di Davide Landi
Serve la carta d’identità degli immobili” La proposta di Fondazione Inarcassa. Bignami: “Uscire dalla logica dei rimborsi”
BOLOGNA – Immobili vetusti e vulnerabili in un Paese ad alto rischio idrogeologico dove terremoti e alluvioni costano alla collettività sei miliardi di euro all’anno. Un problema che affligge la maggior parte dei fabbricati residenziali in Italia e per il quale servirebbe un “grande censimento” per classificare e digitalizzare le informazioni relative alla sicurezza e alla prevenzione.
Per questo la Fondazione Inarcassa, ente collaterale della Cassa di previdenza e assistenza per ingegneri e architetti liberi professionisti, chiede a gran voce l’istituzione di un ‘Fascicolo del fabbricato’ in Italia, una sorta di archivio dove vengono registrate le “carte d’identità delle nostre case”, per avere un quadro completo del loro stato di salute e attuare interventi mirati di prevenzione. L’occasione per parlarne è al Saie di Bologna, dove la Fondazione ha promosso un incontro questa mattina dal titolo ‘Tutelare il patrimonio edilizio italiano. Prevenire le emergenze e programmare gli interventi: il ruolo del fascicolo del fabbricato’ a cui è intervenuto anche il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Galeazzo Bignami.
In Italia, emerge dall’incontro, “oltre il 74% degli immobili italiani, circa 4 milioni di fabbricati residenziali, ha più di 40 anni, dato che sale all’85% per le grandi città, e più o meno il 40% di tutto il costruito nel nostro Paese è stato realizzato prima degli anni Sessanta”. Per questo “dobbiamo avviare un grande censimento degli edifici italiani e digitalizzare le informazioni per la sicurezza e la prevenzione del nostro patrimonio immobiliare”, sostiene il presidente di Fondazione Inarcassa Andrea De Maio, che auspica si renda “progressivamente obbligatorio” lo strumento del fascicolo. Questo perchè, in Italia, il patrimonio immobiliare italiano, per numeri di superficie costruita sopra la media Ue (6,6% contro il 4,2%), è troppo vecchio e troppo esposto, e le case sono anche “spesso troppo grandi, su cui si è intervenuti negli anni in maniera inappropriata”, prosegue De Maio. Su 12,5 milioni di edifici residenziali censiti (dati Cresme), poi, 2 su 10 “sono in pessime condizioni”. Un quadro che restituisce un insieme di fattori “che rende il nostro patrimonio immobiliare estremamente esposto ai rischi ambientali, dagli eventi sismici a quelli idrogeologici”. Solo nel 2023, il nostro Paese è stato colpito da 378 eventi estremi, numero che secondo le stime di Legambiente prevedono per quest’anno un aumento del 22%. Inoltre, benché l’Italia, se paragonata al resto del mondo, abbia un rischio sismico moderato, ad essere elevato è invece il rapporto fra l’energia sprigionata dall’evento sismico e i danni generati. “E questo- spiega De Maio- proprio a causa dello stato in cui si trovano gli immobili e del fatto che siano stati costruiti in assenza di norme sismiche”. Dal punto di vista della struttura portante, infatti, il 56% degli edifici presenti nelle zone identificate in base al rischio da 1 a 3, sono stati realizzati in muratura portante, fortemente vulnerabili al rischio sismico.
