di Maria Pia Latorre 

Nel luglio 2024 è stata pubblicata da Secop nella collana “I Girasoli”, diretta da Angela De Leo, la raccolta poetica “Sentieri le ferite”, di Mariateresa Bari, sua seconda silloge, dopo “Intraverso, spiragli nell’essere” del 2020.

Tripartita in una prima sezione intitolata “Sul filo delle attese”, una seconda che si pone “Sulla soglia” e una terza che muove passi ne “L’Oltre” e che ha nella poesia “Sentieri le ferite” la sua chiusura o meglio, la sua apertura alla lettura e all’interpretazione. Ma di questo ne parleremo fra breve.

L’elemento fondante della raccolta è la mistica della parola, un’energia di preghiera e contemplazione che inizia a respirare sin dalla copertina. Su campo azzurro e oro reca in sé l’immagine di un equilibrista inquadrato dal basso ed è proprio la concretizzazione dell’immagine di un verso contenuto nella lirica “Il quasi”: “È in bilico che trovo equilibrio”. Dopo una prima lettura si può osservare che vi è uno splendore di luce a pervadere tutta la silloge, ora come astro solare, ora come raggio o luce lunare, una luce che deriva dall’unico splendore che ha sede nell’unione della poetessa alla poesia, connubio che ha radici lontane, dalla folgorazione luziana, di cui la poetessa ha fatto esperienza.

Conoscendo la puntale esattezza operante nelle scelte dell’autrice, è interessante riportare i versi degli autori scelti in esergo alle rispettive sezioni; nella prima un verso di Montale tratto da “Ossi di seppia”, “In attender è gioia più compita” che ci preannuncia il tempo rigoglioso dell’attesa delle cose; è di Pessoa, tratto da uno dei massimi capolavori della letteratura, “Il libro dell’inquietudine”, il verso che apre la seconda parte: “Io mi siedo sulla soglia e immergo il mio sguardo e il mio udito nei colori e nei suoni del paesaggio e canto piano, per me soltanto, dei vaghi canti che compongo in attesa” e qui è ben tratteggiata la postura della Nostra e la sua weltanschauung, in un autodefinizione delle proprie valorialità. Il terzo verso scelto con straordinaria cura è tratto da “La sabbia delle urne” di Celan, “Appena aldilà dei castagni c’è il mondo”, che nella Bari è innocenza metafisica, chiarità, fragore d’acqua, viaggio, epifania, fiato delle piccole cose, ala di vento, pioggia di stelle, fiume di fieno, ubriache nuvole parlanti, un azzurro gocciolare, tutti titoli della terza sezione, che danno l’esatta dimensione della parola-immagine-portato della Bari. Suggestiva la definizione che nelle bellissime pagine di “Canto d’un cuore mai pago d’amore” ne dà il prof. Mario Sicolo, che segue da tempo il percorso dell’autrice: « È, questa silloge, il diario di una radicale tensione interiore alla misteriosa verticalità del “kairòs”, inteso come imperdibile occasione di chiarità, fervida fomite di stupore e verità: “Nel cogliere l’ora propizia/di nudi segni/leggimi i versi e danzami”. È la frazione più breve e infinita che ci sia, l’unità di misura del tempo/tempio, luogo sacro d’un sentire immacolato, che attraversa la pagina bianca con la forza mistica dei “segni” puri, che, nell’abbraccio segreto della parola, sanno farsi versi in bilico sull’eternità».

La poesia di Mariateresa Bari è poesia sostantivata, in cui si è compiuta una spoliazione della frase, lasciata a decantare, fino alla frazione secca, asciugata di tutto ciò che non è manifestabile ed essenziale, come può esserlo la sacralità di un ostensorio, per riprendere un’immagine tratta dalla religione. E di liturgia si tratta perché questo il cammino dell’artista che, in slancio mistico, trasforma le ferite in sentieri.

Nella maggior parte dei testi i sostantivi agiscono come verbi d’azione; cito, come mirabili esempi, questi iconici versi: “spina al fianco le cose quaggiù”, “Briciole di sole le note/ alla finestra”; “Sono volto le tue mani/ solcato da comete fedeli/ al tuo firmamento di solitudine/ terra fertile di acrobazie”. Sono versi-pianeti, intorno ai quali orbitano sentimenti fusi, o meglio, sintetizzati in immagini asciutte, resi  musicali con grande naturalezza grazie alla lunga esperienza di violoncellista maturata dall’artista.

E poi c’è il dolore nascosto tra le parole, dichiarato sin dall’inizio, ma mai svelato,  tanto esso è profondo e inaccessibile. Non ne abbiamo l’esatta misura e mai l’avremo, possiamo solo congetturarla avvicinando il cuore luminoso di Mariateresa, ma ancor meglio stando in silenzio.

Sicuramente questo dolore non è fine a se stesso, si coltiva virtuosamente in se stesso, si nutre per trasformarsi in qualcosa d’altro, in qualcosa di vero, di bello e di buono, poiché sono “sentieri le ferite”, quindi, attraverso le parole, le ferite si sostanziano in strade di rigenerazione.

«Sono versi ricchi di metafore e simbologie, che però non ricalcano le poesie che hanno scritto la poetica ermetica del Novecento, ma hanno una sinergia vitale tutta propria»,  chiosa la postfatrice Angela De Leo, nel suo “Tracce”, cameo che chiude il volume e che associa i versi della Bari al romanzo di Josè Saramago “Cecità” come di un itinerario nel viaggio della vita che valorizza fragilità e punti di forza e che attraverso l’esperienza della cecità riesce a far sconfinare nell’Oltre.

“Sentieri le ferite”, l’ultimo testo che appare nella raccolta, è la poesia epicentro dell’esperienza poetico-musicale contenuta nella silloge. La riporto qui in bellezza,  offrendola alla lettura.

Ci sono chiavi che non si fanno trovare nelle

chiese chiuse

al traffico dei pensieri

sentieri le ferite

ci accompagnano fedeli

nei tratti di navata sospesi

dall’incenso del tempo

E ceri intonati alle caviglie

come cori a cappella

in sagrestie d’anime sbarrate

Noi, che a cuori scalzi imbocchiamo

le ferite a raccogliere cieli

a raccoglierci

Mariateresa Bari è diplomata in violoncello presso il conservatorio N. Piccinini di Bari, ha al suo attivo un’intensa attività concertistica e insegna nella scuola secondaria di secondo grado. Coltiva da sempre la passione per la scrittura poetica. Nel 2020 si è classificata seconda alla prima edizione del premio “Culture del mediterraneo”, nel 2021 seconda al concorso letterario nazionale “La cura della natura” associazione Maria Ruggeri, nel 2022 menzione d’onore al premio Internazionale di poesia e narrativa città di Bitetto e terza al premio di poesia di Anzi, “Innanzitutto, poesia nel borgo”.

Nel 2020 ha pubblicato con Nep Edizioni la sua prima silloge: “Intraverso, spiragli nell’essere”. Alcune poesie sono presenti in antologie poetiche (“L’isola di Gary”, “L’isola di Gary, paesaggi di guerra e di pace”, “Fili d’erba”) ed anche nell’enciclopedia di poesia contemporanea edita dalla fondazione  Luzi.