Scopo di queste note è quello di suggerire un’enorme cautela nel leggere e nell’interpretare questi dati. Naturalmente, tutti gli avvertimenti seguenti possono riguardare qualunque tipo di sondaggio, ma nel caso dell’aborto vanno tenuti in particolare evidenza, considerando le forzature ideologiche che possono intervenire sull’analisi dei dati.
Evidentemente, anche il sondaggio è una forma di comunicazione: qualcuno (l’intervistatore) pone una domanda e qualcun altro (l’intervistato) fornisce una risposta.
È certo che, metodologicamente, una lettura corretta di questa particolare comunicazione dovrebbe tenere conto delle possibili distorsioni sia nella formulazione della domanda sia nel contenuto della risposta.
Trascuriamo per semplicità di discutere sulla correttezza e rappresentatività del campionamento e persino sulle intenzioni di chi somministra il questionario. È vero che anche il modo in cui si pongono i quesiti può essere tendenzioso, però presupponiamo sempre la buona fede, avendo già molto da dire riguardo ai contenuti delle risposte.
Risultati incerti e di dubbia interpretazione ?
Alcuni studi condotti in Polonia, presso l’università di Łodz, hanno dimostrato con rilevazioni post-questionario come sia varia e imprevedibile l’interpretazione dei quesiti da parte degli intervistati.
In alcuni casi, si sono addirittura verificate letture opposte rispetto al significato originario. Ripeto che non è necessario presupporre forzature ideologiche, è sufficiente che la condivisione dei riferimenti semantici tra gli interlocutori non sia perfettamente allineata.
Il problema si aggrava quando non c’è interazione faccia a faccia tra intervistatore e intervistato, come avviene comunemente nelle interviste telefoniche, o peggio ancora nei questionari auto-somministrati, che ciascuno compila come gli pare.
Ma cerchiamo di semplificare al massimo. Supponiamo per esempio che in un questionario si ponga questa domanda molto elementare:
“Lei è favorevole all’aborto?”
Raccogliamo poi i dati e troveremo sicuramente un certo numero di risposte: “Sì”. Ma sono davvero tutte identiche risposte, per cui è corretto sommarle tra loro? C’è da dubitarne, in quanto dietro quei “sì” possono celarsi diverse opinioni, come per esempio quella di chi:
1) – Ritiene che l’aborto sia una libera scelta della donna per qualsiasi motivo, che nemmeno è lecito indagare. In certi casi, come nella recente legislazione francese, sembrerebbe quasi che più aborti ci sono e meglio è.
2) – Ritiene che l’aborto sia una scelta non giudicabile moralmente ma al tempo stesso problematica, per cui la donna deve avere piena libertà di scelta, ma senza considerare un più alto numero di aborti come un indicatore positivo di civiltà.
3) – Ritiene che l’aborto debba essere almeno minimamente motivato da fattori oggettivi, asseverati dall’esterno, quali la salute fisica o mentale della donna oppure patologie del bambino, come sembrano grosso modo indicare leggi simili alla 194 in Italia.
4) – Ritiene che l’aborto sia da ammettere solo nel caso di circostanze gravi, come il pericolo di vita per la donna, l’incesto, lo stupro oppure gravi malformazioni del bambino: sembrano queste le condizioni che tuttora consentono l’aborto negli Stati USA giornalisticamente definiti come proibizionisti.
5) – Ritiene che l’aborto sia un male, che andrebbe il più possibile limitato a casi estremi come ultima ratio, ma non cancellabile tout court dall’ordinamento.
Si potrebbe continuare con le congetture, ma mi sembra che i motivi per essere molto cauti siano già più che sufficienti. Esagerando un po’, viene in mente quella battuta satirica secondo cui il 76,58% dei sondaggi sarebbero cifre sparate a caso.
Sondaggi ripetuti nel tempo più attendibili
Ma non è proprio così. I sondaggi possono dare indicazioni serie, attendibili e precise quando sono effettuati longitudinalmente, cioè ripetuti nel tempo.
Faccio un esempio semplice, quasi banale: supponiamo che nel 1980 i variegati “sì” all’aborto siano stati il 40%. Supponiamo poi nel 2024 di ripetere il sondaggio e di ottenere l’80% di “sì”. Se davvero le due rilevazioni sono state condotte in identico modo, possiamo stare certi che la propensione all’aborto sia raddoppiata.
Non possiamo insomma fidarci né del 20 né del 40 per cento, ma
certamente della linea di tendenza.
Prof. Enrico Maria Tacchi
Sociologo
www.prolifeinsieme.it