E’ dedicata agli eroi erranti in cerca di pace, la Trilogia d’autunno del Ravenna Festival 2024, ospitata nel Teatro ‘Alighieri’ tra il 15 e il 19 novembre scorso.
Da sempre il teatro musicale si muove lungo i sentieri del mito: incaricandosi di viaggiare nel tempo fino alle radici del bel canto e le origini dell’opera, la Trilogia dell’anno in corso ha immerso il pubblico nei suoni e nelle atmosfere del Barocco seicentesco.
Riservata fin dalla prima edizione a progetti ad alta densità teatrale (da Verdi a Mozart, da Leoncavallo a Mascagni, da Bellini e Bizet fino ad esplorare i temi danteschi e a lambire l’operetta viennese) la Trilogia è approdata quest’anno a Claudio Monteverdi (Cremona, 1567- Venezia, 1643) con l’opera ‘Il ritorno di Ulisse in patria’ e a Henry Purcell (Westminster, 1659 –1695) con ‘Didone e Enea nel giorno di Santa Cecilia’, cui si è aggiunto il concerto ‘Beyond’ del controtenore polacco Jakub Jozef Orlinski che – poco più che trentenne- con voce celestiale ha già conquistato il pubblico di tutto il mondo facendo rivivere la fascinazione degli evirati cantori del passato e coniugandola con la fisicità dinamica della breakdance: un mix irresistibile.
Entrambe le opere in programma affondano le proprie radici nel mito e ci narrano di temi, situazioni e personaggi di cui la nostra storia e la nostra cultura sono intrise: Ulisse ed Enea fuggono entrambi dalla guerra di Troia, costretti a peregrinare a lungo in terre diverse, tra gente straniera, prima di raggiungere la meta.
E sarà proprio quel lungo percorso, le prove sostenute, le avversità e le battaglie combattute, a dare valore alle loro conquiste e alla pace ritrovata.
Protagonista di entrambe le opere l’eccelsa Accademia Bizantina: al clavicembalo il direttore musicale e artistico Ottavio Dantone (concertmaster il violinista e violista Alessandro Tampieri). Regia, scene e costumi sono firmati da Pier Luigi Pizzi, mentre Oscar Frosio ha curato il progetto luci.
‘Il ritorno di Ulisse in patria – racconta Pizzi nei suoi appunti di regia – rappresenta un caso fortunato di opera costituita su un libretto, quello di Giacomo Badoaro, veramente molto bello, poetico, efficace e chiaro tanto da rendere naturali, addirittura logiche, le varie interferenze degli dei (Nettuno, Giove, Minerva) nel dipanarsi della vicenda umana’.
Per quanto attiene all’opera di Purcell, è ancora Pizzi a spiegarci il titolo insolito che tradisce l’intreccio di due lavori del massimo compositore inglese: Dido and Aeneas e Hail, bright Cecilia:
‘Come ho già sperimentato quasi 40 anni fa (nel 1986 a Reggio Emilia) è dal secondo che lo spettacolo prende le mosse, dall’Ode composta per la giornata di celebrazione della patrona della musica. Mi piace immaginarla intonata dai giovani allievi di una scuola di musica che, sempre per onorare la santa e con lei, la potenza della musica, improvvisano all’interno dell’Ode stessa la rappresentazione dell’opera dedicata all’amore infelice della regina cartaginese e dell’eroe troiano’.
In effetti, come non ricordare che Dido fu scritta proprio per le giovani di un collegio di Chelsea? In scena l’atmosfera è quella gioiosa di una scuola in un giorno di festa: a prevalere è il piacere per il teatro inteso come gioco e divertimento, in cui verità e finzione si intrecciano, mentre gli elementi magici sono vissuti come componenti naturali del meccanismo ludico teatrale.
Applausi calorosi e prolungati per tutti gli interpreti: Mauro Borgioni (Ulisse e Enea), Delphine Galou (Penelope e Didone), Valerio Contaldo (Telemaco), oltre agli ‘allievi della scuola di musica’ Charlotte Bowden (soprano), Candida Guida (coltralto), Žiga Čopi (tenore), Gianluca Margheri e Federico Domenico Eraldo Sacchi (bassi). Ovazioni per Dantone e Pizzi.
Complimenti agli organizzatori che hanno dato il meglio di sé proponendo opere che molto raramente è possibile ascoltare ed apprezzare in Italia (numerosi gli stranieri presenti in sala).
Arrivederci al prossimo anno!
Paola Cecchini