Pier Felice degli Uberti
Il 2024 è stato un anno intero dedicato al Turismo delle Radici, un modo nuovo per viaggiare alla scoperta delle proprie radici e della storia familiare che è un’esperienza straordinaria che diventa reale e accessibile con un po’ di buona volontà, gli italiani all’estero e gli italo-discendenti si sono mostrati desiderosi di riconnettersi con le proprie origini.
Vengono stimati in quasi 80 milioni i discendenti degli italiani di seconda e terza generazione sparsi nel mondo. Un numero elevato di persone che potrebbe essere interessato a ricercare le proprie origini familiari, e quindi iniziare un viaggio importante ed emozionante alla scoperta dei luoghi dove le loro famiglie hanno avuto origine, una grande opportunità di carattere economico-commerciale per vari operatori, ma al tempo stesso una vasta possibilità di lavoro per i genealogisti professionisti, e soprattutto l’occasione per un ritorno alla conoscenza della storia e tradizioni italiane per i discendenti di coloro che lasciarono il nostro Paese alla ricerca di “fortuna” e rappresentano oggi famiglie divenute importanti nelle Nazioni scelte dai loro antenati italiani.
Ricordiamo che il turismo genealogico o turismo delle radici, è una nicchia del turismo culturale che può essere definito come «il complesso delle attività e delle organizzazioni relative a viaggi e soggiorni compiuti per ricercare l’origine, la discendenza e le tracce di famiglie e di stirpi, e per indagare i possibili legami di parentela, di affinità e di attinenza fra il turista, e altre persone, cose e territori».
Già nel 2007 si affermava che «Il turismo genealogico è perfettamente coerente con una delle tendenze più attuali del mercato, ossia usare il passato come una risorsa. […] Oggi sempre più questo sguardo indietro è lasciato a un percorso individuale, o a siti che lavorano per chi vuole mettere in ordine il proprio passato. E quindi il proprio presente».
Sono i legami di parentela, sia sotto l’aspetto genetico che giuridico, e quelli di affinità e di attinenza che costituiscono la base imprescindibile su cui si fonda la ricerca afferita alla storia di famiglia. L’attinenza è «il vincolo genealogico che intercorre fra una persona ed un’altra, che, pur non essendo un suo parente, è comunque collegata genealogicamente alla prima, mediante una serie continua di rapporti bilaterali di coniugio, di filiazione e di fratellanza»; nel gergo comune, è una relazione logica o di fatto, un rapporto di affinità, di funzione, di amicizia o di interdipendenza.
Il rapporto di attinenza inteso nel senso più ampio possibile rappresenta un vincolo tra il turista e le altre persone che non è necessario che siano legate da rapporti di parentela o affinità, e possono inglobare anche i commilitoni, gli associati, i confratelli, i compagni dell’università, del partito o del sindacato, ma aggiungo i colleghi di lavoro.
In breve una massa di persone veramente rilevante, che rappresentano la buona e la cattiva sorte che segnarono il destino degli avi di quei discendenti che oggi vivono in Nazioni fuori dal nostro Paese. Quindi dobbiamo valutare che l’importanza della ricerca genealogica e di storia di famiglia, tanto in senso stretto che in senso ampio, costituiscono un aspetto fondamentale del turismo genealogico, e n tale ambito igli archivi rivestono un ruolo di primo piano.
Nella seconda metà degli anni ‘70 Alex Haley (1921-1992), che possiamo considerare il primo e più famoso turista genealogico, racconta, nel suo best seller Radici, di essersi recato innumerevoli volte in varie località statunitensi ma anche del Continente Africano, approfondendo le proprie ricerche genealogiche presso la Biblioteca del Congresso di Washington. Il nostro Paese è un rilevante deposito di memorie e la prova la troviamo nell’elevato numero di Archivi sia pubblici che privati, che di musei.
