Aumentati di ben venticinque volte gli ergastoli in Italia

«Dare l’ergastolo a un uomo che uccide una donna è un segno importante». L’ha detto Laura Pausini, arringando i suoi fan a concerto, alla vigilia della sentenza su Filippo Turetta.

L’ha detto anche Gino Cecchettin dopo il paragone tra Turetta e Pablo Escobar.

Dobbiamo convenire con queste censure? Oppure, al netto dello sdegno che proviamo di fronte all’atroce delitto di Giulia, dobbiamo chiederci se il nostro rapporto con la morale stia cambiando anche quello con la libertà?

A Reggio Calabria la scorsa settimana una Corte d’Assise d’Appello ha punito con l’ergastolo l’ex fidanzato di Lorena Quaranta, uccisa a Messina nel 2020. L’imputato era stato già condannato alla pena perpetua in primo e secondo grado a Messina, ma la Cassazione aveva annullato la sentenza, negando la qualifica del delitto di genere e chiedendo a un’altra Corte, quella di Reggio, di valutare la concessione delle attenuanti generiche, connesse allo stress della coppia nel periodo del Covid.

Nel ventennio che va tra il 1955 e il 1974, a fronte di una media annuale di 490 omicidi, in Italia venivano sentenziati 4,5 ergastoli all’anno. Nei vent’anni tra il 2000 e il 2019, a fronte di una media di omicidi solo appena superiore (551), gli ergastoli per anno sono diventati 138,5, cioè 25 volte di più.

Un fenomeno di questa entità è una rivoluzione silente ma progressiva, realizzata in un rimbalzo di reazioni tra la piazza e il palazzo. In un Paese in cui il consenso sta diventando la fonte di legittimazione dell’azione penale, l’intersezione tra ciò che si dice nel dibattito pubblico e ciò che si delibera nelle corti giudiziarie è costante.

Pur con tutta l’adesione al dolore dei familiari colpiti dai lutti dei femminicidi, non si può cedere alla tentazione di fare del diritto penale una legge del taglione. Perché la cattiveria dei killer non è l’unica unità di misura della giusta pena. Ce n’è almeno un’altra, nella logica della laicità costituzionale ed è larieducazione del condannato. Qual è il tempo sufficientemente lungo per maturare la piena coscienza della gravità del gesto, ma non tanto lungo da impedire la concretezza di un recupero sociale?

E’ necessario disarmare i pregiudizi di certi vati del moralconformismo d’élite, che orientano il dibattito pubblico, animati talvolta dal fanatismo ideologico, talaltra dalla furbizia di mettersi in mostra. Se l’ergastolo diventa un valore, come vorrebbe Laura Pausini, la battaglia di emancipazione e di libertà delle donne si riduce a una retorica vittimaria, che assume l’irredimibilità del male come un dogma e nega la speranza.

Evelyn Zappimbulso

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

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