”Avremmo piacere che la vita non ci desse sorprese e potessimo gestirla come ci pare e piace”
Sin dall’alba della vita, la vita è magica. Più tentiamo di ridurla ai nostri schemi, più ci sfugge. E siccome quello che ci sfugge ci inquieta e ci spaventa, lo sforzo generale è di ridurre la vita a poche cose, a un ruolo. Il feto deve fare il feto, cioè – nella mentalità comune – non farsi vedere; il bambino deve fare il bambino cioè – sempre nella mentalità comune – capire poco, piangere senza senso -; l’adulto deve fare “l’adulto”, che nella suddetta mentalità comune è uno che farebbe bene ad occuparsi poco sia del feto che del bambino se non in caso di estrema necessità, e pensare alla sua carriera prima di tutto. Questa è la mentalità comune.
Avremmo piacere che la vita non ci desse sorprese e potessimo gestirla come ci pare e piace.
Invece la vita è una grossa sorpresa, sin dalla sua alba
Solo che quelli che sono più impauriti dalla vita non vogliono ammettere altro che un tipo di uomo: quello che non dà sorprese. Oggi tutta la società è costruita attorno al tipo umano che sa nascondere bene i suoi limiti, la sua disabilità (tratto comune a tutti gli uomini). E non accetta la diversità, che è la diversità di chi è malato, non parla, non è ancora nato, fino alla diversità di chi non riesce a nascondere quelle imperfezioni per le quali la pubblicità investe i soldi in modo da farci sentire in vergogna di averle: l’obesità, la povertà, la non somiglianza del proprio corpo o del proprio stato sociale a quelli della bambola Barbie . Barbie è il modello di vita: un mondo di plastica, che solo alcuni possono al massimo fingere di avere.
I primi 1000 giorni di vita del bimbo a partire dal concepimento
Il libro “I primi 1000 giorni di vita” https://www.ancoralibri.it/scheda-libro/carlo-bellieni/i-primi-1000-giorni-doro-9788851428518-10151.html infila la lama in quello di cui ci sentiamo sicuri e lo smaschera; con gentilezza e fermezza. Ci sentiamo sicuri di essere abbastanza conformisti e conformati all’uomo/donna sicuro/a di sé, senza dubbi di carriera, capace di vivere senza legami e senza rimorsi; e questo libro ti dice fuori dai denti che questo modello è falso. Che anche gli altri aspetti della vita umana, gli altri tipi umani sono degni di rispetto e stupore; anzi, che proprio il tuo – quello che riduce la tua vita ad un ruolo, ad una serie di protocolli e routine per i quali il mondo è costretto ad apprezzarti – è quello che non vale niente, perché è basato su quel modello consumistico ben condannato pesantemente dai grandi pensatori, da Marcuse a Heidegger a Anders.
Lo sviluppo del bimbo nelle acque materne
E nel libro “I primi 1000 giorni di vita” andiamo fianco a fianco ad esplorare la vita prenatale, la bellezza della vita immersa nell’acqua primordiale del liquido amniotico, fondamentale per geni come Freud o Pasolini, spiegandone i misteri: cosa sente un feto, cosa ricorda, come il corpo della mamma cambia per difenderlo. E sempre fianco a fianco saliamo alle vette per vedere il bambino già nato sviluppare il suo cervello, la sua capacità di giudizio molto ma molto prima di quando crediamo: la nostra capacità di attaccamento agli altri, per come sarà in età adulta, dipende da come passeremo i primi giorni di vita fuori dell’utero. Ma questo non lo racconta nessuno perché significherebbe dire che esistono altri tipi umani degni di rispetto e stupore: quello della mamma che allatta, quello del bambino che non parla; e questo, nella società delle corse e delle solitudini portate a sommo esempio, non è permesso.
Ovvio che nel parlare di tutto questo, il libro darà tanti aiuti pratici su come “crescere” il bambino: dai suoi problemi di sonno alle coliche all’allattamento ai capricci. Dando i consigli che la scienza offre ma che per qualcuno resteranno delle sorprese.
Per questo è bello studiare cosa accade in questi misteriosi primi 1000 giorni di vita esattamente quelli dal concepimento al secondo anno dopo la nascita. Perché si rivelano misteri e mondi inaspettati. Che aprono gli occhi verso gli altri mondi dell’esclusione: quello della disabilità, della malattia, della vecchiaia, della solitudine, tutte parole da non pronunciare oggi, che conta solo la parola tecnica e la parola successo.
Forse un viaggio così vale la pena di farlo.
Per Comitato “ Pro-life insieme “
Dott. Carlo Bellieni
Neonatologo
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