Determinante in questo turismo è anche il cognome che oltre a denotare l’appartenenza a una famiglia, è un vincolo parentale, il legame con una nazione, con una regione, una comunità, un villaggio. Questo fenomeno deve fomentare la nascita di associazioni dello stesso cognome, che con cadenza annuale organizzino le riunioni dei tanti portatori dello stesso cognome, anche se non per forza legati da vincoli di sangue. Dobbiamo valutare che biografi, storici della famiglia, cultori della storia locale, archivisti, mediatori culturali e naturalmente genealogisti costituiscono il capitale umano indispensabile alla costituzione di un’offerta adeguata alle necessità degli esigenti turisti genealogici.
Il turismo genealogico fece la sua comparsa nella stessa epoca del turismo di massa, quando le vacanze diventarono un bene di consumo alla portata di tutti i ceti sociali. Dagli Stati Uniti gli afroamericani cominciarono a voler scoprire le loro origini africane, mentre i discendenti degli immigrati europei poterono permettersi traversate atlantiche di ritorno e più tardi gli stessi risvolti si ebbero per i migranti intra-europei. Il desiderio di ritrovare i propri antenati o le proprie “radici” è un fenomeno di vasta portata che investe l’intero mondo occidentale ed è da relazionare alla dissoluzione della coesione generazionale e allo sfilacciarsi di quelle narrazioni capaci di ricollocare l’individuo all’interno di una storia collettiva.
Purtroppo il nostro Paese è privo di professionisti araldisti-genealogisti certificati da organizzazioni indiscutibilmente scientifiche. Da noi è ancora possibile alzarsi la mattina ed improvvisarsi araldisti-genealogisti senza che nessuno dica qualcosa! Invece gli operatori di questo settore necessitano di una vera preparazione che deve partire da un serio corso universitario concluso con una laurea magistrale di carattere umanistico, o giuridico, o economico-sociale.
Questo però non è più sufficiente per accedere alla grande evoluzione di questi studi riscontrata negli ultimi venti anni, ed occorrono ulteriori approfondimenti post-universitari, ma purtroppo master specializzati su tali materie esistono in rarissime Nazioni quali la Spagna, il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America nello Utah. L’evoluzione subita da questi studi ci porta a specialisti internazionali, pronti ad indicare la giusta strada da seguire per ottenere prodotti realmente affidabili. Oggi in Italia le poche organizzazioni serie che studiano queste materie non hanno una visione a carattere internazionale, e si limitano a frequentare pochi eventi di carattere nazionale, con una maggioranza di relatori di formazione amatoriale.
In Italia non vengono ancora presentati studi ottenuti con le nuove tecniche di indagine informatica e nelle ricerche genealogiche ad esempio ci si limita agli atti di stato civile, difficilmente approfondendo con altri documenti conservati negli archivi di Stato, e quasi mai trattando dell’aspetto fisico degli avi maschili (informazioni ottenibili semplicemente con la ricerca dei fogli matricolari o degli stati di servizio).
Addirittura ci si basa ancora su opere pubblicate nel secolo scorso o nel secolo XIX, dove la tecnica di ricerca era basata più sulla tradizione che sulla scientificità documentale, e a tal proposito si noti che gli utenti di questi servizi aspirano ancora a vantare una ascendenza nobile, non conoscendo cosa fosse effettivamente la nobiltà, solo perché in Italia non viene spiegato che giuridicamente la nobiltà è sempre stata una dignità ed un onore pubblico, non certo privato (nel privato non godrebbe la rilevanza pubblica che è la caratteristica fondamentale della nobiltà), e che non essendo riconosciuta giuridicamente non può esistere; ed da noi operano ancora organizzazioni che si dicono abilitate a “riconoscere” titoli nobiliari secondo leggi dichiarate già nel 1967 incostituzionali dalla Corte Costituzionale, ignorando che nell’ultimo Ordinamento della Stato Nobiliare Italiano (Regio Decreto 7 giugno 1943 n. 651, pubblicato nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale del Regno n. 170 del 24 luglio 1943), all’articolo 1 è indicato chiaramente che “È attributo della Sovrana Prerogativa del Re Imperatore:” “… l’acquisto, la successione, l’uso e la revoca dei titoli, predicati, qualifiche e stemmi nobiliari” (segue la più ampia spiegazione): basterebbe leggere per capire che con la mancanza di un re, nessuno, e tanto meno un privato, può sostituirsi in qualche modo a quanto la legge stabiliva durante il regno d’Italia.
