Leggere l’ultimo romanzo di Chiara Gamberale, Dimmi di te, è come guardare un film in una sala vuota e senza popcorn: ti ritrovi solo di fronte alla proiezione, senza distrazioni. Questo perché si assiste a una successione di immagini che trascinano, al punto che prendi a domandarti dove finisca la vita della protagonista e inizi la tua. Questo non è attribuibile solo alla cifra stilistica di Gamberale – la capacità di allestire nella mente del lettore una realtà filmica, come accadeva già in Per dieci minuti, che ha ispirato la pellicola di Maria Sole Tognazzi. Se scatta la magia – e la magia, a un certo punto, scatta – è perché questo libro ha qualcosa di importante da comunicare al lettore: qualcosa di vero.
La storia è quella di Chiara, che da quando è nata Bambina ha perso ogni altro interesse. Per la scrittura, per il mondo lì fuori, per sé stessa. Non ha ragioni per disperarsi, ma neanche per essere felice. Quello che sente è di essere finita a marcire in una palude. Però ha quarant’anni, dovrebbe averlo trovato, un ordine nella vita, aver risolto quanto era rimasto (in) sospeso. O forse, in realtà, non è l’età a risolvere le persone, ma la profondità raggiunta nello scavo dentro di sé? Quand’è che di preciso ci si può dire “risolti”?
Le risposte, Chiara va a cercarle nel marasma della vita reale, domandando ad alcuni coetanei che hanno segnato la sua adolescenza: Ma tu, invece? Dimmi di te. Forse sperando che quei suoi idoli virtuosi – da lei definiti «stelle polari» – abbiano nel frattempo reperito le istruzioni per la crescita.
Se il percorso evolutivo di Chiara costituisce il nucleo del romanzo, sono le storie che vi gravitano attorno ad alimentarlo. Ogni personaggio ricostruisce in un flusso di coscienza la strada che lo ha traghettato fino al momento presente. Il filo rosso di ogni intervista è l’autentica curiosità di capire che anima la scrittrice. Capire come si arriva a sentirsi “grandi”, a farsi colonna, a diventare abili nel reggere il peso della propria esistenza.
E veniamo così al cuore della scoperta. Ciò che Chiara apprende dalle esperienze degli altri è che ciascuno è chiamato a rinunciare a qualcosa, per stare al mondo: a una parte di anima depositata in soffitta; al sogno di una vita randagia rimpiazzato dal posto fisso; a un amore importante che non aveva la priorità. Scelte dopo scelte, né giuste né sbagliate, guidate tutte dallo stesso motore: trovare una parvenza di stabilità. Ma ogni stabilità è solida e vacillante allo stesso tempo, e mai universale, perché ciascuno fa quel che può. Con la sua vita, con questa vita.
Ecco il grande messaggio che Gamberale consegna ai suoi lettori. Dietro la proiezione di come vada l’esistenza altrui, c’è sempre una vita reale che sollecita continua negoziazioni. Ognuno è chiamato a risolvere il proprio personale enigma. Né vincitori, né vinti: solo degli esseri umani in viaggio verso di sé. Perché del resto, come diceva qualcuno, ognuno ci sta comunque da solo, sul cuore della terra.
Giulia Tardio