Pier Felice degli Uberti

Il 15 ottobre 2024 è venuto a mancare Carlo Emanuele di conti Manfredi (foto di copertina), una figura straordinaria che, in vita, incarnava perfettamente l’ideale di nobiltà a cui tutti dovremmo aspirare, unendo al suo lignaggio secolare una profonda fede cristiana cattolica. Il primo incontro con lui lo ebbi da ragazzo nel lontano 1974 al funerale di Luisa Manzoni Monti, nonna della moglie Clara dei conti Manfredi, legata alla mia famiglia paterna da rapporti di parentela. La sua nobiltà non era semplicemente legata al titolo o all’eredità familiare, ma si manifestava principalmente attraverso il suo impegno quotidiano a vivere secondo i principi del Vangelo. Era profondamente radicato nella fede cattolica, che per lui non era solo un insieme di credenze, ma una guida concreta per ogni azione, una bussola morale che lo orientava nelle scelte di vita.

La sua integrità morale era ispirata dagli insegnamenti cristiani: la verità, la giustizia e il rispetto per la dignità umana erano per lui sacri. Era un uomo di preghiera e di riflessione, che trovava forza e ispirazione nell’Eucaristia e nelle Sacre Scritture, e che cercava di incarnare i valori cristiani in ogni aspetto della sua vita quotidiana. Credeva profondamente nella responsabilità sociale della nobiltà, considerando il proprio status non come un diritto acquisito, ma come un dovere verso la società. In un’epoca in cui i valori sembrano talvolta offuscati, lui era un faro di rettitudine, mostrando a tutti che la vera nobiltà risiede nel carattere, nella cultura e nella dignità con cui ci si comporta, più che nei titoli o nei beni materiali. Era un esempio ed anche un uomo di grande cultura, una mente illuminata e raffinata, che sapeva attingere dalla tradizione senza rimanere ancorato al passato. Guardava al futuro con apertura e saggezza, capace di cogliere il meglio dei tempi moderni senza mai tradire i principi fondamentali della sua educazione e del suo lignaggio.

Amava l’arte, la storia, e possedeva una vasta conoscenza che metteva al servizio di chi lo aveva come amico. Conosceva l’importanza di preservare il passato, ma anche di adattarlo alle esigenze del presente e del futuro, senza mai perdere il senso del vero significato della nobiltà. La sua umanità, la sua compassione per i meno fortunati e il suo impegno per la giustizia sociale erano altrettanto ammirevoli ed uniti saldamente ai suoi principi Cristiani.

Ho constatato varie volte che non si limitava a osservare passivamente le ingiustizie, ma agiva attivamente per contrastarle, spesso lontano dai riflettori, con una discrezione che rifletteva la sua autentica grandezza.

La sua gentilezza e la sua capacità di ascoltare erano qualità che lo rendevano accessibile a tanti, indipendentemente dalla loro posizione sociale, dimostrando che la vera nobiltà non separa, ma unisce.

La sua grandezza si esprimeva nella sua naturalezza, nella sua capacità di mantenere un cuore nobile anche nei momenti di difficoltà.

Anche quando le circostanze non erano favorevoli, rimaneva saldo nei suoi valori, dimostrando che la vera forza della nobiltà non risiede nelle risorse materiali o nel potere, ma nella virtù interiore.

Ecco perché, con il suo esempio, continua a essere per me un faro, un modello senza tempo di ciò che la nobiltà dovrebbe rappresentare oggi: una forza morale, una presenza discreta ma potente, che agisce con saggezza, compassione e rettitudine per il bene comune. La sua memoria è una fonte inesauribile di ispirazione, e il suo modo di vivere la nobiltà mi ricorda che, senza virtù, il titolo nobiliare perde ogni valore, che è poi il motto della mia Famiglia.

Vorrei completare queste mie parole di ricordo aggiungendo dati sulla sua prestigiosa Famiglia, continuando con un sintetico curriculum vitae, e concludendo con appunti sulla sua eccellenza di vita.

