testo e foto di Alessandra Gentili

 

Il grafico mostra l’andametno degli spiaggiamenti sulle coste Italiane a partire dal 1916 fino ad oggi. La foto nello sfondo mostra la balena arenatasi sulla costa di Edimburgo 

In un momento storico come questo, in cui i media sono colmi di notizie strazianti, mi avrebbe fatto tanto piacere parlare di qualcosa di leggero. Invece sono qui a scrivere del decesso di una balena, e del perché questa morte ha incastrato tutto il mio essere e focalizzato i miei pensieri.

L’Avvenimento

Circa un mese fa, una domenica mattina, ricevetti un messaggio da un’amica: “ c’è una balena in mare, probabilmente deceduta, si trova in linea retta davanti casa tua!” Ho preso la mia macchina fotografica e sono andata subito a riva. La riva in questione si trova a Edimburgo, abito in questa città a pochi passi dal mare. E così l’ho vista, una megattera chiaramente deceduta galleggiava a pancia in su. Insieme ad  altre persone  abbiamo immediatamente allertato lo SMASS (organizzazione locale scozzese che si occupa degli animali spiaggiati) la quale ci ha informati che la megattera era già stata avvistata il giorno prima. Erano in attesa che si arenasse per poter procedere alle operazioni di recupero, rese altrimenti difficili in alto mare data la potenziale dimensione del cetaceo.

https://www.facebook.com/Strandings/?locale=en_GB

Il coinvolgimento

Qualche giorno fa lo SMASS ha elaborato il report conclusivo su questa morte stabilendo che, ancora una volta, si e’ trattato di morte per soffocamento provocata dall’incastro in una rete da pesca. I segni sono inequivocabili, le foto lo mostrano.  Era un femmina in ottima salute e ben nutrita, delle dimensioni di 10,90 metri, quindi una giovane adulta. Ho atteso con interesse le conclusioni dello SMASS  ma la notizia mi ha colpita così profondamente da trascinarmi in quel mare che amo tanto. E in un attimo era come se fossi lei, a nuotare sotto la superficie del mare magari spensierata, sensazioni che ho provato nella mia vita e che non ho travato difficile tornare ad immaginare. Decisamente difficile invece e’ stato il passaggio immaginativo al  momento in cui qualcosa mi trattiene: la rete. Provo a divincolarmi ma non ci riesco anzi, piu ci provo,  piu mi incastro! Ho dovuto interrompere la mia immaginazione, perché mi sono sentita male……i cetacei sono mammiferi e, se non riescono ad emergere dall’acqua per respirare, muoiono soffocati!

https://www.youtube.com/watch?v=PO7kAONjCWs

La leva emotiva

Mi sono chiesta perché mi sentissi così. Perché questa notizia mi intrappolava in un vortice di pensieri, e perché non mi stava succedendo la stessa cosa con le notizie sulle guerre nel mondo. Poi ho capito: e’ stata la vicinanza! Lei era li, a pochi passi da me e il coinvolgimento emotivo e’ stato enorme. Questa vicinanza ha creato un legame che le notizie apprese attraverso uno schermo, per loro natura, non riescono a creare perché impersonali. Questo legame ha lavorato come  leva emotiva. Una leva emotiva cosi forte che, quando le ragioni della morte sono state chiare, qualcosa in me si e’ risvegliato.

Indignarsi come atto umano

Le notizie di questi ultimi due anni sono focalizzate sulle guerre. Solo quelle “importanti” ricevono visibilità, mentre i conflitti del Sud del mondo non fanno notizia. Le guerre sono una tragedia tanto quanto la morte della balena ma non si tratta di dar loro la stessa importanza, quanto di dimostrare che sono figlie della stesso sistematico schema di priorità. Le due tragedie condividono la sofferenza per  causa umana: per la balena e’ stata una rete da pesca, per i bambini e per tutti coloro che vi trovano la morte sono i conflitti. 

Megattera arenata sulla costa di Edimburgo (Scozia UK)

Entrambi gli eventi evidenziano una responsabilità collettiva ed il fatto che queste morti e sofferenze potevano essere evitate! La balena era una femmina giovane e in buona salute che ha avuto una morte evitabile ma anche dietro i numeri delle guerre ci sono vite reali rese invisibili da altri interessi. Ma no, non si tratta di dare la stessa importanza alle due tragedie. Si tratta di recuperare la capacità di compiere atti umani e indignarsi a prescindere dalla distanza fisica di ciò che accade.

https://vimeo.com/794562728/dc18191f00

 

 

La responsabilità collettiva

La rete da pesca che ha intrappolato la megattera e’ palesemente una responsabilità collettiva che mette in evidenza la mancanza di soluzioni atti a prevenire tali eventi. Evidenzia inoltre una gestione irresponsabile dei rifiuti e delle risorse umane se si e’ trattato di una rete abbandonata nel primo caso, o di una rete attiva nel secondo. Le ostilità sono il risultato di azioni politiche ed economiche spesso prese da parti non direttamente coinvolte nei conflitti stessi. Non tutti coloro che si trovano ad essere trascinati in operazioni belliche hanno avuto precedentemente la possibilità di dare voce alle loro ragioni, sentimenti e/o volontà.

Il fallimento nel mediare la risoluzione di un conflitto o, ancora meglio, per prevenirlo, riflettono una mancanza di solidarietà. In questo scenario un impegno collettivo per la pace e’ impossibile perché ne mancano i presupposti fondamentali: cultura della pace, rispetto delle differenze, comprensione dell’impatto socio-economico, equità.  Quindi, cosa hanno in comune una balena che muore intrappolata in una rete e le persone che muoiono in guerra?

L’indifferenza

Direi che entrambe sono vittime dell’indifferenza. Indignarsi come atto umano, significa rifiutarsi di accettare tutto questo come normalità. Partire da qui potrebbe essere la via per un cambiamento collettivo.