La Storia dell’Uomo ha molteplici inizi, ma certamente la capacità di trasferire e conservare il Pensiero attraverso la Scrittura è uno dei momenti più importanti.

Attraverso la Scrittura sono passati i ricordi trasmessi oralmente, gli arcani, i concetti filosofici, le ingiurie e gli editti: storie di uomini piccoli e grandi, di Paesi e di contrade, di Santi e di maligni. Ma la scrittura ha assunto dei significati in se e per se attraverso l’uso di modi di scrivere, di forme grammaticali e lessicali che hanno un valore intrinseco proprio per la forma. Prendiamo il Vocativo: è un elemento nominale o più raramente pronominale che serve a richiamare l’attenzione di un destinatario rivolgendogli la parola e a identificarlo selezionandolo fra diversi possibili interlocutori: ehi tu! Ave o Cesare! è usato per saluti e invocazioni, come “Cantami o Musa l’ira funesta…” .

Nel Greco Antico c’era l’Aoristo non che era né il presente né il passato ma indica qualcosa di più prezioso, di più raro: un momento, un’azione che si tende verso l’infinito. Che diventa «per sempre».

Aoristo significa letteralmente «senza limiti», senza fine. Il famoso «conosci te stesso» di Socrate è costruito con l’imperativo aoristo. Perché? Perché mentre certe azioni sono destinate a finire, altre invece no. Non smettiamo mai di conoscere noi stessi, ecco cosa volevano dirci gli antichi greci. «Ci sono uomini che sanno tutto, peccato che questo è tutto quello che sanno.» La conoscenza invece è imparare qualcosa ogni giorno. Non importa quanto sai o quanto credi di sapere, da qualche parte c’è qualcosa di incredibile che attende di essere conosciuto. Ma questa forma verbale indica anche qualcos’altro, di altrettanto prezioso: il «qui ed ora.».

Nell’aoristo non c’è né un prima né un dopo ma solo l’adesso! Che si protrae all’infinito. Ecco perché Omero usa l’aoristo per descrivere il commovente addio tra Ettore e Andromaca. Perché quel momento è tanto intenso e l’amore che li unisce è tanto forte che trascende il tempo, che vince il tempo fino a diventare eterno. Vedete, i greci quando usavano l’aoristo volevano dirvi una cosa: io non vivo né nel mio passato, né nel mio futuro. Ma nell’adesso. Perché anche il «per sempre è fatto di tanti adesso!» (dal web prof.sa Guendalina Middei).

Questo pensiero di Qui e ora, ma anche per Sempre, è scomparso dal vivere e pensare quotidiano in favore di un continuo ripensare e riesumare il passato perdendo di vista il presente e senza una progettualità reale di futuro.

Prendiamo la Politica. La differenza fra lo Statista ed il Politico è che il primo progetta il futuro organizzando il presente, il secondo gestisce il presente senza alcuna possibilità di “pensare il futuro”. Il politico è in perenne campagna elettorale, il suo è un pensiero tattico e non strategico, il fine è raccogliere il consenso immediato senza aver riguardo alla trasformazione reale e duratura di una condizione nel Paese.

La dicotomia fra le due figure è ciò che impedisce l’evolversi di un pensiero politico, la disaffezione degli elettori all’esercizio del voto, quello che posso definire il “paradosso trumpiano”: votare un “conservatore” per avere un “cambiamento”: nella società senza ideologia, guardare all’Uomo forte per trarre il beneficio che l’”Area Progressista” non è stata in grado di pensare, proporre e realizzare durante il suo governo.

Rocco Suma