Incarnava la figura ideale di nobiltà moderna, che unisce virtù personali, senso di responsabilità e dedizione a un elevato senso del dovere ed uno dei più bei ricordi che conservo risale ad una delle mie conferenze a Palazzo Galli a Piacenza realizzati dalle organizzazioni che presiedo nel 2019, quando nel presentarmi ha esagerato in lodi, ed ha ricordato episodi personali legati alle nostre Famiglie facendomi sentire realmente a casa. Carlo Emanuele e Clara hanno partecipato a tante edizioni dello storico Ballo dei 100 e non più 100 che da sempre si svolge nei saloni dell’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato, fondata nel 1827 anche dagli antenati di lei.

Mi mancheranno immensamente i nostri incontri durante le festività di Tutti i Santi al Cimitero di Frassineto Po dove ci ritrovavamo davanti alle antiche tombe dei comuni parenti, anche se la sua voce calma e pacata risuonerà per sempre nel cuore mio e di Maria Loredana.

Famiglia piacentina originaria di Solaro, alta Val Nure, il cui stipite certo fu Paolino di Lisio vivente nel secolo XVI. La vallata dal secolo XV, era amministrata dalla Magnifica Università di Val Nure, dipendente dal Duca di Milano prima, e poi di Parma e Piacenza dalla metà 500. Ogni villaggio partecipava con un rappresentante, il “Console”, all’amministrazione del comune federale, di cui i Manfredi, detti de’ Oltia e d’Olza (loro proprietà terriera), fecero parte per generazioni. Nel 1540 Paolino d’Olza de Manfredi è citato in una pace, ratificata a Piacenza (in San Francesco), presente il Card. Ennio Filonardi (1466-1549), legato pontificio, tra le consorterie dei Nicelli, la più potente dell’alta valle cui aderiva Paolino, e quella dei Camia, che dominava la media valle. Paolino redige testamento il 22 settembre 1577 (rogito G.G. Boccaccio, in Archivio di Stato di Piacenza) lasciando eredi 5 figli, vincolando i beni a favore dei figli maschi. I discendenti dal figlio Manfredo, nel secolo XVIII si trasferirono a Zaffignano (Ponte dell’Olio), ove rimasero per tutto il ‘700, ricoprendo cariche militari nel “terzo di Valnure”; nel 1821 Domenico (1800-1848), figlio di Bartolomeo, si traferì a Cortemaggiore, dalla moglie Paolina Fogliazzi (1801-1872), appartenente ad una distinta famiglia della Val d’Aveto. Il figlio Giuseppe, nato nel 1828, fu protagonista del movimento risorgimentale del 1859 e il 9 agosto gli fu affidato il governo di Parma e Piacenza col titolo di governatore provvisorio, ed in quel periodo fu Gran Maestro del Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Carlo Emanuele Manfredi presenta Pier Felice degli Uberti, Piacenza, Palazzo Galli, 2019.

Votata poi l’annessione delle due provincie al Piemonte, egli recò a Torino gli atti del plebiscito del 12 settembre, che culminò con l’annessione del Ducato di Parma e Piacenza al Regno di Sardegna, e otto giorni dopo fu nominato ministro dell’Istruzione per le Provincie Parmensi. Seguì poi la carriera giudiziaria sino a procuratore generale della Corte di Cassazione. Dal 1876 nominato Senatore del Regno, nel 1908 ne divenne il Presidente sino alla morte avvenuta il 6 novembre 1918. Ottenne le massime onorificenze del Regno d’Italia, compresa quella di Cavaliere dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Vittorio Emanuele III con Regie Lettere Patenti del 29 ottobre 1911 gli concesse il titolo di Conte (mpr.).