È qui che si vedrebbe l’utilità del Fascicolo del fabbricato, “per tutelare il nostro patrimonio, renderlo più sicuro e più efficiente, anche a livello energetico”. L’introduzione della graduale obbligatorietà dello strumento, “migliorerebbe non solo la conoscenza dello stato di salute dei nostri immobili, digitalizzando e rendendo sempre disponibili informazioni come la vulnerabilità sismica, la classe energetica e il piano di manutenzione, ma accelererebbe quel processo di informatizzazione del Catasto, rappresentando allo stesso tempo uno strumento di prevenzione capace di certificare il livello di sicurezza degli edifici e aiutare la programmazione degli interventi necessari”. In questo senso, evidenzia Bignami, emerge un ‘problema manutentivo profondo e bisogna superare la logica del rimborso dei danni e passare a una logica di prevenzione’, citando il caso dell’Emilia-Romagna dopo i danni delle forti piogge di settembre. “L’alluvione del 2024 non ha niente a che fare con quella del 2023, i danni non sono stati causati da lavori che hanno ceduto. Semplicemente e drammaticamente il reticolo dell’Emilia-Romagna è fragile e la Regione non ha fatto quanto necessario”. Per questo, ‘il Governo ha chiesto più volte alla Regione, senza avere risposta, una radiografia di tutto il reticolo idrografico: per programmare interventi puntuali. Ma le opere di sicurezza idraulica non servono se non viene fatta manutenzione e pulizia, come dimostra quanto avvenuto a Boncellino dove i tronchi hanno causato l’alluvione. Non ha senso spendere miliardi per mettere in sicurezza se poi non viene fatta manutenzione”.
All’evento di oggi al Saie hanno partecipato, oltre a De Maio e Bignami, anche Luigi Ferrara, capo del dipartimento Casa Italia della presidenza del Consiglio, e i presidenti provinciali degli ingegneri e degli architetti Andrea Gnudi e Marco Filippucci, seguiti da un intervento dell’esperto assicurativo Fabrizio Mauceri e da una tavola rotonda con i deputati Erica Mazzetti e Arturo Scotto, rispettivamente componenti della commissione Ambiente territorio e lavori pubblici e della commissione Lavoro pubblico e privato, Rossana Zaccaria, presidente Legacoop Abitanti, Giovanni Kisslinger, presidente Consulta interregionale Oice e Riccardo Ciciriello, esperto in Information technology in campo edilizio.
Al problema poi della condizione delle case degli italiani, si aggiunge quello delle assicurazioni. Infatti, è emerso come “solo il 5,3% delle abitazioni sia assicurato”, a fronte di una spesa per fra fronte ai danni prodotti da terremoti e dissesto idrogeologico che costa sei miliardi di euro l’anno. Ma mentre la spesa per riparare i danni degli eventi sismici è rimasta sui livelli storici (2,7 miliardi contro nel periodo 2009-2023 contro 3,1 del passato), per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, la spesa è triplicata passando da una media di 1 miliardo all’anno a 3,3 miliardi.
Nonostante ciò, gli italiani si assicurano poco: la percentuale di abitazioni assicurate contro le calamità naturali, terremoti e alluvioni nel nostro Paese, secondo i dati Ania, è pari al 5,3% del totale. “In questo senso il Fascicolo del fabbricato potrebbe rappresentare uno strumento capace di favorire e semplificare l’accesso ai prodotti assicurativi- riassume Mauceri- nel fascicolo infatti sono reperibili informazioni necessarie per la stipula dei contratti assicurativi. Le informazioni contenute nel fascicolo potrebbero semplificare di molto l’accesso alla copertura assicurativa più idonea consentendo in molti casi di avere anche un risparmio nel costo assicurativo finale. In assenza infatti di informazioni certe le compagnie di assicurazione finiscono per applicare i tassi e le condizioni di mercato peggiori. La presenza di informazioni corrette e certificate permette invece al cittadino di accedere ad una copertura mirata e non standard”.
Durante l’evento, inoltre, sono state analizzate anche le necessità tecnologiche che una simile operazione di censimento del patrimonio immobiliare porterebbe con sé: “La necessità di creare un sistema informatizzato unico per gestire quella che potremmo definire la ‘Carta d’identità elettronica dei fabbricati’, evitando di commettere gli errori del passato”, sottolinea Ciciriello. Per questo serve una “regia- spiega l’esperto- che definisca gli standard e che curi l’analisi funzionale per la creazione di un sistema informatico unico a livello nazionale. Una soluzione prima di tutto in cloud e con logiche di multiaccesso differenziate per aree geografiche aggregate”. Senza dimenticare che a breve l’Italia dovrà adempiere alla direttiva Ue sulle case green. “Questo sistema informatico, se ben fatto, potrebbe servire allo scopo, considerato che il primo passo previsto dalla direttiva è proprio il censimento di tutti gli edifici”, chiosa Ciciriello.
fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it