di Yuleisy Cruz Lezcano

L’avanzamento tecnologico, in particolare con l’esplosione dei social media, ha avuto un impatto significativo sulle relazioni interpersonali, rendendo più facile l’accesso ai dati personali e incentivando comportamenti problematici, come il cosiddetto “stalking”. La digitalizzazione delle interazioni ha portato con sé una nuova dimensione della comunicazione, che può influenzare profondamente la psicologia individuale, il comportamento sociale e la salute mentale. Tra i fattori chiave di questo cambiamento, troviamo il sesso mediatico e la rappresentazione del genere, che giocano un ruolo fondamentale nel modulare il nostro cervello, le pulsioni e le emozioni. Il consumo di contenuti sessuali e la rappresentazione dei generi sui social media e nelle altre piattaforme digitali possono alterare la percezione delle relazioni interpersonali. L’incessante bombardamento di immagini e messaggi legati al sesso e alla bellezza fisica può stimolare circuiti cerebrali legati al desiderio e alla ricerca di approvazione sociale. Questo fenomeno influisce sulla nostra idea di intimità, ma anche sulle dinamiche di potere e controllo tra individui.

In particolare, la visione costante di modelli di comportamento sessualmente espliciti o stereotipati può portare a una maggiore attivazione di aree cerebrali implicate nelle emozioni e nell’empatia, come l’amigdala, ma anche nelle funzioni di controllo e decisione, come la corteccia prefrontale. La mancanza di un equilibrio tra questi sistemi cerebrali può stimolare comportamenti di possessività, di manipolazione e di controllo verso l’altro, spingendo a distorsioni nei rapporti interpersonali e alimentando sentimenti di inadeguatezza e insicurezza.

Il costante bisogno di “controllare” e “monitorare” l’altro, una tendenza che può derivare dall’esposizione a contenuti mediatici che enfatizzano il possesso e il controllo, sta alimentando la crescente incidenza di disturbi compulsivi legati alla gelosia patologica e allo stalking. L’influenza dei social media, con la loro facilità di accesso alle informazioni e la possibilità di monitorare le attività altrui in tempo reale, contribuisce a rinforzare questi comportamenti, che talvolta vengono visti come una forma di “amore” o di attaccamento. L’alterazione della funzione cerebrale legata alla gestione delle emozioni e al controllo dei desideri può favorire l’insorgenza di disturbi comportamentali. Le persone che soffrono di compulsioni legate al controllo degli altri mostrano spesso segni di deficit dell’attenzione, di incapacità di gestire impulsi e desideri, e una crescente difficoltà nell’elaborazione di relazioni sociali sane.

Un campo emergente per affrontare questo problema riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale (IA). Grazie al deep learning, è possibile sviluppare modelli di IA in grado di distinguere tra messaggi possessivi, aggressivi e manipolativi. Questi modelli, analizzando grandi volumi di comunicazioni, possono identificare segnali di pericolo in tempo reale, avvisando gli utenti e fornendo risorse per affrontare comportamenti problematici. Ad esempio, un sistema di IA potrebbe monitorare i messaggi inviati attraverso piattaforme social e identificare pattern di comportamento possessivo o aggressivo, per poi suggerire interventi terapeutici o avvisi di supporto psicologico.

Le persone, che soffrono di disturbi comportamentali di possesso, presentano alterazioni specifiche in alcune aree del cervello. In particolare, sono coinvolte reti cerebrali implicate nell’autocontrollo e nella gestione delle emozioni, come la corteccia prefrontale, la quale ha un ruolo centrale nel prendere decisioni e nell’inibire impulsi. Quando questa rete è disfunzionale, può portare a una tendenza eccessiva al controllo degli altri e alla mancanza di empatia nelle interazioni sociali. Altre aree cerebrali, come l’amigdala, sono responsabili della gestione delle emozioni, soprattutto per quanto riguarda la paura e l’ansia, che possono essere esacerbate da esperienze di gelosia o di possesso. Questo squilibrio emotivo si riflette poi nei comportamenti compulsivi e nell’incapacità di stabilire relazioni equilibrate.

L’introspezione e il recupero di comportamenti di autocontrollo sono legati a meccanismi cerebrali, che riguardano il sistema della condizione di default, una rete di aree cerebrali attiva durante i periodi di riposo e di pensiero autoreferenziale. Quando una persona soffre di disturbi compulsivi, questo sistema può essere alterato, favorendo l’introspezione distorta e il recupero di sentimenti di inadeguatezza. Ciò può comportare una difficoltà a “staccarsi” dai pensieri ossessivi e a concentrarsi su un comportamento positivo e autoregolato. Le aree associate alla manipolazione e al controllo del comportamento dell’altro si sovrappongono a quelle legate alla percezione di sé e al confronto sociale. Il rinforzo delle dinamiche di potere e controllo in una relazione, per esempio, può legarsi ad una condizione cerebrale, che non è in grado di processare correttamente il feedback sociale o emotivo, alimentando il ciclo della manipolazione.

Nel mio ultimo libro, «Di un’altra voce sarà la paura», esploro l’oscura realtà dei disturbi compulsivi, delle fragilità psicologiche e delle ossessioni che, se non affrontate adeguatamente, portano a dinamiche di violenza nelle relazioni interpersonali. La crescente evoluzione tecnologica e l’iperconnessione tra individui, sebbene possiedano numerosi vantaggi, hanno altresì accelerato la trasformazione delle dinamiche relazionali, intensificando i disturbi compulsivi e la sofferenza psicologica, che si esprimono attraverso comportamenti violenti e manipolativi.

La continua esposizione a contenuti mediatici che trattano il sesso in modo distorto, unita alla rappresentazione stereotipata dei generi, incide profondamente sul nostro cervello, alterando la percezione di sé e delle relazioni. In questo contesto, il mio obiettivo non è solo quello di analizzare gli effetti di questa realtà tecnologica sul comportamento umano, ma anche di proporre interventi concreti per affrontare queste difficoltà psicologiche, in particolare attraverso l’uso della poesia e di tecnologie innovative.

Nel mio approccio educativo, incoraggio l’uso della poesia come pratica quotidiana. Quando un individuo, ad esempio, si trova intrappolato in un ciclo di pensieri compulsivi, scrivere una poesia può diventare un modo per distogliere l’attenzione dal pensiero ripetitivo e concentrarsi su un flusso creativo, che aiuti a ridefinire la propria realtà. La poesia offre, infatti, uno spazio sicuro per elaborare sentimenti di fragilità, ansia e paura, che sono spesso alla base di comportamenti distruttivi, come la gelosia patologica o la possessività.

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