Il Tara, un fiume per il quale un nutrito Comitato di autorevoli cittadini s’è mobilitato a difesa, è un corso d’acqua identitario
E’ un corso d’acqua identitario, innumerevoli generazioni di tarantini si sono bagnati nelle sue acque sempre apprezzandone, come scrisse il poeta, “l’alito umido e la frescura, la luce cangiante e il canto”.
Fuor di poesia, l’amara realtà è che oggi si vuol realizzare nientemeno che un dissalatore nelle sue acque, rendendo così a poco a poco il nostro territorio sempre più impoverito ed esposto così pericolosamente ad eventi estremi.
Abbiamo tutti il dovere di considerare seriamente come le acque dolci rappresentino solo lo 0,01% della quantità d’acqua presente sulla Terra, nondimeno esse sono la sede di ecosistemi d’enorme valore, dalla cui salvaguardia e stabilità dipende, tra l’altro, anche la qualità dell’insostituibile risorsa primaria che rappresentano per l’intera umanità: e il nostro Tara non fa eccezione.
Isole d’acqua non generico corso d’acqua
Ciascuna di queste “isole d’acqua” presenta caratteristiche fisico-chimiche tutte peculiari, anzitutto in relazione alla piovosità e al clima generale dell’area, alla particolare struttura dei suoli e delle rocce, alla copertura vegetale (dov’è rimasta…) e alle caratteristiche orografiche.
Allora la forte domanda di tutela per questo nostro mitico fiume e degli altri corsi d’acqua del territorio non può fermarsi solo a quella generica per “un corso d’acqua” o a quella complessiva del “paesaggio”, ma va ben oltre: la conoscenza sulla componente biotica delle acque correnti sono ancora scarse, persino rispetto a quella delle acque stagnanti, eppure la biodiversità rappresenta comunque e sempre lo strumento attraverso il quale la Natura assicura gli equilibri ambientali indispensabili per la vita sulla Terra.
Un sistema morfologicamente definito
Ma cos’è un fiume? E quale importanza riveste nell’ambito degli ecosistemi della nostra biosfera?
Un fiume costituisce un sistema morfologicamente definito e con una sua tipica dinamicità: nasce da una sorgente alimentata da riserve di acqua sotterranee, da nevai o da ghiacciai, scorre in un alveo delimitato e insieme influenzato dalle sue rive, si arricchisce del rapporto di tributari e matura, come si diceva sopra, una sua peculiare tipologia e struttura chimica lungo il percorso, fino a confluire in un altro fiume o in un lago o a confondersi con le acque marine nella foce.
La caratteristica fisica più rilevante è ovviamente l’unidirezionalità della corrente, con la quale deve fare inevitabilmente i conti la componente biologica, ossia il complesso degli organismi che conducono la loro esistenza nel fiume: tutt’altra cosa rispetto al mare, non vi pare?
Un po’ a somiglianza di ciò che avviene al fondo delle nostre gravine, le acque dolci formano un ecosistema complesso, composto da una serie di sottoecosistemi che si susseguono da monte a valle.
La zona sorgentizia (crenon) è formata dalle acque meteoriche che, dopo essere state assorbite dal terreno per percolazione ed essere passate a costituire il mondo tenebroso delle acque sotterranee, si riversano in superficie.
Il medio corso ( rhithron) è la zona del fiume successiva alla sorgente, con acque fredde e limpide che scorrono in genere su un substrato di roccia, piccoli massi e ciottoli.
La temperatura dell’acqua è sempre molto bassa, mantenendosi in genere al di sotto dei 10° C.
Alle alte quote la vegetazione ripariale tende ad essere assente, scendendo più giù è costituita da cespugli bassi, e la mancanza di una copertura vegetale consistente determina a sua volta una riduzione del numero di microhabitat a disposizione: vengono a mancare, infatti, radici, rami, ammassi fogliari e tronchi in alveo, cosa che non accade quando il torrente attraversa tratti boscati arricchendosi così di sostanza organica proveniente dai residui vegetali, dal dilavamento del terreno e dal contributo degli organismi che si trovano a monte, il che causa l’insediamento di biocenosi differenziate rispetto alla sorgente.
La zona di basso corso o potamon, poi, che più di qualcuno ha definito il tratto “maturo” del fiume, inizia laddove l’acqua perde il suo andamento turbolento a causa della riduzione della pendenza dell’alveo e il fiume assume spesso un andamento sinuoso: in questo tratto predominano i fenomeni di deposizione del particellato fine trasportato, e il substrato conseguentemente risulterà composto prevalentemente da sabbia, argilla e limo.
Lo sanno bene i tarantini che ne approfittano per risanarsi nelle dolci acque del loro fiume. Come conseguenza della riduzione del movimento vorticoso dell’acqua l’ossigeno disciolto diminuisce e la temperatura dell’acqua si assesta su valori più alti rispetto al rhithron: questo causa una riduzione della biodiversità, costituita comunque da specie diffuse e a più ampia valenza ecologica.
Traduzione: oggi non ci possiamo più permettere di togliere di mezzo ancora più “natura” di quanto fatto finora, pena la continuità dei servizi ecosistemici che sono assolutamente indispensabili alla nostra sopravvivenza: e stiamo parlando sia delle acque correnti che delle acque stagnanti che sono i sistemi più minacciati della Terra!
Gravano infatti sui nostri corpi idrici, oggi in secca per la siccità o in piena per le alluvioni, l’insensato, continuo sversamento di reflui inquinanti, la captazione indiscriminata di falde o di sorgenti, la deforestazione e l’alterazione dei bacini, la cementificazione e la escavazione degli alvei e il prelievo d’inerti. Dighe molto spesso inutili, sbarramenti, gabbionature e artificializzazione delle sponde interrompono la continuità degli habitat naturali e, quel che più conta, incombono pesantemente sulla salute biologica delle nostre acque correnti.
In estrema sintesi, per quel che riguarda gli insetti bioindicatori della qualità delle acque, diverse specie a nicchia ecologica ristretta si sono già estinte, altre a più ampia diffusione sono anche minacciate d’estinzione, per non parlare delle specie endemiche, cioè esclusive del nostro territorio. Una situazione che a detta degli specialisti del settore si sta aggravando con una rapidità impressionante.
Al valoroso Comitato di cittadini di cui mi onoro di far parte giunga però una notizia fresca fresca dal TG3 Leonardo: ben tre Università, il Politecnico di Torino e l’ISPRA attraverso i loro agguerriti ricercatori stanno studiando gli habitat fluviali di 13 regioni al fine di realizzare urgentemente la “Prima Carta d’Identità dei Fiumi Italiani”, e formare un’immagine complessiva del loro stato di salute: il loro lavoro è anche on line, su “webdoc,mesohabsim.it”.
Un’arma in più contro il dissennato progetto del dissalatore sul Tara, un progetto che, tra l’altre cose, procede esattamente in senso contrario a quanto prescritto dallo stesso “Regolamento Europeo sul Ripristino della Natura” ( Nature Restoration Law) dell’UE.
https://www.peacelink.it/ecologia/a/49980.html
Valentino Valentini
Redazione Corriere di Puglia e Lucania
foto wikipedia