Ulisse Barbieri, un altro patriota del Risorgimento, un socialista militante, che usa il fucile e la penna. Stavolta è un gustoso saggio su un autore latino: Tito Maccio Plauto.

Una particolare notizia storica sul teatro di Plauto riguarda Taranto. E indubbio che il tarantino Livio Andronico, condotto da schiavo a Roma, dopo il saccheggio della città (274 a.C), è stato il primo letterato ad occuparsi di drammaturgia.

Ulisse Barbieri è un antesignano dei socialisti, mantovano del 1841, a soli 17 anni conosce il carcere per motivi politici, e si fa quattro anni in gattabuia.

Ma da recluso studia, legge e quando ritorna libero, il suo fermento risorgimentale era più vivo che mai.

Nel 1866 partecipò alla III Guerra d’Indipendenza aggregato ai Cacciatori delle Alpi passando da Como, Brescia, Desenzano, Salò fino ad essere ferito sulle montagne trentine intorno al lago d’Idro.

Termiato l’impegno militare comincia quello narrativo, che lo portò a diventare romanziere e drammaturgo di rispetto.

Ma è il suo impegno politico, all’interno del nascente movimento socialista, che lo spinge verso il giornalisma politico dirigendo il settimanale socialista “Combattiamo
Sempre in fuga, arrivò persino in Brasile per sfuggire ai processi politici. Mori alle soglie del 1900 nel 1899.

Il libro di oggi è uno studio storico, lo stesso autore scrive nella premessa:

“…nelle diverse manifestazioni dell’arte, può l’osservatore cercare lo sviluppo del progresso umano, ed a ragione disse Vittor Hugo che per immediato riflesso in due cose si rivela. – Sul teatro e nel libro. La storia colle sue date, coi suoi nomi! … colla varietà dei suoi fasti; colla lunga schiera degli uomini di cui ci trasmette gli eroismi o le infamie! La storia questa nemesi fatale pei tristi! … Questo conforto dei buoni – questa imponente figura che scrive sui marmi il progresso delle nazionie la vita dei popoli. – Questo immenso quadro dell’umanità che ci rivive d’innanzi – del mondo di cui ci fa assistere allo spettacolo! – questa anima della vita infine! … – Con quanto interesse ci trae dietro alle incantevoli sue tradizioni!”

Tito Maccio Plauto richiama alla mente dello scrivente,  il periodo scolastico all’Archita di Taranto con le rappresentazioni dell’Aulularia, della Casina e poi fuori dal liceo con il “teatro dell’attesa” dei Menecmi.

Un autore che piace ancora oggi, anche se è un teatro di nicchia per cultori del classico.

Ecco come comincia il Barbieri a parlare del clima politico culturale di Roma:

“…dopo le vittorie che la resero signora del mondo, Roma si riposava. – Roma la gran madre dei Scipioni e dei Gracchi il cui più bel giorno come soleva dire Catone, era quello in cui il sole rischiarava una battaglia! … – Superbo riposo però! … Nella città dove si festeggiava il trionfo di Zama e la sconfitta di Annibale cogli inni di Nevio, il cantore immortale della gloria dei Scipioni, agitavasi la divina lotta dell’arte! Trattò il primo il genere borghese, il secondo il popolare. – Le commedie di Terenzio sono più elegantemente condotte e trattano questioni politiche e civili, quelle di Plauto hanno per scena la taverna o la strada. Vi è però in Plauto più sveltezza nella forma, e maggior brio: La sua favola tocca sul vivo, punge caratterizza, ed è sempre faceto, e divertente.”

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LA RETE

Miles Gloriosus

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I menecmi di Plauto

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