Il salto ostacoli, la disciplina numericamente e storicamente più rilevante del comparto equestre italiano, ha attraversato varie fasi nel corso dei decenni, passando da un’epoca di massimo splendore ad una crisi identitaria, per poi riconquistare competitività attraverso affermazioni individuali con Emanuele Gaudiano, Giulia Martinengo Marquez, Piergiorgio Bucci, Emanuele Camilli, solo per citarne alcuni. Se un tempo i nostri cavalieri, sia civili che militari, dominavano la scena internazionale, si è successivamente assistito infatti ad una lenta ma costante perdita di risultati nelle massime competizioni di categoria, come  Olimpiadi e Campionati del Mondo.

Un’evoluzione complessa: dal passato al presente In passato, l’Italia del salto ostacoli si è distinta per la sua scuola , il suo metodo ed una tecnica universalmente riconosciuta. Tuttavia, dalla fine degli anni ’80, il Paese ha perso il passo con l’evoluzione del settore, sia sul piano tecnico/organizzativo che economico. In gara, i nuovi  percorsi si caratterizzavano di ostacoli molto più leggeri, disposti in maniera sempre più tecnica, rispetto ai tracciati imponenti e massicci del passato, mentre il calendario agonistico si andava intensificando, imponendo una gestione sempre più scientifica e professionale del cavallo. Parallelamente, il contesto economico mutava: la scarsità di sponsor e un allevamento nazionale poco valorizzato hanno rappresentato limiti interni significativi.

Sul piano internazionale, l’emergere di nuove nazioni pronte a investire ingenti capitali per promuovere l’equitazione di alto livello, ma anche  professionisti supportati da grandi sponsor, hanno reso ancora più difficile per gli atleti italiani l’acquisizione di cavalli competitivi, in assenza , tra l’ altro, di aiuti pubblici o privati, che potessero almeno difendere da importanti offerte straniere, alcuni soggetti cresciuti in Italia e diventati fondamentali per i colori nazionali.

Un tentativo di rilancio si è avuto nei primi anni ’90 con l’ingaggio di Henk Nooren, tecnico di fama mondiale, incaricato di guidare i cavalieri in questa delicata transizione. Sotto la sua guida, l’Italia ha ridefinito il proprio approccio tecnico , con un allenamento più mirato, più omogeneo ed una gestione sempre  più moderna delle scuderie( calendario agonistico, gestione del cavallo ecc.).

Successivamente, altri trainer di prim’ordine come Hans Horn e Markus Fuchs hanno provato a consolidare questi progressi, ma in assenza di un adeguato supporto politico e strategico a lungo termine, i risultati strutturali non sono stati quelli sperati. Il settore, salvo poche eccezioni, si è così ritrovato a poggiare esclusivamente sulle professionalità individuali, con atleti che spesso hanno scelto di trasferirsi all’estero per trovare il contesto adeguato ad esprimere il proprio talento.

Strategie per il futuro Per affrontare le criticità attuali, sarebbe necessario un intervento su due livelli: uno di tipo organizzativo/programmatico per i professionisti, l’altro di tipo regolamentare/formativo per le nuove generazioni. Per i primi, bisognerebbe incentivare la crescita dei giovani cavalli attraverso politiche economiche mirate, strutturare un piano nazionale per l’allevamento e adottare una politica coesiva di squadra più efficace, come recentemente sottolineato anche da Natale Chiaudani. Inoltre, considerate le eccellenze presenti sul territorio, sarebbe auspicabile comporre tavoli tecnici tematici utili a programmare obiettivi quadriennali.

Per quanto riguarda i giovani atleti, il sistema regolamentare e concorsistico attuale appare obsoleto e controproducente. Il possibile avanzamento in categorie più impegnative in tempi brevi ed una impropria distribuzione del montepremi in gare amatoriale ha generato un’inconsapevolezza tecnica diffusa ed una distorta interpretazione dell’ essenza formativa dell’ equitazione e delle sue tempistiche. Oggi il piacere di un percorso di crescita  condiviso con il proprio cavallo che implica sacrifici ed obbiettivi a lungo temine è stato sostituto dal soddisfacimento di un  breve ‘ divertimento ‘ personale , che trasforma i doveri e le  responsabilità in diritti e pretese di un risultato agonistico, in mancanza del quale il mini- cavaliere abbandona la partita.

Ciò che inizialmente sembrava una strategia per incrementare il numero di tesserati si è rivelato un boomerang, come dimostrano i dati in calo riportati da Sport e Salute. Una possibile soluzione potrebbe essere l’incremento del percorso multidisciplinare ( completo e dressage) e di seminari teorici  atti ad infondere maggiore informazione e cultura ; l’introduzione di categorie di stile obbligatorie inoltre fino alle gare con altezza di 115 cm, premierebbe il lavoro quotidiano anziché solo la performance in gara.

Conclusione Come afferma Filippo Moyersoen, "la buona equitazione è cultura, ricerca di leggerezza, ascolto e costanza". Per rilanciare il salto ostacoli italiano, è necessario recuperare questa filosofia e affiancarla ad una gestione programmatica solida, capace di garantire, nel tempo, competitività internazionale. Solo attraverso un modello fondato sulla competenza, sulla programmazione, sulla condivisione di intenti e su una formazione rigorosa sarà possibile risalire la china e tornare protagonisti sulla scena mondiale.

Gianluca Caracciolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.