L’iconografia popolare lo raffigura come un fiero personaggio, degno erede del risorgimento italiano e antesignano dei movimenti socialisti e radicali.

Felice Cavallotti è stato, come gran parte degli uomini di cultura, benché politico, un poeta e un giornalista, una buona penna.

Nel suo essere combattivo e integerrimo, come deputato attraverso ben dieci legislatura, forgiò un ruolo di oppositore nei confronti della destra storica e del moderatismo della sinistra storica di Depretis.

Nel libro di oggi siamo alla sua ultima fase della vita, denuncia l’immoralità del momento, la corruzione che ruotava intorno a Francesco Crispi.

Una lettera che precede un momento fatale quando il direttore della “Gazzetta di Venezia” Ferruccio Macola, lo sfida a duello lo uccide con un colpo di sciabola nell’ultimo dei tanti duelli (a quanto pare addirittura 33) che il passionario Cavallotti aveva affrontato per difendere la sua dirittura morale.

Ecco l’incipit del libro

Scrivo queste pagine con disgusto, con rivolta dell’anima: ma le scrivo colla coscienza serena, dopo ché per più giorni, tentando il possibile, resistendo a provocazioni che avrebbero stancata la pazienza di un santo, ho sperato di evitare a me stesso la fatica amara di doverle scrivere.

Tentativo di speranza di cui nessun merito avrei, se proseguissi un qualunque interesse mio o mi tentasse qualsiasi povera ambizione: perché sol chi vuol salire, naturalmente desidera trovar meno aspri i gradini.

Ma, finito appena sia il compito, che verso il Paese m’imposi, so di poter dimostrare la mia ambizione sola qual era, e invoco l’ora di poter in altr’aria, fra ben altre memorie, rifarmi dell’aria respirata fin qui.

Ho sperato più giorni si aprisse qualche porta per cui s’uscisse dalla situazione convulsa, impossibile, creata al Paese e alla Camera, senza bisogno dì farmi sembrare cattivo.

E dico impossibile, perché non serve dir ad un altro paese, come dire ad un uomo, di lavorare, di attendere utilmente ai propri interessi di casa, se non ha il cuore in pace, se ha una spina confittavi, se un martello nell’animo gli manda sossopra le idee. E inutile pretendere che un’assemblea rappresentativa funzioni, se vi son dentro cento o centocinquanta persone tormentate dal sospetto o dal convincimento di trovarsi in 
faccia ad un ministro disonesto. La tempesta di animi che impedisce alla Camera, al Paese, ogni utile lavoro proseguirà, finché la pietra dello scandalo non sia rimossa..

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La rete

Rutelli alla ristampa del libro di Felice Cavallotti

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