Cortigiane e prostitute sia a Roma che a Venezia erogavano servizi a tariffe differenziate.

Toeletta della cortigiana-Pietro Longhi-Wikipedia

La Roma medievale era piena zeppa di straccioni e prostitute, se nel 1490 circa 6800 prostitute erano ufficialmente registrate, intorno al 1520 il tentativo di ripulire la città fu abbandonato perché dovevano essere espulse oltre 25.000 persone su 100.000 abitanti.

Anche le cortigiane non di rado si prostituivano e le migliori ricevevano potenti o addirittura i re, cosa che fece la famosa Tullia d’Aragona andando a letto con un tedesco, quando era ritenuta la prima cortigiana di Roma.

La definizione corretta di cortigiana comparsa nei Censimenti dell’epoca era di meretrices honestae (prostitute oneste) una specie di geisha colta, a cui seguivano le cortigiane di rango inferiore cortesane de minor sorte e quelle de la candela o da lume le più modeste che dovevano reggersi il lume da sole.

Le cortigiane vivevano negli stessi palazzi della nobiltà, una donna poetessa e cortigiana come Tullia d’Aragona era un po’ come una diva del cinema d’oggi, usciva in carrozza o sul dorso di un mulo riccamente bardato, mentre il popolino usciva dalle case e dai tuguri per ammirare quella donna così elegante, con quegli abiti bellissimi e gioielli sontuosi.

Erano in molti a porgerle gli omaggi; i cardinali e i vescovi si fermavano a parlare con lei mostrando pubblicamente di non disdegnare la compagnia di una cortigiana. Le chiese erano importanti punti d’incontro e le cortigiane ne erano assidue frequentatrici, a un’austera matrona seccata dalla vicinanza di una cortigiana, questa sussurrò “ non abbiate paura, signora, il mio peccato non è contagioso, a meno che non siate voi a volerlo

Ritratto di cortigiana alla toletta Paris Bordon 1545

Nel 1543 Venezia approvò una legge per vietare alle cortigiane di vestire come le gentildonne, sarebbero state multate con centomila ducati e private dei loro beni.

«Sia provvisto che alcuna meretrice in questa terra habitante non possi vestir né in alcuna parte della persona portar oro, arzendo e seda, eccetto che le scuffi e qual sieno de seda pura, non possi portar cadenelle, perle, né anelli cum piera o senza».

Le lettere anonime fioccavano da ogni parte e fu anche fatto divieto alle prostitute di andare in chiesa, mentre vennero confinate vicino a Rialto vicino a quello che ancora si chiama il “ponte delle tette”.
Per attirare la clientela esse sedevano sulla finestra a seno nudo e con le gambe penzoloni per mostrare tutte le loro grazie, o ancor più, stavano completamente nude davanti alle finestre: il tutto proprio sopra il ponte in questione.

Per limitare l’amore venale, furono bruciate le “guide” delle prostitute e delle cortigiane, la tariffa fu confiscata e distrutta. A uno straniero di passaggio che chiedeva impaziente “un buco da chiavare” però gli fu risposto che a Venezia:

Bernardino Licinio (1490-1550) donna e suo amante, i capelli tinti di biondo sono tipici delle cortigiane veneziane

«Ci sono prostitute in abbondanza più numerose delle formiche che camminano per terra, dei fiori d’aprile e delle vacche al mercato».
Le tariffe erano differenziate, viene riportato che una cortigiana richiede venti scudi mentre una certa Cornelia Griffo essendo dotta ne chiede quaranta.

Un gentiluomo racconta che nell’anticamera di Lucia Alberti che prendeva solo quattro scudi, un cliente notò un prete in attesa del suo turno, l’uomo si chiuse nella stanza e cominciò a toccare la prostituta qua e là, finché la sua mano capitò sul “buco naturale” incorniciato dalla signora con treccioline di pelo, “piace questo al mio signore?”chiese costei, ma a quell’eccentrica acconciatura il desiderio dell’uomo si spense lasciando così  campo libero al prete che attendeva eccitato.