leggo su
un social un commento di Duccio Bartalucci nel quale esprime le sue considerazioni sull’attuale stato del
settore giovanile nazionale.
Mi è stato, più volte e da più parti, chiesto un commento su questo argomento centrale pur essendo io
assente da un paio di anni dalla scena equestre italiana. Bene, non mi addentrerò nella situazione dell’alto
livello giovanile visto che Duccio Bartalucci, che era sul campo e ha già dato la sua competente visione, ha
posto degli interrogativi sull’attuale sistema di crescita dei cavalieri di quella fascia, ma vorrei invece
toccare l’argomento su come si forma tecnicamente quella fascia di giovani che finisce poi col diventare di
alto livello. Sono ben convinto che non si diventa bravi per caso o semplicemente comprando cavalli di
grandi qualità, ma seguendo piuttosto un percorso di crescita ben preciso, dalla messa in sella all’inizio
dell’attività agonistica ed al proseguo graduale della stessa.
Legandomi alle riflessioni di Duccio Bartalucci, mi astengo dal trattare l’aspetto della fase iniziale della
messa in sella perché non è nel focus dell’argomento e avrebbe bisogno di essere sviluppato in profondità,
ma vorrei analizzare proprio il perché i giovani agonisti faticano tanto a passare da una attività agonistica di
base ad una di alto profilo. Bene, una cosa è certa, non è solo questione di cavalli!
Duccio Bartalucci commenta che “dopo anni di grandi risultati, oggi si fatica ad essere competitivi in
ambito europeo”! Allora mi viene da pensare che all’epoca il programma di crescita tecnica della base
fosse quella giusta! Come agire su questo livello per dare loro la possibilità di diventare i campioni di
domani?
Situazione
Per quanto riguarda l’attività agonistica dei cavalieri con una età variabile dai 12 ai 18 anni il livello è quello
visto sui campi di gara nei concorsi nazionali.
Purtroppo il livello qualitativo dei partecipanti alle categorie inferiori risulta essere spesso insufficiente per
quanto riguarda:
– la solidità in sella e conseguentemente è deficitario nella posizione,
– la scarsa coordinazione dell’uso degli aiuti che determina la scarsa qualità delle transizioni della gestione
dell’impulso e della direzione,
– il profilo emotivo visto che spesso proprio i giovani mancano di sicurezza in quanto iscritti a categorie
tecnicamente superiori alla reale preparazione del momento.
L’equitazione messa in pratica dalla base giovanile, rende oggi evidente la disomogeneità della
preparazione e dell’insegnamento da parte degli istruttori. Questa presa di coscienza ci comprova
l’esistenza del complesso problema di quanto sia difficile cambiare il corso degli eventi basandosi su un
intervento diretto sugli istruttori già operanti.
Cosa fare allora?
PROGETTO
Ritengo che sia utile e proficuo tornare alla programmazione di un circuito dedicato esclusivamente ai
giovani e che si basi principalmente sullo stile (stile/gara 70% – 30%) in modo tale da far svolgere ai ragazzi
delle prove basate su percorsi e compiti predefiniti. Si potrà quindi lavorare sulla posizione, la scuola degli
aiuti, la direzione, la serenità, la fluidità, ecc.. Si tratterebbe quindi di istituire un controllo di qualità al
“palo” in grado cioè di indicare la retta via attraverso la valutazione dei risultati finali circa quei
fondamentali tecnici senza i quali è purtroppo precluso ogni tipo di futuro di equitazione di alto livello
anche agli allievi talentuosi.

