Iintervista di Sebastiano Catte al Prof. Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.

Alla soglia dei 96 anni lo scienziato si dedica ancora con passione alla ricerca e alla divulgazione. L’importanza della prevenzione.

di Sebastiano Catte

 

Nel cuore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri a Milano (nel quartiere della Bovisa), il professor Silvio Garattini, medico oncologo e ricercatore di fama internazionale, continua a percorrere, con passo sicuro, i corridoi della scienza.

L’Istituto che ancora oggi presiede, da lui fondato nel lontano 1961 grazie a un lascito di un facoltoso industriale e filantropo milanese, è diventato nel corso degli anni un faro di ricerca e indipendenza nel panorama internazionale, un luogo dove le idee e l’innovazione si incontrano per migliorare la vita di tutti noi. Non sorprende, dunque, che proprio quest’anno l’Istituto sia stato insignito della prestigiosa Edinburgh Medal, un riconoscimento che sottolinea il suo impatto globale e il ruolo pionieristico che ha avuto nella ricerca farmacologica.

Garattini è ancora l’anima di questo centro di eccellenza, un uomo che coniuga la saggezza del passato con lo slancio di chi non ha mai smesso di lottare per il progresso.

Mentre ci accoglie nel suo studio, circondato da pile di libri e articoli scientifici, si percepisce la forza della sua personalità, quella di un grande maestro che ha attraversato decenni di scoperte e sfide senza mai smarrire la passione per la ricerca. A novembre taglierà il traguardo delle 96 candeline, eppure il suo spirito è giovane, la sua mente lucida, la sua determinazione intatta. Incarna il principio di una vita condotta con equilibrio, dedizione e amore per la conoscenza.

L’Istituto Mario Negri è il frutto della sua visione, un luogo libero da interessi economici o pressioni politiche, dove la ricerca è mossa da un solo obiettivo: il bene dell’uomo. Il riconoscimento internazionale, sancito dalla Edinburgh Medal, conferma il valore di un lavoro portato avanti con tenacia e spirito indipendente che ha cambiato il volto della ricerca farmacologica, apportando contributi fondamentali alla medicina e alla prevenzione.

Nel corso degli anni – ci spiega Garattiniabbiamo cercato di focalizzare la nostra attenzione sull’impiego dei farmaci e su come contrastare il mercato cercando di studiare e di far sapere il più possibile quali sono i limiti della loro azione. Mettendo in grande evidenza il fatto che non esistono farmaci innocui. Tutti i farmaci danno dei benefici ma hanno anche degli effetti collaterali. Pertanto è molto importante stabilire il rapporto tra benefici e rischi.”

Sono numerosi i contributi offerti dall’Istituto alla ricerca in svariati campi della medicina, non basterebbe una giornata per elencarli tutti ma il professore ne cita solo alcuni:

“Mi piace ricordare i notevoli risultati raggiunti nel trattamento dell’infarto cardiaco: sono le nostre ricerche note con il nome di GISSI, condotte con la partecipazione del 90% delle Unità Coronariche Italiane, che hanno permesso per la prima volta di ridurre la mortalità da infarto cardiaco di circa il 40% se si interviene con un farmaco fibrinolitico e del 20% se si è costretti ad attendere più di 4 ore.

Abbiamo in seguito sviluppato molti studi sperimentali sull’arresto cardiaco; tra le ricerche più recenti posso citare lo studio dei farmaci per il contrasto all’Alzheimer, sulla demenza senile: abbiamo stabilito con uno studio realizzato su duemila ottantenni – seguiti per 15 anni – che uno dei principali fattori di rischio per la demenza senile è l’isolamento, la mancanza di rapporti sociali da parte della gente anziana che continua a rimanere esposta agli stimoli che derivano dall’ambiente.

