Impressioni di un reduce garibaldino, un racconto popolare, un reportage.
Perché si scrive? Talvolta me lo chiedo anche io. C’è qualcosa che ci ispira. Ora pensate al reduce garibaldino che ha seguito quel prodigio della natura, in quella traversata che fu la conquista dell’Italia.
Molti discutono oggi sulla valenza di quell’epopea. Se ne valse la pena. Ma di fronte ai tanti morti evitiamo di fare politica e pensiamo al racconto di Ettore Socci.
Lui, del resto, lo dice chiaramente all’inizio.
” Questo libro non è per gli strategici e molto meno pei letterati; un cruscante, leggendolo, avrebbe di che arricciare il naso moltissime volte; un soldato di quelli che vanno per la maggiore, giurerebbe che lo scrivente sa di arte di guerra, quanto sa d’ortografia un’analfabeta; nè io di certo vorrei sfegatarmi per far cambiar loro opinione; io non l’ho mai pretesa a linguista ed ho una vecchia ruggine con chi si arrovella, per studiare il sistema di ammazzare più gente che può.
I miei non sono che appunti; appunti presi al chiaro di luna, nel silenzio degli avamposti o nel cicaleggio giocondo e spigliato della caserma; tra il fischiar delle palle e le canzoni entusiastiche, tra una bestemmia e una lacrima, in mezzo alla baldoria e ai cadaveri, ai generosi proponimenti e alle continue disillusioni, nasce spontanea in chiunque abbia del cuore, una filosofia che l’arcigno e pettoruto pedante non crederebbe possibile in una vita scapigliata, chiassona, piena d’emozioni, ma sempre senza pensieri, quale è la vita del campo”.
Appunti dunque. I migliori resoconti di viaggio, presi dalla vita reale. Quindi autentici. Signori questa è storia. O almeno un tratto da Firenze a Digione. Dall’Italia alla Borgogna in Francia.
L’autore dice in conclusione della sua premessa
Se arrivato all’ultima pagina, qualcuno che avrà avuto l’eroismo di seguirmi fin là, volgerà un pensiero pietoso ai poveri martiri, che ignorati si giacciono nell’estese pianure sotto Fontaine e Talant e resterà persuaso che i pochi, i quali per la causa più santa che si sia dibattuta in questi ultimi tempi lasciarono interessi e famiglia, quantunque disconosciuti e non aiutati da chi aveva il dovere di aiutarli, hanno fatto tutto quello che umanamente era loro possibile per far trionfare la idea, battendosi da prodi, e non mostrandosi indegni di quella camicia rossa, che da gente abietta e codarda si voleva condannare al Bargello, io sarò più che contento, io potrò dire che il mio povero libro ha raggiunto il suo scopo”.
Credo che basti questo per leggere. Credetemi lo stile è popolare, anche chi lo scrive non lo è da meno. Questo vuol dire che non annoia e cattura l’attenzione. Fatevi questa passeggiata storico geografica.
Ma non dimenticate questo personaggio che ci ricorda Wikipedia, Ettore Socci, insieme a Felice Cavallotti, convocò dall’11 al 13 maggio 1890 un congresso democratico per formare un partito d’opposizione a Francesco Crispi.
Il filosofo Antonio Labriola gli scrisse nello stesso anno “Proletariato e radicali”, “Lettera ad Ettore Socci” a proposito del Congresso democratico.
Nel 1892 venne eletto deputato per il collegio di Grosseto, città dove divenne cittadino onorario e fu amato e ricordato soprattutto per le sue riforme, tra le quali la più importante fu l’abolizione della secolare estatatura del 20 luglio 1897.
Due anni dopo la sua morte, avvenuta il 18 luglio 1905, a Grosseto gli venne intitolata una piazza del centro storico, con un busto in bronzo realizzato dallo scultore Emilio Gallori.
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