Chi si occupa di queste materie (anche a livello professionale) suggerisce spesso ai propri clienti la possibilità di aderire ad una determinata “associazione nobiliare”, che per la nostra legge ha carattere anticostituzionale, non rendendosi conto che se da noi la nobiltà giuridicamente non esiste, c’è però la possibilità di tutela legale per Famiglie Storiche d’Italia, una associazione aderente alle leggi della Repubblica Italiana, che permette l’accesso anche di quelle famiglie che almeno negli ultimi cento anni hanno illustrato il nostro Paese con l’eccellenza del loro lavoro. Ed anche l’araldica in Italia è ferma agli studi del secolo XIX e XX, purtroppo senza avere una sua evoluzione, come è avvenuto in altre Nazioni quali il Canada e il Sudafrica.
Non esistendo la possibilità per l’araldica familiare del riconoscimento della Stato, non viene consigliata la possibilità di creare uno stemma contemporaneo, certificabile però all’estero, perdendo la possibilità di capire che oggi lo stemma rappresenta un indicativo identificativo che dovrebbe essere a carattere personale, non informando neppure della possibilità (se non esiste interesse per l’araldica) di ottenere un logo utilizzabile anche in campo professionale ed imprenditoriale. Se per la passata mancanza di codificazioni certe sui metalli e colori, oggi non abbiamo la certezza del colore nei blasonari antichi, la stessa cosa la rischiamo ancora perché ad eccezione del celebre araldista ecclesiastico don Antonio Pompili, allievo del cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, e dell’autore di questo editoriale, nessuno si pone il problema di garantire la certezza dei metalli e dei colori ponendo in nota alla descrizione araldica l’indicazione del numero del pantone grafico, per garantire nei secoli futuri la certezza del colore.
Cerchiamo di evitare di mettere in campo la metodologia del fai-da-te improvvisato, che mancando di professionalità non può ottenere quei risultati doverosi per coloro che hanno il rispetto della storia della propria famiglia. Quindi spetta alle istituzioni pubbliche cogliere questi segnali e cercare di ricondurre questi nuovi patrimoni di storie individuali all’interno del patrimonio della collettività. Vorrei aggiungere che questa ricerca di identità attraverso l’albero genealogico si è ampliata dalle famiglie borghesi, dai ceti artigiani e dai nuclei di piccoli proprietari terrieri, anche agli operai e braccianti, sviluppandosi in nuovi contesti, e sono poche decine d’anni che sembra aver acquisito un proprio ambito di interesse e di diffusione.
La curiosità per le origini è infatti un fenomeno degli ultimi quarant’anni che si è espresso nella ricerca dei percorsi compiuti dai componenti di una famiglia piuttosto che nella ricognizione di un legame patrimoniale o di sangue con un leggendario antenato. Ma oggi si sta già realizzando l’utilizzazione dell’intelligenza artificiale per giungere alla visione informatica dell’antenato, persino dando voce a quell’immagine ottenuta con le antiche fotografie di famiglia, che racconta la propria storia, ovviamente utilizzando una voce immaginaria che però fa sognare il discendente.
Ma perché non ci regaliamo nel 2025 un corso gratuito per imparare da soli a ricercare i nostri antenati magari senza alzarsi dal Computer e riuscendo a risalire sino all’inizio del 1800 grazie al regalo fattaci dal sito https://antenati.cultura.gov.it/ Portale per la ricerca anagrafica della ricerca anagrafica?
Il Corriere Nazionale http://www.corrierenazionale.net,organizza un Corso Gratuito per saper utilizzare il Portale Antenati e fare scoprire da soli la storia della vostra importante Famiglia.