La ricerca è comunque l’attività principale. “Ma per fare ricerca – prosegue – bisogna anche allevare ricercatori. Abbiamo formato circa 7000 persone che sono ora in giro in Italia e non solo, che occupano posti importanti nell’Università e negli ambienti della ricerca scientifica e in prestigiosi organismi internazionali. Diamo attualmente il dottorato di ricerca – autorizzati dal Ministero – e anche il PhD, in collaborazione con la Open University di Londra.”

Oggi Garattini continua instancabilmente a diffondere i principi in cui crede, e proprio in questi giorni sta per uscire il suo nuovo libro, Vivere bene. L’attività fisica: cosa, come, quanto, quando… e perché (Edizioni San Paolo).

Un volume che ci parla dei vantaggi dell’esercizio fisico, dell’importanza di conoscere e rispettare i limiti del proprio corpo. Non è un manuale, ma un invito a ritrovare il contatto con noi stessi attraverso il movimento, a recuperare l’armonia che troppo spesso dimentichiamo nel caos delle nostre vite. “È incentrato – sottolinea – soprattutto sull’importanza dell’esercizio fisico.

E poi sull’attività motoria in rapporto con l’alimentazione e come strumento di buone abitudini di vita. Con tutti i vantaggi quindi che offre per diminuire i fattori di rischio per molte malattie.

È un po’ l’approfondimento di uno dei fattori di rischio, già affrontato nei precedenti libri (a cominciare da quello precedente Prevenzione è rivoluzione, del 2023, edito dal Mulino. N.d.r).

Si calcola che sono necessari dai 150 ai 300 minuti di attività motoria alla settimana. Come attività motoria intendo in primo luogo la camminata: purché sia rapida, in modo che ci sia l’effetto aerobico, che comporta l’aumento del consumo di ossigeno da parte del corpo, che a sua volta reagisce facendo aumentare la respirazione e la frequenza cardiaca.

Questo è quello che è consigliato in linea generale.”

Mentre parla, il suo sguardo riflette la lucidità di chi ha percorso la strada della ricerca senza mai cedere all’inerzia. Viene in mente una frase di Albert Camus:

Il vero generoso verso il futuro è colui che dona tutto al presente”. E Garattini, nel suo agire quotidiano, incarna proprio questa generosità: un impegno costante a migliorare il presente per garantire un futuro più sano a tutti.

Nonostante gli anni, il suo moto perpetuo è di ispirazione per chi lo circonda; è un invito a non arrendersi, a coltivare abitudini sane, a investire in una vita attiva. Perché con la sua presenza discreta e insieme potente, ci mostra che vivere bene è un’arte che si può imparare e perfezionare, che richiede consapevolezza, dedizione e, soprattutto, un’inesauribile curiosità verso il mondo e la vita.

È lui stesso la prova vivente di come la scienza possa guidarci verso una longevità sana, di come lo stile di vita sia il miglior alleato del nostro benessere psicofisico.

Non bisogna poi dimenticare che lo stesso esercizio fisico ha a che vedere anche con le capacità cognitive. “Non c’è dubbio, è un aspetto che in tanti sottovalutano – commenta. Il movimento facilita una congrua irrorazione sanguigna del cervello, comprese le aree adibite alla memoria. Ci sono importanti studi al riguardo che mostrano come l’attività fisica consenta di contrastare la formazione di quelle micro-occlusioni arteriose che causano un deficit di ossigeno nei neuroni”.

L’attività motoria, con la sua semplicità e costanza, è pertanto una delle chiavi più accessibili per raggiungere una longevità sana. La longevità, infatti, non è soltanto un traguardo cronologico, ma una qualità dell’esistenza.

“Le buone abitudini di vita in questa prospettiva contano più di ogni altro aspetto. C’è chi parla di farmaci miracolosi che permetterebbero di rallentare l’invecchiamento ma la ricerca farmacologica deve ancora fare molta strada in questa direzione. E la genetica non deve essere un alibi. Noi oggi sappiamo che attraverso l’epigenetica si può arrivare a variazioni dell’espressione genica senza però alterare la sequenza del DNA.

