La possibilità di esprimere la propria visione del mondo attraverso il linguaggio artistico è una dote, e c’è chi riesce ad esprimerla attraverso le immagini, qualsiasi forma abbiano. 

Era il lontano 1964, quando un giovane Giuseppe Tornatore, all’età di otto anni, comincia a seguire le orme di Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, con cui compirà un viaggio fisico e visivo della sua città natale, Bagheria, attraverso il filtro della sua bellissima Rolleicord. La sua abilità nel catturare istanti in un tempo continuamente in movimento, segnando il suo futuro registico da Oscar, è nata proprio tra quei vicoli di un paese che non ha mai nascosto di amare e celebrare, venerando momenti di vita semplice, angoli di cui ci si sente padroni, di una cultura impregnata di storia, che danno il tempo di affezionarsi e verso cui ci si sentirà sempre orfani.   

Quelle immagini dal suo sguardo passano al nostro, grazie alla mostra intitolata “Indiscrezioni” allestita nella prima sala di Fondazione La Rocca a Pescara, curata da Stefano Schirato e visitabile dal 9 novembre al 20 dicembre. L’esposizione si compone di 28 scatti e si divide in due sezioni, una dedicata alla Sicilia di Tornatore, con le immagini scattate dal 1967 al 1977, e l’altra alla Siberia, ritratta dal regista nel 1999 per un progetto culturale di Italgas, dove avrà modo di muoversi nei freddi angoli di Novyj Urengoi, un villaggio nato attorno alle riserve di gas naturale, intriso di quella incoerenza tra lo sviluppo tecnologico e l’ambiente algido. Ma Tornatore anche qui riuscirà ad infrangere il muro dell’impatto, entrando in quelle  case ed in quegli sguardi sferzati dal vento, per nulla smarriti nelle lande ghiacciate. Sono uomini e donne che vagano in spazi senza prospettiva, ma consapevoli di trovare il proprio di spazio dentro le mura calde della loro intimità. E’ l’uomo ospite della natura e padrone della propria.    

Un messaggio muto ma loquace.