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I cocci di terracotta non sono rifiuti, ma “sottoprodotti”, ovvero materiali riutilizzabili
per gli scopi più diversi. La Regione Puglia, con il Dipartimento Ambiente, Paesaggio
e Qualità urbana, ha recentemente presentato la prima scheda sottoprodotto relativa
proprio al riuso di tali cocci, applicando per la prima volta la direttiva contenuta nel
D.lgs 205/2010 art. 184 che introduce il concetto di sottoprodotto in alternativa a
quello di rifiuto.
Sostanzialmente tale direttiva stabilisce che gli scarti di un processo produttivo
possano essere gestiti come “sottoprodotti” se rispettano determinate caratteristiche
previste dalla normativa e diventando così materiale adatto ad affrontare un nuovo
ciclo produttivo. Si tratta di un grosso vantaggio per le imprese e di un beneficio non
indifferente per l’ambiente, giacché tali rifiuti sono stati, fino a oggi, destinati alle
discariche.
La scheda è l’approdo di una proposta sviluppata da Confartigianato Puglia con la
collaborazione del team del professor Antonio Licciulli del Dipartimento di
Ingegneria dell’Innovazione di UniSalento nell’ambito del tavolo regionale su
circolarità e ambiente.
Grazie all’adozione della scheda le imprese del settore potranno quindi riqualificare
come sottoprodotti gli scarti di produzione che normalmente venivano gestiti come
rifiuti. I cocci, ovvero i residui delle produzioni ceramiche, saranno così reimpiegati
nella produzione di cocciopesto e “chamotte”.
«Il cocciopesto – commenta il professor Licciulli – può essere valorizzato nella
bioedilizia per la produzione di leganti idraulici, malte di allettamento, intonaci
traspiranti. Già gli antichi romani, nelle regioni adriatiche dove non si disponeva
della pozzolana, usavano produrre malte idrauliche mescolando il cocciopesto con
malta di calce. Le opere architettoniche e idrauliche dei romani sono ancora oggi in
piedi e funzionanti. Lo stesso non si può dire per molti manufatti moderni in cemento
armato. Solo l’ignoranza porta a considerare rifiuto un materiale. Grazie alla ricerca,
alla conoscenza e all’innovazione tecnologica è possibile arrivare ad ambiziosi risultati
ovvero ad annullare o minimizzare la produzione dei rifiuti. L’Università del Salento
è particolarmente sensibile al tema della sostenibilità e alla filosofia del rifiuto zero ed
pronta a sostenere imprese e consorzi a perseguire la conversione da rifiuto a
sottoprodotto».

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