E sappiamo che le buone abitudini di vita permettono di attenuare e in un certo senso controbilanciare le predisposizioni sfavorevoli e quindi l’azione dei geni negativi, mentre le cattive abitudini di vita le accentuano.

Abbiamo ormai molti dati in supporto a questa tesi.”

Ecco quindi che il concetto di longevità si intreccia a quello della prevenzione. Prevenire significa prendersi cura del proprio corpo giorno dopo giorno, adottando abitudini sane che limitino il rischio di sviluppare quelle malattie croniche – cardiovascolari, diabete, tumori – che accorciano la vita o la rendono più difficile.

Anche perché, quando parla di longevità, Garattini si riferisce sempre a quella “sana” non ai dati grezzi della semplice attesa di vita. “Noi italiani – spiega – andiamo molto fieri del fatto che il nostro paese si colloca ai primissimi posti nella graduatoria riguardante l’aspettativa di vita alla nascita.

Il dato a cui invece dovremmo guardare con maggiore attenzione è invece l’aspettativa di vita sana, la HALE (Healthy Life Years Expectancy), che si riferisce al numero di anni vissuti senza senza la presenza di malattie croniche e invalidanti come tumori, malattie cardiovascolari, diabete, malattie respiratorie o renali croniche che sono anche le principali cause di morte al mondo. E purtroppo, se ci riferiamo alla HALE, scopriamo che l’Italia scende di alcune posizioni in questa classifica.

C’è quindi tanto da fare al riguardo.”

“Prevenzione – ci ricorda ancora Garattiniè scegliere un’alimentazione equilibrata, povera di grassi animali e ricca di vegetali, che fornisce all’organismo tutti i nutrienti di cui ha bisogno senza appesantirlo. Significa adottare un regime alimentare basato sulla restrizione calorica, che – è ampiamente dimostrato – ha il potere di conservare il nostro patrimonio genetico in buone condizioni, contrastando i danni che il nostro DNA accumula nel tempo, e che poi diventano fonti di malattie.

È ridurre gli eccessi, preferire la moderazione, ascoltare il proprio corpo per non sovraccaricarlo. Le buone abitudini di vita quindi aumentano le probabilità di non avere danni. Sia danni ambientali sia danni genetici.”

Tutto questo però richiede una grande opera di sensibilizzazione, a vari livelli, con il coinvolgimento dei medici di base e delle scuole. “Occorre far capire che investire in prevenzione è nell’interesse di tutti ed è necessario per ridurre il mercato della medicina a carico del Servizio sanitario nazionale – afferma. L’obiettivo è quello di intervenire su quelle patologie croniche che sono legate al fumo e in generale a cattive abitudini di vita.

Come il diabete, che solo in Italia riguarda oltre 4 milioni e mezzo di persone e che è in larga misura evitabile. Ricordiamo inoltre che è possibile evitare l’insorgenza di circa il 40% dei tumori, con conseguente risparmio di oltre 3,3 miliardi di euro, corrispondenti a una buona fetta della spesa per la prevenzione del SSN.”

“Oggi – prosegue – vi dovrebbe essere un grande interesse da parte della medicina a sviluppare prevenzione, l’attività principale dei medici di medicina generale, dei medici di base. La prevenzione dovrebbe poi comprendere anche la formazione dei dirigenti del servizio sanitario nazionale. Questa urgenza però si scontra con il fatto che non abbiamo una scuola superiore di sanità dove formare i nostri dirigenti.

Così come non abbiamo l’insegnamento dell’educazione alla salute nella scuola, a vari livelli. Eppure sarebbe sufficiente un’ora la settimana in tutte le classi, dall’asilo nido fino all’università per migliorare molto le conoscenze delle buone abitudini di vita.

