Puledro e Uomo: la delicata fase iniziale

Il cavallo, come tutti i mammiferi, ha un periodo abbastanza lungo di maturazione prima di diventare un compagno
nella attività sportiva ed un amico insostituibile.

I vari steps partono dalla nascita momento importantissimo in cui sarà la fattrice a dare il primo imprinting al
puledro, per questo motivo l’allevatore serio e competente, sarà molto attento nella scelta della fattrice cercando di
mettere in razza cavalle, che oltre ad avere buoni risultati sportivi e genealogia, siano equilibrate nel carattere quindi
capaci di trasmettere al puledro, oltre all’attitudine sportiva anche un temperamento equilibrato e disponibile a
collaborare con l’uomo.
Già nei primi sei mesi, periodo in cui il puledro rimarrà con la mamma, l’allevatore dovrà iniziare ad interagire con
lui cercando un contatto fisico, senza però costringerlo, ma sfruttando la naturale curiosità del puledro, lasciando che
sia lui ad avvicinarsi, stabilendo via via un rapporto di fiducia e di gioco. E’ importante rispettare i suoi tempi di
“riflessione” e di maturazione che varieranno ovviamente da soggetto a soggetto.

Dopo gli approcci relazionali iniziali, il primo passo addestrativo sarà mettere al puledro la capezza, anche questo
approccio come per tutte le fasi di questo importante quanto delicato lavoro, richiede conoscenza, sensibilità e
rispetto, mai e poi mai deve essere traumatico. Ovviamente sarà necessario aver stabilito già precedentemente una
relazione reciproca basata su una specifica comunicazione, attraverso quel “dialogo” che sia rispettoso della sua
natura dei suoi tempi. Mai di fretta! La persona addestratore avrà in sé oltre al bagaglio di competenza anche alcune
caratteristiche personali quali, per citarne qualcuna, calma e serenità.
E’ fondamentale quindi è che il puledro abbia acquisito confidenza con il” contatto” il quale dovrà essere già ben
consolidato.
Successivamente attaccare una lunghina alla capezza e fare sì che divenga semplice seguire la persona, richiede
sempre calma, chiarezza di azioni e soprattutto esperienza. Questa è una delle fasi più delicate perché non è più
soltanto un gioco, dove è il puledro che decide di avvicinarsi e lasciarsi toccare, ma adesso deve compiere un atto di
fiducia e collaborazione con l’uomo.
Per il puledro questa esperienza di “contatto” risulta essere diversa da tutte le proprie esperienze precedenti.
Grazie alle competenze, alla esperienza e alle capacità specifiche che dovrebbe avere l’addestratore unite all’estrema
inclinazione all’ adattamento e alla spiccata sensibilità del puledro, quest’ultimo capirà e non opporrà resistenza alle
richieste dell’addestratore che non costituirà per lui un pericolo.
E’ opportuno che in questa fase il puledro sia ancora con la mamma, che per lui è un punto di riferimento e di
sicurezza.
Altro momento molto delicato è quello dello svezzamento: il cavallo è un animale da branco per cui ha bisogno di
vivere con i suoi simili, per questo motivo nel momento in cui verrà separato dalla mamma si troverà spaesato e
insicuro, l’unico suo obiettivo sarà “come riunirsi alla mamma” e per questo motivo chiamerà nitrendo a più non
posso e sarà agitato.
Importante per una sua crescita equilibrata sarà metterlo insieme ad altri puledri, meglio se coetanei, con i quali
formerà un piccolo branco dove, dopo un momento di “lotte”, si arriverà alla definizione di una gerarchia che porterà
ordine e serenità.
Passata la fase di vita nel paddock con i suoi simili, si arriverà al momento dell’addestramento vero e proprio.
Questo momento arriverà dai 18 mesi per i cavalli trottatori e per i PSI, e ai 3 anni circa per i saltatori.
Naturalmente, nella fase di vita in paddock , il puledro, a qualsiasi razza appartenga, non sarà abbandonato a sé
stesso, ma l’uomo continuerà ad approcciarsi a lui, approfondendo il rapporto di fiducia e di reciproco rispetto, che
sarà la base per un inizio non traumatico dell’addestramento.
Athos Caselli

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