di Annamaria Gargano
Nelle ultime settimane, Luigi Mangione è diventato un nome che risuona con forza nei corridoi dei media, nelle conversazioni social, e persino negli studi di tatuatori. Per alcuni è un mostro; per altri, un eroe. La sua figura, controversa e iconica, è stata associata all’omicidio di Brian Thompson, amministratore delegato della UnitedHealthcare, il gigante statunitense delle assicurazioni sanitarie. Ma come è possibile che un delitto così efferato sia stato trasformato in una sorta di fenomeno culturale? Le risposte risiedono in una combinazione di estetica, messaggio politico, e il malcontento diffuso verso il sistema sanitario americano.
Mangione, 24 anni, studente universitario, incarna una figura diametralmente opposta rispetto agli stereotipi di altri assassini che hanno fatto notizia negli Stati Uniti. Con il suo viso pulito e rassicurante, è stato descritto come “uno di noi”: un ragazzo apparentemente normale, integrato nella società, senza segni visibili di devianza sociopatica. Questo aspetto ha reso facile per molti identificarsi con lui, o almeno provare empatia nei confronti della sua figura. Questo senso di familiarità ha alimentato un culto attorno alla sua immagine.
L’omicidio di Thompson non è stato solo un evento violento, ma un fenomeno visivo e narrativo che sembra essere stato progettato per l’era digitale. Per giorni, il fotogramma di Mangione con una maschera e un cappuccio ha inondato i social media, trasformandolo in un’icona enigmatica. La sua fuga in bicicletta – apparentemente ridicola ma incredibilmente memorabile – è diventata un meme virale, suscitando una curiosa combinazione di ironia e fascinazione. In un’epoca in cui le immagini dominano la percezione pubblica, l’estetica ha giocato un ruolo cruciale nel consolidare la sua notorietà.
Il dettaglio più disturbante, e al contempo affascinante, è stata la scoperta dello slogan inciso sulle pallottole usate per uccidere Thompson: “Nega. Difendi. Deponi.” Queste parole riecheggiano la strategia spesso attribuita alle compagnie assicurative per rifiutare le richieste di rimborso medico. Breve, incisivo, e terribilmente “instagrammabile”, il messaggio ha invaso il web, trasformandosi in un simbolo virale della protesta contro il sistema sanitario americano. I critici affermano che Mangione, consapevole dell’impatto mediatico, abbia deliberatamente creato un’operazione di marketing del suo gesto.
La figura di Mangione non sarebbe diventata ciò che è senza il contesto di un malcontento diffuso verso le compagnie assicurative negli Stati Uniti. Circa il 14% delle richieste di trattamento medico vengono rifiutate, una percentuale che sale al 32% per UnitedHealthcare, la compagnia di cui Thompson era a capo. Recentemente, UnitedHealthcare è stata criticata per aver utilizzato un algoritmo di intelligenza artificiale considerato impreciso nella valutazione delle richieste, e ha patteggiato una causa da 16 milioni di dollari per pratiche scorrette.
Quando l’azienda ha pubblicato un post su Facebook per commemorare la morte del suo amministratore delegato, il post è stato sommerso da emoji di risate e commenti ironici che riecheggiavano il linguaggio burocratico delle lettere di rifiuto delle assicurazioni. Questa reazione ha evidenziato quanto profondamente la questione sanitaria sia un terreno di scontro politico e culturale.
Nonostante la crescente attenzione mediatica sull’omicidio e sul profilo di Mangione, il dibattito sull’accesso alle cure sanitarie negli Stati Uniti rischia di essere oscurato dalla stessa figura che avrebbe dovuto metterlo in luce. La spettacolarizzazione del crimine ha spostato il focus dal problema sistemico al mito dell’assassino. È difficile che un omicidio basti a far luce su un problema complesso; molto più spesso, porta l’attenzione su chi ha compiuto il gesto, non su ciò che lo ha motivato.
In un’era in cui la politica è polarizzata e la fiducia nei media tradizionali è in declino, Mangione è stato adottato come una figura di riferimento da chi si sente tradito dal sistema. Rimane da vedere quanto a lungo il mito di Luigi Mangione resisterà. Quello che è certo è che la sua storia ha aperto una ferita profonda nella società americana, esponendo non solo il dolore di un sistema sanitario in crisi, ma anche il potere dell’immaginario collettivo di trasformare un criminale in un eroe. L’arte e la tragedia si intrecciano ancora una volta nel tessuto della storia americana. Ma è lecito chiedersi: stiamo davvero affrontando il problema o semplicemente cercando un altro volto da idolatrare?