Questo ovviamente implica avere a che fare con una classe politica lungimirante e non con una che pensa solo alle prossime elezioni, anche perché si sa che un piano di formazione orientato alla prevenzione potrà produrre effetti significativi negli anni. Tuttavia è anche vero che se non cominciamo non potremmo mai arrivarci e in prospettiva l’alternativa sarebbe la non sostenibilità del servizio nazionale.”

Il discorso sulla prevenzione implica una vera e propria rivoluzione culturale, che richiede una grande opera di divulgazione per diffondere la consapevolezza che la longevità sana non è solo questione di fortuna o di genetica, ma il risultato di scelte quotidiane e di uno stile di vita che abbraccia la cura di sé e del mondo.

E Garattini, con la sua voce ferma e il suo sguardo attento, è il primo a mettersi in gioco in questa battaglia per il cambiamento, dedicando gran parte del suo tempo a spiegare, educare e coinvolgere. È pertanto di fondamentale importanza far passare il concetto che il sacrosanto diritto alla salute dovrà essere accompagnato dal “dovere di mantenerla”.

Perché è evidente che “colui che non adotta buone abitudini di vita sottrae strutture, risorse, interventi diagnostici e terapeutici agli ammalati che non sono invece responsabili dei propri mali.”

Quando l’intervista si avvia alla conclusione per il professore la giornata è ancora lunga. Nel tardo pomeriggio si metterà in viaggio verso Parma, dove è atteso per una conferenza all’Università.

Nonostante i suoi quasi 96 anni, non c’è alcun segno di stanchezza sul suo volto. Il suo lavoro è una missione, e lo interpreta con la dedizione di chi non si risparmia mai quando si tratta di condividere il sapere

. Si muove da un luogo all’altro con la leggerezza di chi sa che ogni momento è prezioso, che il tempo è un bene da impiegare con giudizio. La sua presenza è un richiamo alla responsabilità, un invito a guardare la scienza non come un insieme di formule astratte, ma come un ponte che collega la ricerca alla vita quotidiana, alla possibilità concreta di vivere meglio.

Nell’ultimo scambio di battute il discorso è scivolato sulle cosiddette “Blue Zones”, quei luoghi dove la longevità è la norma e dove la vita si svolge in equilibrio tra natura e comunità.

Ed è quindi inevitabile il riferimento alla Sardegna: “Lì, in particolare in Ogliastra e tra le colline dell’isola, si trova uno dei segreti della lunga vita: una dieta mediterranea semplice e genuina, basata su legumi, cereali integrali, verdure fresche e olio d’oliva.

E poi il senso di appartenenza, i legami sociali che danno serenità, la vicinanza alla natura” afferma Garattini, che non nasconde il legame profondo e d’affetto che ha con questa terra: la Sardegna è il luogo dove da tanti anni ama trascorrere le sue vacanze, in mezzo agli amici di sempre, dove si concede lunghe passeggiate tra il profumo del mirto e il vento che arriva dal mare.

“È anche la Sardegna a ricordarmi l’importanza di uno stile di vita sobrio e vicino alla terra”, aggiunge, con un accenno di sorriso. Per lui, la dieta mediterranea non è solo un insieme di alimenti, ma una vera filosofia: scegliere la semplicità, mangiare con moderazione, rispettare la stagionalità dei prodotti, e soprattutto condividere i pasti con chi si ama.

È questa armonia tra alimentazione, relazioni e natura che fa della Sardegna un simbolo della longevità. “Prevenire significa proprio questo”, sottolinea con tono deciso. “Non è solo una questione individuale, ma di cultura, di comunità, di come scegliamo di vivere.

Quando lo salutiamo ci resta l’immagine di un uomo che ha fatto della scienza la sua strada, ma che conosce il valore della vita semplice e dei legami profondi. Un esempio vivente di come la vera longevità sia il frutto di un equilibrio sottile tra conoscenza, cura di sé e rispetto per il mondo che ci circonda.