Per noi umani è vitale il consumo, per la natura il risparmio. Non avendo ancora un pianeta di ricambio verso cui spostarci definitivamente, sul pianeta Terra siamo “prigionieri” come feti nell’utero materno. Possiamo consumare solo ciò che Madre Natura può darci, altrimenti facciamo ammalare la madre, e siamo noi figli a morire, perché l’inarrestabile crescita demografica mondiale necessita già di crescita dei consumi.
Che i feti siano due: Adamo ed Eva o 8 miliardi non fa differenza. La natura che ci custodisce, partorisce mai, ci conserva agli arresti planetari e quando diventiamo la causa dei suoi malanni ci “abortisce”, ci uccide a colpi di carestie, pestilenze, catastrofi e sconvolgimenti climatici che hanno nelle guerre i più devastanti effetti collaterali.
Non avendo mai capito che per l’umanità sprecare è suicida; se i politici non ci aiutano ad incrementare i consumi individuali li rispediamo a casa a calci nel sedere.
Invece per il pianeta, la migliore politica ecologica è quella del risparmio, quella che impoverisce i consumatori, non quella opposta, che insaccandoli il cervello di cultura marcia e il portafoglio di refurtiva, li istiga a consumare, inquinare, avvelenare, sperperare, devastare risorse naturali senza pietà, da perfetti autolesionisti.
Come viaggiare da soli con un suv per 9 passeggeri, sprecando denaro e risorse naturali. O riservarsi una piscina olimpionica o un grattacielo per uso personale sprecando migliaia di tonnellate di acqua quando nel mondo per mancanza di acqua e alloggio c’è gente che muore in ogni istante.
Insomma potremmo dire che le democrazie, lanciate all’accrescimento della proprietà, dei consumi individuali e della libertà creativa, non sono una forma intelligente di autogoverno del Popolo, ma puro “autolesionismo“: sono “ecocide” anziché ecocompatibili.
Perché la natura gradisce le nostre politiche consumistiche quanto il banchiere una rapina in banca a mano armata, e ci ripaga con la stessa moneta, a colpi di sconvolgimenti climatici devastatori e assassini.
Tutto ciò che per noi umani è qualità della vita, per il pianeta e quantità di morte. Ciò che di “buono” (si fa per dire) dobbiamo alla cultura, politica, mercato e giustizia, (cioè la migliore qualità di vita possibile) per il pianeta è malattia, a cui risponde con terapie che lo rimettono in salute distruggendo i presunti capolavori del progresso umano e accoppando chi capita a tiro.
Per indurre i singoli individui a lavorare e poi passarli nel tritacarne tributario e finanziario, li fanno credere che a questo mondo sono in competizione solo tra umani. Invece i rapporti sono triangolari.
Ogni singolo cittadino è giuridicamente in rapporto con altri singoli, ma concretamente lo è anche e soprattutto con Madre Natura da cui riceve utile per ciò che di buono fa per il territorio che occupa, e danno, per i danni che la natura subisce da l’intera popolazione mondiale e non fa distinzione fra colpevoli o innocenti, salva o spazza via chiunque trova sulla sua strada.
Aver mentito agli umani che il rapporto più problematico non è con i nostri simili, (per diversità di cultura, religione, età, sesso, ideologia, condizione sociale, e quant’altro) ma con la Natura; ha portato l’umanità ad un livello di devastazione ambientale a cui la natura sta rispondendo con crescenti minacce d’aborto: sconvolgimenti climatici, carestie, malattie incurabili e crescenti e danni che nessuna scienza potrà mai calcolare né finanziare. (Vedi devastazioni a Valencia.)
Almeno da un secolo il mondo della cultura formando intellettuali anziché manovali ha aggiunto un’altra causa di incompatibilità tra uomo e pianeta.
1) il pianeta è autonomamente pensante e ha più bisogno di lavoratori che di pensatori, per due ragioni: perché consumano meno e inquinano meno degli intellettuali che non sprecano certo quindici anni sui libri per poi vivere allo stesso livello di guadagni e di consumi dei manovali o dei contadini.
2) l’incremento demografico inarrestabile significa già crescita dei consumi e dell’inquinamento. E andrebbe affrontato riducendo i consumi pro capite a colpi di perequazioni intelligenti. Ma non le hanno ancora inventate.
3) il progresso tecnologico aggiunge danno a danno perché porta devastazione delle risorse e avvelenamento ambientale.
4) e la crescita della cultura induce negli esseri umani intelligenza creativa: l’ossessione di adattare il mondo a sé, rincorrendo un livello di qualità di vita insostenibile.
E per avere un’idea di come l’istruzione induca negli individui una forma di creatività patologica e un bisogno di consumi maggiori e migliori, vi riporto di seguito ciò che ha scritto un geometra innamorato dell’agricoltura e rispettoso dell’ecosistema. Si tratta di comportamenti apparentemente intelligenti e persino encomiabili, ma dei quali restano sconosciuti gli effetti negativi ambientali e sociali.
“Durante gli ultimi 9 anni ho piantato nel mio terreno 2 fichi, due peri, due albicocchi, due susini, due prugni, un banano, due Kaki, un carrubo, due mandorli, un pepe rosa, due limoni, un biricoccolo, due mandarini, tre aranci, un ciliegio, un noce, un castagno, un avocado, un mango, tre meli, una Cherimola, un Kumquat, due giuggioli, due melograni, due gelsi, un pesco, una papaya.
Posso ritenermi soddisfatto, per il momento”.
Posso ritenermi soddisfatto, per il momento”.
Nel suo orticello ha ricreato il paradiso terrestre, ma ha importato e unito sullo stesso terreno una quantità di razze di piante innaturale, senza essere in grado di valutare preventivamente se sono socio ed ecocompatibili.
Come dire che già di suo la conoscenza è una calamità naturale, perché induce nell’uomo, anche in perfetta buona fede, libertà creativa e consumistica, fame ossessiva di proprietà e di potere.
ll potere di cambiare in meglio il Creato, salvo poi piangersi addosso quando le presunte forme di miglioramento si rivelano catastrofiche, assassine o nella migliore delle ipotesi, fallimentari. Come le case italiane ed europee che ora hanno bisogno di una montagna di miliardi per dotarle di cappotto termico e le automobili che vanno rottamate in massa perché avvelenano e devastano l’ecosistema.
Insomma, prima ci convinciamo e meglio sarà. Il progresso ecocida ci sta aiutando a sviluppare la produttività, il PIL mondiale e i consumi pro capite. Ma istiga la natura a scrollarsi di dosso i danni subiti e a tornare in buona salute, “abortendo” l’umanità senza troppi distinguo, come fossimo un unico feto malato.
Franco Luceri