di Vincenzo Caccioppoli
Che l’audizione di Raffaele Fitto al parlamento europeo sarebbe stata difficile ed irta di ostacoli era cosa risaputa da giorni. Anche se, dopo aver visto le prime venti audizioni della settimana scorsa, che sono volate via in un clima più che sereno, e che hanno visto la promozione di ben 19 commissari (anche se almeno 1 o 2 avrebbero forse necessitato di un ulteriore supplemento di indagine) e un solo rimandato, Olivér Várhelyi, il commissario designato da Orban ( ma quella è tutt’altra storia), si poteva pensare ad un minor accanimento verso il rappresentante italiano. Invece verdi e sinistre non hanno certo usato il fioretto per cercare di mettere i bastoni tra le ruote alla nomina a commissario del politico pugliese di Fdi, nato a Maglie 55 anni fa.
Raffaele Fitto, con grande abilità politica pero subito fatto intendere che in quella sede lui avrebbe parlato solo di Europa e di questioni inerenti le sue deleghe e non di politica interna “ Non parlo di politica interna perché sono qui per rappresentare l’unione europea” ha detto ad inizio audizione, spezzando sul nascere gli evidenti tentativi di trascinarlo dentro polemiche strumentali di politica nazionale. Il disegno di sinistra e verdi era chiaro da settimane: colpire Fitto per colpire la sua leader e per far cadere il progetto da tempo inseguito dalla premier di unire le forze di centro destra in Europa, così come fatto in Italia. Ma evidentemente qualcosa è andato storto se alla fine si sono contati una ventina almeno di applausi anche da parte di liberali e socialisti, che evidentemente hanno riconosciuto la competenza e il valore del politico italiano.
Unica concessione alla politica italiana è stata quando ha ribadito la sua storia politica che proviene dal vecchio partito della democrazia ( come l’amato padre salvatore, scomparso nel 1988 in un tragico incidente stradale nei pressi di Latiano, sulla statale Taranto Brindisi. Era logico che così facendo avrebbe disinnescato le strumentalizzazioni politiche che anche in Europa vengono spesso fatte sui legami tra la destra italiana e il revanscismo di stampo fascist. Fitto ha risposto a tutte le domande entrando nel merito delle cose e senza cadere mai nella trappola della polemica o della diatriba politica. Ma dubbi sotto questo punto di vista ce ne erano davvero pochi, considerando il valore politico dell’ex ministro per gli affari europei. Anche l’audizione quindi, ha mostrato ancora una volta, come la scelta fatta da Giorgia Meloni a fine Agosto, è stata probabilmente la migliore che potesse fare.
Solo un politico esperto e abile come lui, poteva superare, senza eccessivi intoppi, una simile prova, che è apparsa a molti osservatori, in certi frangenti, come una sorta di processo alle intenzioni. Fitto ha saputo usare le parole giuste per delineare quello che potrà essere il delicato compito che lo attende come commissario per la coesione. Ha voluto puntare sulla massima disponibilità al dialogo e sulla importanza del lavoro di squadra con le varie commissioni del parlamento europeo. Non si è mai scomposto ( e come poteva essere altrimenti con il carico di esperienza che ha sulle spalle) ed ha avuto una risposta nel merito ad ogni domanda, anche a quelle volutamente più scivolose. Non voglio entrare nelle dinamiche politiche, capisco che il tentativo sia questo, ma bisognerà farsene una ragione. Io lo evito accuratamente, la mia dichiarazione iniziale non è stata una dichiarazione di circostanza, io interpreto così gli articoli dei Trattati che riguardano l’autonomia e l’indipendenza dei commissari e soprattutto il codice di condotta. Se oggi entrassi nel merito di una discussione politica di questo tipo verrei meno a quelli che sono i criteri per i quali sono seduto qui a rappresentare la commissione europea”.
E’ stata la risposta rivolta all’eurodeputato Sandro Gozi, che lo invitava a dire la sua sulla dichiarazione di Giorgia Meloni sul suo diritto a presentarsi alle elezioni in Francia, tema che davvero no si capisce quale attinenza possa avere con le deleghe affidate a Fitto. ma tant’è. Fitto ha invece toccato i temi legati alla coesione, negando con forza le indiscrezioni che indicherebbero un tentativo da parte sua e della presidente Von der Leyen di voler centralizzare la gestione dei fondi di coesione. Ha ribadito la centralità della coesione per aiutare le zone disagiate e quelle rurali ed ultraperiferiche. “Abbiamo un problema di spopolamento nelle isole e nelle aree rurali: servono politiche su misura per rafforzare il diritto ai giovani di restare nei loro luoghi: ci sono degli importanti riferimenti nel rapporto Letta ripresi dalla lettera di Ursula Von der Leyen su questo tema.
Abbiamo bisogno di intervenire con politiche specifiche in questi territori”. Ha poi brillantemente rintuzzato chi, come la giovane Valentina Palmisano del movimento 5 stelle, lo accusava di essersi astenuto in occasione del voto sul Green deal ( i cui effetti nefasti si stanno riversando adesso sul settore automotive, segno che qualche dubbio di allora, era più che legittimo) affermando che si trattava allora di una posizione di attesa e non contraria al progetto, e che ora il suo voto sarebbe positivo. Tre ore e mezza di domande ininterrotte a cui Fitto ha risposto senza la minima esitazione e senza dare alcun segno di contrarietà o stanchezza, da vero fuoriclasse della politica qual è. Infine con la voce rotta da un filo di commozione, ha voluto ricordare uno dei grandi padri fondatori dell’Europa quell’ Alcide De Gasperi, a cui è dedicata la sala in cui si è tenuta l’audizione e del quale quest’anno ricorrono 70 anni dalla sua morte.
Un segnale forte e chiaro a quanti ancora possano avere dubbi sull’europeismo di Fitto. Ora si vedrà come andrà il voto, che sembra si terrà dopo tutte e sei le audizioni dei vicepresidenti. Ma nei volti degli esponenti di Fdi presenti alle audizioni e in quelli del Ppe traspariva grande ottimismo
foto Andkronos