Riflessioni a margine dell’incontro “Fratelli tutti – L’inesauribile speranza per un bene infinito di pace”
Dario Patruno
“Fratelli tutti – L’inesauribile speranza per un bene infinito di pace – Persone e popoli del Mediterraneo mendicano la concordia”.
Questo il tema dell’incontro, svoltosi a Bari, per iniziativa del Centro interculturale Ponte ad Oriente aps (Cipo) e del Movimento dei Focolari nel salone San Francesco della Basilica pontificia parrocchia Santa Fara interverranno Wael Farouq, docente di Lingua e cultura araba all’Università Cattolica di Milano, mons. Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, e Carlos Palma Lema, coordinatore generale di Living Peace International. moderato da Eugenio Andreatta, responsabile della Comunicazione del Meeting per l’Amicizia dei popoli di Rimini. L’evento, proposto in collaborazione con l’Associazione Italiana Centri culturali (Aic) e dalla Fondazione Meeting per l’Amicizia fra i popoli – Rimini, ha ottenuto il patrocinio dell’Università degli studi di Bari, dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto- Servizio diocesano Medi (Mediterraneo, Ecumenismo e dialogo interreligioso), del Centro ecumenico “P. Salvatore Manna”, della Facoltà Teologica Pugliese, del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic).
Nicola Neri, docente di Relazioni internazionali, ha portato i saluti dell’Università degli Studi di Bari e del Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica: “la realtà universitaria mi sembra omogenea rispetto a questo percorso che facciamo stasera… infatti dove c’è confronto, condivisione e fraternità c’è pacificazione, pace e internazionalizzazione che è una vocazione dell’Università come luogo di ricerca scientifica e in un certo senso di immaginazione, rima laica di una intenzione profetica, di cui mi compiaccio e sono onorato di essere questo qui stasera”.
Stefano Andreatta, aprendo la “moderazione” dell’incontro ha affermato che il Cipo si pone come un fattore coagulante di collaborazione, di interazione tra esperienze diverse e gli “abbracci” di cui parlava la presidente dell’associazione Graziella Belloli, diventano impressionanti tanto da farmi sentire “la matricola e tutti possono darmi delle lezioni per come si respira questa aria vedendo San Nicola, vedendo la Cattedrale e tutte le testimonianze così palpabili anche della città vecchia di questo dialogo di cultura di cui la vostra città è fatta ed è veramente lodevole che un centro culturale sappia raccogliere questa eredità perché se i nostri centri culturali sono uguali in tutte le città qualcosa non funziona, qui invece è proprio il centro culturale di Bari che raccoglie lo spirito del luogo e questo spirito di integrazione profonda di identità e stasera noi ci troviamo a parlare assolutamente in continuità….A Bari si respira un dialogo tra culture che traspare dai luoghi.”
Ha proseguito, introducendo l’incontro, che “l’approccio è fondamentalmente esperienziale e racconta le esperienze di amicizia che ci sono in questo momento storico. “
Su questo registro sono iniziate le testimonianze.
La coesistenza di un milione di cattolici, tutti migranti, tra Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen conduce alla conclusione che “Le religioni sono chiamate a camminare insieme per contribuire alla umanizzazione del mondo, all’umanizzazione delle relazioni tra le persone, cioè quindi non tanto come concorrenti ma come realtà che possono riconoscere il compito, come dice Papa Francesco nella Fratelli Tutti, di lavorare insieme per un mondo pacificato, per un mondo pacifico in cui si possano sperimentare relazioni fraterne, in cui ci si stima vicendevolmente e si cammina insieme.”. (Mons. Martinelli).
Fino a poter diventare padri gli uni con gli altri ed “avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente se stessi.” (Prof. Farouq).
Una conseguenza del rendersi conto di cosa corrisponde di più al desiderio del cuore di tutti porta a prendere iniziativa per educare alla pace i giovani (che in alcune zone del mondo non sanno cosa sia vivere in pace) documentando che “la pace non è una cosa che si fa, è una cosa che si vive. E la pace incomincia nel cuore, quando io amo. Allora sì che tutto quello che dico, faccio, sento, esprime pace.” (Carlos Palma).
Potersi guardare come fratelli permette di mettere in comune ciò che gli occhi di ciascuno ha visto “essere tutti fratelli, convivere nei tempi di paura, nei tempi di violenza, nei tempi del male, non è vero che è astratto. È vero, è reale e l’ho visto con i miei occhi.”. (Prof. Farouq).
Anche fare memoria di ciò che è accaduto 8 secoli fa, come l’incontro in piena crociata di due persone così diverse come San Francesco e il sultano Malik al-Kāmil, mostra un metodo per la fratellanza umana: “si incontrano e non dialettizzano ma invece imparano a conoscersi vicendevolmente, a stimarsi vicendevolmente e anche ad imparare, ad apprezzarsi l’un l’altro, come San Francesco dichiaratamente farà quando nelle lettere sull’incontro dice che è rimasto colpito dai tratti della religione islamica che vuole in qualche modo riscrivere anche all’interno dell’esperienza cristiana.”. (Mons. Martinelli).
La provocazione alla fratellanza universale contenuta nell’enciclica diventa “un’esperienza che finiva sempre con le lacrime per la commozione perché sentivo che era fuoco sul fuoco dentro di me. Ed ha generato l’auto-educarsi alla pace in modo concreto e non teorico.” (Carlos Palma)
È possibile sperimentare un inizio di cammino insieme per una reciproca presenza e testimonianza in luoghi umani in cui ri-capire di essere stati chiamati ad un compito missionario attraverso una continua conversione a ciò che ci è accaduto.
Un uditorio di 160 persone ha ascoltato in religioso silenzio i relatori e soprattutto sono tornate a casa consapevoli che la pace dipende da una artigianalità che coinvolge la nostra umanità ogni giorno in tutte le relazioni che instauriamo con cuore sincero e con occhi privi di pregiudizio.
Joan Osborne nel 1994, con “One Of Us”, un brano scritto da Eric Bazilian degli Hooters…tradotto in “E se Dio fosse uno di noi?” trova nel 1996, Eugenio Finardi che lo porta al successo in Italia con il brano “Uno di noi”, incluso nell’album “Occhi” del 1996, lo porta al successo in Italia. Ascoltatelo e facendovi venire la pelle d’oca, sentitevi interpellati, sempre.