Carlo Emanule e Clara Manfredi al Ballo dei 100 e non più 100 a Casale Monferrato

Dalla moglie Paolina Bertani (1828-1877) nacque Manfredo Emanuele (1859-1927), che fu insigne architetto, progettista di diversi monumenti in Roma, fra i quali il Vittoriano, e ottenne la gran croce dei SS. Maurizio e Lazzaro, fu deputato al Parlamento, e sposò Margherita Lucca Ardizzone (1868-1955) da cui Giuseppe Salvatore, dott. in giurisprudenza e in lettere, che fu grand’ufficiale della Corona d’Italia, commendatore di San Gregorio Magno, e cavaliere poi ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, membro emerito della Deputazione di Storia Patria delle Province Parmensi, pubblicista e pubblico amministratore e sposò nel 1924 Elena Verani (1901-1970), che ebbe una figlia e 3 figli fra cui Carlo Emanuele.

Lo stemma gentilizio dei Conti Manfredi è il seguente: d’oro allo scorpione di nero, saliente, sormontano da tre rose d’argento orlate e screziate di rosso, ordinate in fascia. Motto: Non Sibi Sed Patriae.

Carlo Emanuele Mandredi con Marco Horak

Fu un eminente studioso, un gentiluomo, e un promotore della cultura a 360°, nonché un punto di riferimento in vari settori dello scibile umano. Per comprendere appieno cosa ha rappresentato per la comunità scientifica dei nostri studi presento un suo sintetico curriculum vitae, partendo dagli studi effettuati. Fu dottore in scienze politiche e giurisprudenza, divenne gentiluomo di Sua Santità a seguito della dissoluzione della Guardia nobile pontificia, e fu sino alla morte una delle 2 ultime Guardie nobili superstiti, e si onorava di aver servito in armi tre Pontefici.

sx Guardia nobile in uniforme d’onore

dx Guardia nobile in uniforme di servizio

La Guardia nobile (per esteso Guardia nobile pontificia), nota anche come Guardia d’Onore di Sua Santità, fu una delle unità militari della Santa Sede.

La Guardia nobile venne costituita l’11 maggio 1801 da papa Pio VII come reggimento di cavalleria pesante. Comprendeva l’ex corpo delle lance spezzate (anche così erano chiamati i Cavalieri di Guardia di N. S.), disciolto il 20 febbraio 1798 a seguito dell’occupazione francese di Roma, unito ai cavalleggeri pontifici. Inizialmente questo reggimento doveva servire come scorta personale per il pontefice, nonché per le maggiori cariche ecclesiastiche dello Stato Pontificio inviate per conto del pontefice nelle province dello Stato in missioni particolari.

Uno dei compiti della Guardia era quello di dare l’annunzio di nomina ai nuovi cardinali che abitavano fuori Roma, consegnando lo zucchetto cardinalizio. Il primo militare ad espletare tale funzione fu il marchese Costaguti, che nel settembre del 1801 annunciò a Antonio Felice Zondadari la nomina ad Arcivescovo di Siena. Il marchese Luigi Serlupi d’Ongran portò lo zucchetto cardinalizio al card. Angelo Roncalli poi Papa Giovanni XXIII. Con l’unificazione dell’Italia e la confisca degli stati papali nel 1870 con la presa di Roma, la Guardia nobile rimase in servizio ma mutò la propria natura divenendo un corpo elitario di guardie a piedi.

Carlo Emanuele Manfredi, con il saio e la mozzetta della Congregazione della Beata Vergine del Suffragio (Chiesa di San Giorgino) con i confratelli

Conte Manfredi

Affiancatasi sempre più, per servizio, alla Guardia palatina d’onore e alla Guardia svizzera pontificia, la Guardia nobile venne sostituita da quest’ultimo corpo nelle proprie funzioni per volere di papa Paolo VI il 14 settembre 1970 come parte delle riforme introdotte dal Concilio Vaticano II.