Attualmente la Federazione utilizza a questo scopo il Progetto Sport ma non si può definire un progetto
dedicato ai giovani in virtù del fatto che la partecipazione è permessa anche agli adulti e conseguentemente
è ideato su compromessi tecnici generali.
A mio avviso le prove non devono essere “comode”, e le difficoltà devono essere inserite con progressione
nei vari livelli. A proposito dei livelli, alla luce del numero di partenti, il livello 5 risulta oggi poco appetibile
per via del fatto che gli allievi che saltano quelle categorie sono già proiettati verso una diversa
pianificazione agonistica rendendo inutile la presenza di quel livello nel Progetto. C’è da dire comunque che
se l’iter è stato valido ed efficace fino alle cat. 120, i ragazzi possono essere comunque pronti a “spiccare il
volo”. Ritengo che ancora oggi sia auspicabile avere una serie di grafici predefiniti che possano assicurare
una omogeneità della costruzione dei percorsi su tutto il territorio nazionale, garantire le altezze e
larghezze dei salti e l’impiego sin dal livello base di muro, fosso, tavole, cancellini, triplice. Si devono
prescrivere compiti specifici che regolano tutta la prova, con particolare riferimento all’esecuzione di
transizioni, circoli, cambi di galoppo e quanto di utile poiché necessari per cercare di far migliorare, con il
lavoro preparatorio svolto a casa, la scuola degli aiuti, ambito questo nel quale gli allievi si dimostrano
oggi, generalmente, fortemente deficitari. Dovrebbe essere proibito agli istruttori, nel modo più assoluto,
di “pilotare” gli allievi da bordo campo in quanto la prova deve essere un momento di verifica del lavoro
svolto dal concorrente. Per le categorie più basse potrebbe essere utile definire un certo numero di
partecipazioni con una percentuale di voti congrua per abilitarli al livello successivo. I Giudici di Stile
dovrebbero essere nominati da FISE centrale o quanto meno dal Comitato Regionale per evitare possibili
interferenze da parte dei C.O.
Un Progetto nel rispetto di quanto sopra indicato permetterebbe quindi di agire indirettamente anche
sugli istruttori, che, avendo i loro allievi partecipanti al Progetto, si dovranno per necessità allineare ad un
sistema di insegnamento che rientri nell’alveo di quell’equitazione di qualità tracciata dal Progetto. Gli
istruttori verrebbero quindi valutati sulla base del prodotto finale del loro lavoro.
Bene, fare accettare tutto ciò all’ambiente equestre nel quale gli interessi dell’equitazione “comoda” sono
preponderanti, non è semplice, ma alla fine la massa degli istruttori e degli allievi potrebbero riuscire a
godere dei benefici e riconoscere l’utilità dell’equitazione sicuramente più “scomoda”, ma altrettanto
sicuramente con una più alta valenza formativa!
Certo è che per perseguire delle finalità formative/sportive/agonistiche bisogna passare necessariamente
attraverso lo “scomodo”, intendendo per scomodo: chiarezza di intenti, rigore e lavoro sui fondamentali,
applicazione coerente e costante delle linee guida tecniche impartite dal progetto sportivo, perché solo
questa è la strada che porta al risultato!
Un discorso a parte meriterebbe l’impiego di protezioni ed imboccature. L’uso di protezioni che alterano il
risultato concorrono a formare una mentalità diseducativa che fa pensare che con il trucco si possa
ottenere un risultato migliore e per quanto riguarda le imboccature, le limitazioni hanno il senso di evitare
che prenda sopravvento il luogo comune che i problemi di lavoro si risolvono con “l’imboccatura giusta” e
non con il lavoro stesso. Bisogna essere consapevoli che la scelta “comoda” è solo una scorciatoia e nello
sport è noto che le scorciatoie sono di fatto un’occasione di arretramento!
Sarebbe opportuno poi, che fossero nominati due/tre talent scout sul territorio nazionale per individuare i
cavalieri più talentuosi per inserirli in un programma ad hoc che sia utile al loro passaggio nel livello
superiore, rendendo di fatto più stimolante la partecipazione al Progetto.
Negli anni passati la governance federale ha promosso il cambiamento di indirizzo del progetto di crescita
tecnica del settore giovanile (da Progetto Giovani a Progetto Sport) giustificandolo con la difficoltà dei
comitati organizzatori delle Tappe del Progetto Giovani nel sostenere un concorso con numero di partenti
costantemente sotto i 180 cavalli. E’ vero che il numero dei partecipanti non può essere in linea con le
aspettative dei C.O., ma un Progetto che mira all’eccellenza non può non avere un aspetto numerico
“piramidale”. Comunque, per andare incontro alle richieste dei C.O., la soluzione è quella di affiancare al
nuovo Progetto un Trofeo federale/regionale o una manifestazione nazionale che possa rispondere sia alle
esigenze numeriche dei C.O. che all’ottimizzazione delle trasferte per gli istruttori. Ma come è ovvio
l’inserimento di tali ulteriori categorie non deve inficiare l’efficacia del Progetto che comunque

necessiterebbe del rispetto delle procedure dovute e dei relativi tempi. La fretta mal si abbina alla cura
della qualità.
Per cercare di dare una visione esaustiva al complesso puzzle che dovrebbe portare al giusto insieme che
determina la formazione di un giovane cavaliere, sarebbe diminutivo non parlare della componente
concorso completo. Capisco che qui tocchiamo un argomento “scomodo” ma una serie di partecipazioni a
categorie di completo per ottenere il passaggio tra patenti, sarebbe praticamente d’obbligo!
Qui lo “scomodo” impererebbe, l’istruttore dovrebbe programmare un lavoro in piano individuale invece
dell’”ammucchiata”, sedute di preparazione atletica del cavallo con la pianificazione dei galoppi, preparare
lezioni sui salti di campagna e poi… insegnare a fare le trecce ai cavalli, a presentare il cavallo a mano e
quant’altro! Tutto questo “scomodo” ha però una altissima valenza per la formazione di un cavaliere e direi
anche del cavallo.
Chiaramente la scusa più ricorrente è quella che non ci sono sufficienti palestre dove fare Completo perché
non sono tanti i Circoli Ippici che hanno strutture idonee/spazi idonei per la disciplina, ma è il sistema
recente ed attuale che ha portato i tanti Circoli Ippici a non investire nelle loro strutture per realizzare dei
piccoli o grandi percorsi di esercizio per la disciplina. Creare un percorso di crescita giovanile che passi
attraverso una esperienza nel concorso completo, giustificherebbe ampiamente gli investimenti.
CONCLUSIONE
Nessuno è un mago e nessuno ha quindi la ricetta sicuramente efficace per risolvere i complessi problemi
del nostro sport nel nostro Paese, ma trovo che abituare i giovani, sin dall’inizio, a comprendere che la
strada per arrivare al successo passa attraverso il sacrificio, l’autodisciplina, la dedizione, il lavoro, il
rispetto, le difficoltà e anche gli insuccessi, capire che bisogna essere umili, che sia necessario sperimentare
continuamente mettendosi sempre alla prova, che sia necessario non accontentarsi di ciò che si è fatto, sia
l’unica strada perseguibile, perché è solo lo “scomodo”, perchè sofferto, che dona i benefici che portano al
successo. Di contro la cultura della “scorciatoia” potrà risolvere piccole difficoltà contingenti relegando i
giovani cavalieri in un ambito concettuale fatto di espedienti e soluzioni temporanee prive di reale
sostanza.

Salvatore Oppes

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