La 97ª edizione degli Oscar, tenutasi a Los Angeles, ha visto la politica rimanere in secondo piano, fatta eccezione per un momento significativo: la vittoria del documentario No Other Land. Questo film, girato tra il 2019 e il 2023 da un collettivo di registi palestinesi e israeliani, racconta la storia delle demolizioni israeliane nel villaggio palestinese di Masafer Yatta, in Cisgiordania. La premiazione ha acceso un acceso dibattito, soprattutto in Israele, dove il ministro della Cultura, Miki Zohar, ha duramente criticato il documentario, definendolo una distorsione della realtà e una minaccia per l’immagine del Paese.

La vittoria di No Other Land e il suo messaggio politico

Il documentario non è solo un’opera cinematografica, ma un atto di testimonianza che raccoglie e amplifica le voci di chi vive sulla propria pelle le conseguenze delle demolizioni e dello sfollamento forzato. La scelta degli autori – due palestinesi e due israeliani – è in sé un messaggio potente: la collaborazione tra le due comunità per raccontare una realtà spesso ignorata o strumentalizzata. Durante la cerimonia di premiazione, i registi hanno lanciato un appello per una soluzione politica giusta ed egualitaria, sottolineando il desiderio di costruire un futuro libero dalla violenza.

Uno dei registi palestinesi, Baze Ladra, ha parlato della sua recente paternità e della speranza che sua figlia possa crescere senza temere demolizioni e sfollamenti. Yuval Abram, il co-regista israeliano, ha invece denunciato le leggi militari che limitano la libertà di movimento e di vita dei palestinesi nei territori occupati. La loro presa di posizione ha dato visibilità a una realtà che spesso fatica a emergere nei media mainstream.

La reazione del governo israeliano e il tentativo di censura

La risposta del governo israeliano non si è fatta attendere. Miki Zohar ha definito il documentario non come un’espressione di libertà artistica, ma come un sabotaggio contro lo Stato di Israele. Ha inoltre colto l’occasione per rilanciare l’idea di una riforma che impedisca il finanziamento pubblico di film e documentari che trattano tematiche considerate dannose per l’immagine del Paese.

Questa posizione ha suscitato forti critiche da parte del mondo del cinema e della cultura. Molti professionisti del settore vedono nelle parole di Zohar un chiaro tentativo del governo di destra di silenziare voci critiche e progressiste. La censura e il controllo delle narrazioni rappresentano un pericolo concreto per la libertà d’espressione, un principio cardine delle società democratiche.

La censura delle voci libere nel mondo

Il caso di No Other Land non è isolato. In molte parti del mondo, la libertà di espressione è sotto attacco, spesso in nome della sicurezza nazionale o della tutela dell’identità culturale. Governi autoritari e anche democrazie in crisi stanno adottando misure per limitare il dissenso e il diritto all’informazione indipendente.

In Russia, le leggi contro la “propaganda anti-patriottica” hanno portato alla chiusura di molte testate giornalistiche e all’arresto di giornalisti. In Cina, il controllo della narrazione sui media è totale, con la censura che oscura qualsiasi contenuto critico nei confronti del Partito Comunista. Negli Stati Uniti e in Europa, il fenomeno delle “culture wars” ha reso il dibattito pubblico polarizzato, con pressioni per la cancellazione di opere considerate offensive da una parte o dall’altra dello spettro politico.

Il cinema, come ogni forma d’arte, è un potente strumento di narrazione e di denuncia. Attraverso le immagini e le storie raccontate, è possibile sensibilizzare l’opinione pubblica su tematiche scomode e dare voce a chi non ne ha. Per questo, ogni tentativo di censurare o ostacolare la produzione di opere critiche deve essere visto come una minaccia ai valori fondamentali della libertà e della democrazia.

Conclusione: il valore della libertà di espressione

Il dibattito attorno a No Other Land evidenzia un nodo cruciale della società contemporanea: fino a che punto i governi possono e devono intervenire sulle narrazioni artistiche e culturali? Se la tutela dell’identità nazionale è una preoccupazione legittima, la censura rischia di soffocare il dibattito e di impedire il progresso sociale.

La vittoria di No Other Land agli Oscar non è solo un riconoscimento artistico, ma anche un segnale che il mondo ascolta e valorizza le storie di chi lotta per la giustizia e la verità. Garantire spazi per le voci libere, anche quando sono scomode, è il primo passo per costruire società più giuste e democratiche.

Daniela Piesco

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