Fu cavaliere dell’Ordine Piano, cavaliere di grazia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, gran croce dell’Ordine di San Lodovico, senatore di gran croce del Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio. Da sempre membro del Corpo della Nobiltà Italiana dove fu vice presidente della Giunta Araldica Centrale, commissioner dell’International Commission for Orders of Chivalry (ordini, decorazioni, medaglie, e sistemi premiali della Casa Ducale di Parma), socio del Collegio Araldico, e direttore della Biblioteca Comunale di Piacenza per 30 anni. Nato a Piacenza il 3 marzo 1940, aveva sposato nel 1967 la dottoressa Clara Monti, cavaliere di 1a classe del Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio e dal loro felicissimo matrimonio discendono: Maria Teresa, dottore in lingue, cavaliere di 1a classe del Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio, nata a Piacenza nel 1968 che sposa nel 1995 il dott. Pietro Calini Ibba; Elena Maria, dottore in giurisprudenza, cavaliere di 1a classe del Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio nata a Piacenza nel 1971 che sposa nel 2001 il dott. Roderick Egli; Costanza, dottore in giurisprudenza, cavaliere di 1a classe del Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio, nata a Piacenza nel 1975, che sposa nel 2012 il dott. Enrico Tognozzi Moreni.

Carlo Emanuele Manfredi con Diego de Vargas Machuca, e Pier Felice degli Uberti al Convegno Internazionale “Imitazioni ed imitatori di Ordini Cavallereschi nella storia e la mancata applicazione degli articoli 7 e 8 della legge 3 marzo 1951 n. 178”, Palermo, 2009

l’architetto Manfredo Emanuele Manfredi (1859-1927), realizzatore della tomba di Vittorio Emanuele II al Pantheon, e tra i progettisti del Vittoriano a Roma

Un’eccellenza di vita

Nel 1960, in occasione del centenario dell’unità d’Italia, curò assieme all’amico piacentino Giovani Cantoni, alcuni scritti anti-risorgimentali del padre gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio, dal titolo La libertà tirannia. Saggi sul liberalismo risorgimentale presso le Edizioni di Restaurazione Spirituale. Appartenne al gruppo di giovani che affiancarono Cantoni quando, con Agostino Sanfratello, fondò Alleanza Cattolica e fu uno dei primi collaboratori della rivista Cristianità, sulle cui pagine rievocò, nel 1974, un episodio di contro-rivoluzione nel ducato di Piacenza.

Studioso di araldica e di storia locale, fu presidente onorario della Deputazione di storia patria per le province parmensi e può essere considerato il continuatore di un altro illustre studioso cattolico quale il conte Emilio Nasalli Rocca (1901-1972), al quale successe come direttore della Biblioteca Comunale Passerini-Landi di Piacenza. Nel 1997 fu tra i soci fondatori di Noblesse et Tradition, l’associazione nobiliare sorta per iniziativa della principessa Elvina Pallavicini e del marchese Luigi Coda Nunziante per opporre al processo rivoluzionario la tradizione monarchica e aristocratica dell’Europa Cristiana. Partecipò ai convegni di Noblesse et Tradition, tra i quali quello svoltosi il 24-25 novembre 2000 a Palazzo Pallavicini, con un intervento dedicato alle Famiglie Reali che, nel corso dei secoli, hanno regnato in Italia prima dell’unificazione politica ad opera di Casa di Savoia. La famiglia Manfredi era sabauda, ma egli si sentì soprattutto legato alla Reale e ducale casa di Parma e Piacenza. Sostenne attivamente la Fondazione Lepanto e Corrispondenza Romana. E per moltissimi anni presidente di Italia Nostra. Fu priore della Congregazione della Beata Vergine del Suffragio, nella chiesa di San Giorgino, dove assisteva regolarmente alla Messa secondo il Rito romano antico, situata proprio di fronte al suo Palazzo, in via Sopramuro.

L’Amministrazione comunale di Piacenza ne ha ricordato il ruolo fondamentale svolto per trent’anni alla guida della Biblioteca Passerini Landi, come hanno sottolineano il sindaco Katia Tarasconi e l’assessore Christian Fiazza, che anche a nome dei colleghi di Giunta e del Consiglio Comunale hanno lasciato ai familiari il messaggio: “ha saputo dare l’impronta della sua grande cultura, dell’amore per la conoscenza, la ricerca e la divulgazione. Tratti che hanno caratterizzato anche il suo costante, prezioso e appassionato impegno in seno alle associazioni che tutelano e promuovono il patrimonio artistico, architettonico e storico del territorio, cui ha dato un contributo determinante”.