La qualifica è l’inizio non è il fine

PARTE 1
Nel mondo dello sport, ottenere una qualifica è spesso considerato un passo fondamentale per
diventare istruttore, tecnico, allenatore… etc. Ma una qualifica, per quanto importante, è davvero
sufficiente a garantire la competenza necessaria per formare, motivare e gestire atleti e situazioni
complesse?
Trovo emblematica una frase riportata nel libro del Siràcide: “Il frutto dimostra come è stato
coltivato l’albero”. Essa sottolinea come il risultato (frutto) dipenda direttamente dalla qualità del
processo che lo ha generato. Questa affermazione ci invita a considerare che non basta un
semplice certificato per valutare la competenza di un Istruttore. La vera qualità si manifesta nei
risultati conclamati (e non in quelli “rapidi e spesso passeggeri”) che sono il frutto di una seria
programmazione, di un oculato lavoro, di una competenza seria e di un processo che include non
solo l’acquisizione di nozioni teoriche, ma anche l’esperienza sul campo, l’adattamento alle
difficoltà e l’approfondimento continuo. Per contro c’è da dire che sulle spalle degli istruttori grava il
peso dei genitori e degli allievi desiderosi oramai troppo spesso di ottenere risultati immediati. Un
istruttore invece sa molto bene che un vero progresso richiede tempo, dedizione e una visione a
lungo termine. Questo può significare prendersi il tempo necessario per sviluppare solide basi,
affinché i risultati siano significativi e duraturi.
Per questa ragione, non basta un semplice corso di formazione per definire la competenza di un
istruttore. L’esperienza pratica ed un percorso professionale che vada oltre la qualifica iniziale
sono elementi imprescindibili per costruire una carriera di successo nel mondo sportivo. Nelle
interviste che seguono cercheremo di comprendere meglio questo concetto per il tramite delle
parole di autorevolissimi istruttori e uomini di cavalli per i quali l’esperienza pratica, la capacità di
gestione, e la continua evoluzione professionale oltre ad altri requisiti, sono determinanti nella
formazione di una figura veramente competente. In sostanza si può affermare che i corsi offrono
una base, ma la vera crescita professionale avviene solo se, a monte, si coltiva prima di tutto
l’obiettivo di migliorare se stessi, e ciò è tanto più vero quanto più si fa ricorso all’autoriflessione e
alla volontà di mettersi in discussione. Una qualifica è solo un punto di partenza e, affinché un
istruttore possa essere veramente competente e professionale, deve continuare a voler imparare
ed investire nella propria crescita, con umiltà.
Su questa importante tematica si riportano i virgolettati di alcune autentiche Eccellenze Italiane,
con la finalità di stimolare qualche utile riflessione. Mi scuserete se non si vedranno i nominativi
degli intervistati ma per un “motivo particolare” preferisco mantenere la riservatezza.
“L’Equitazione è una questione di sensazione, non solo di tecnica; quindi, se io le sensazioni non
le ho provate come cavaliere, anche se non è necessario aver fatto le Olimpiadi, per essere un
formatore devo aver fatto lo sport ad un certo livello. Se si ha un allievo che deve fare le C135
come fai a spiegargli quali sono le sensazioni che deve avere quando si trova davanti ad una
gabbia di verticali, che sono diverse da quelle davanti ad una gabbia di larghi, come fai se non hai
quella esperienza? Basta stare in campo prova per sentire dire delle amenità, non serve dire tante
altre cose, lo sappiamo tutti. Sarebbe indispensabile investire di più sulle persone che hanno
contenuti tecnici e determinati requisiti e che vogliono fare questo mestiere, le quali devono
possedere anche un profilo morale tale per cui siano credibili e rispettati. La Federazione dovrebbe
investire nella Formazione e non solo pensare a chiedere soldi. Altro aspetto dirimente per
l’istruttore è che deve saper dare risposte tecniche corrette anche a domande stupide. Infatti,
mentre il cavaliere può fare la cosa senza spiegarti il perché la fa, l’istruttore ti deve spiegare il
perché e come vanno fatte determinate cose. I ragazzi sono dei libri aperti, se tu gli scrivi le cose
giuste imparano le cose giuste, se tu gli insegni le cose sbagliate imparano le cose sbagliate. A
questo proposito sono strategici i criteri di scelta delle persone che hanno ruoli tecnici di rilievo,

così come lo sono anche per la scelta dei docenti, cioè coloro che formano i formatori. La parte
commerciale è sempre esistita, ma la formazione dei ragazzi passa attraverso i tecnici e se i
tecnici non sono all’altezza, si perde tempo.”
Un’altra autorevole voce ha così precisato:
“L’istruttore deve avere avuto prima di tutto una buona formazione, inoltre deve essere stato un
cavaliere anche se non di alto livello, per poter avere la capacità di montare e lavorare i cavalli dei
propri allievi e avere una buona conoscenza tecnica per comprendere bene le esigenze e fino a
dove si può spingere nel lavoro con quel determinato cavallo ed allievo. La tendenza di oggi –
basta osservare ciò che accade durante le manifestazioni – è assicurarsi di far fare un percorso
netto e veloce ai ragazzi e non ad impostarli con un certo stile, un certo assetto e con sistema che
gli servirà per tutta la carriera sportiva. Altro aspetto importante è l’esperienza, che distingue un
istruttore da un altro, perché più esperienza ha fatto in gara più sa che cosa pensa un allievo
quando entra in campo, più sa come si può comportare un cavallo entrando in un campo diverso
dall’altro. Questi sono tutti elementi imprescindibili quando si affronta l’argomento della
competenza”.
CONCLUSIONE
In sintesi, il concetto di competenza richiede di comprendere che una qualifica rappresenta
certamente un necessario punto di partenza, ma non è di per sé una garanzia sufficiente per
assicurare la qualità e la conoscenza tecnica del lavoro. Da un’altra prospettiva, parimenti, anche
chi sovraintende al settore formazione non può prescindere dal possedere le competenze
specifiche ed aggiornate, e questi aspetti divengono tanto più necessari quanto più l’obiettivo di
alzare il livello è realmente prioritario.
Dunque, è necessario promuovere la consapevolezza che il lavoro degli istruttori ha realmente un
impatto a livello nazionale, infatti formare allievi ben preparati non solo porta a successi individuali,
ma contribuisce anche a costruire un’immagine positiva del nostro Paese a livello internazionale. E
questo a sua volta contribuisce a creare una cultura sportiva solida che può elevare il profilo
dell’Italia e ispirare le generazioni future. Inoltre, riflette positivamente sulla reputazione sportiva
della nazione contribuendo a un senso di orgoglio nazionale e ad una maggiore visibilità a livello
globale.
Aristotele ha riflettuto molto sull’importanza della pratica e della esperienza nel processo di
apprendimento e nella formazione delle competenze al punto da dichiarare “Siamo ciò che
facciamo ripetutamente. L’eccellenza, quindi non è un atto, ma un’abitudine.” Ciò significa che
l’eccellenza è il risultato di un impegno continuo e di una pratica costante, e di una buona dose di
umiltà per mantenersi sempre aperti alla continua ricerca di migliorarsi. Dare una direzione alla
propria Vita equivale a darle un senso!

Clara Campese

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