La maggioranza ha votato scheda bianca e le opposizioni non hanno partecipato al voto. Sarà necessario un nono scrutinio

ROMA – Nuova fumata nera del Parlamento riunito in seduta comune per l’elezione di un giudice della Corte Costituzionale. Nell’ottavo scrutinio nessuno dei candidati ha raggiunto la necessaria maggioranza dei tre quinti dei componenti. La maggioranza ha votato scheda bianca, mentre le opposizioni non hanno partecipato al voto.
Questo l’esito della votazione: 9 voti dispersi, 10 schede nulle e 323 bianche. Sarà dunque necessario un nono scrutinio.

Per eleggere il proprio candidato alla Corte Costituzionale, Francesco Saverio Marini, erano necessari al Centrodestra 363 voti. Dopo il forfait annunciato dai gruppi di Pd&co, la maggioranza ha messo un freno all’elezione e scelto di giocarsi la scheda bianca.

“SCHEDA BIANCA CONTRO LA PROPAGANDA DELLE OPPOSIZIONI”

“Le opposizioni decidono di trasformare perfino l’elezione dei giudici costituzionali in terreno di propaganda politica. Hanno deciso di disertare l’Aula nonostante l’esigenza di sostituire dopo 10 mesi un giudice della Consulta. La maggioranza decide nonostante loro di continuare a rispettare le istituzioni e oggi vota scheda bianca”. Lo dichiarano i capigruppo di Camera e Senato del centrodestra.

 

Niente più suspence così per l’elezione di un giudice della Corte Costituzionale: alle 12,30 è infatti è convocato il Parlamento in seduta comune per affrontare l’ottavo scrutinio per la nomina di un giudice della Consulta, chiamato a sostituire Silvana Sciarra, cessata dal mandato quasi un anno fa. Il candidato -del centrodestra- è Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Anche questa volta la votazione non avrà come esito una “fumata bianca”.

INCOGNITA QUORUM (OVVERO DOVE TROVARE 363 VOTI)

Sul “finale” dell’ottavo scrutinio è pesata l’incognita quorum: per dare l’ok a Marini, sarebbero serviti alla maggioranza 363 voti, ovvero i tre quindi dei 605 parlamentari italiani. I gruppi di opposizione hanno annunciato la loro diserzione poche ore prima del voto. E il centrodestra si è ritrovato in bilico per raggiungere il numero dei “sì” necessari: partiva infatti da 360 voti, quelli dei 355 parlamentari di FdI, Lega, Forza Italia e Noi moderati, a cui si sarebbero dovuti aggiungere i parlamentari del Gruppo Misto e le ultime uscite di Azione. All’appello mancavano comunque diversi voti, incluse le defezioni obbligate (tra impegni istituzionali, problemi di salute etc). Dopo le verifiche sui voti a disposizione, alla maggioranza non è restato che decidere di frenare, per evitare di bruciare il proprio candidato.

L’OPPOSIZIONE UNITA DISERTA LE URNE, SCHLEIN: “NO A FORZATURE”

I gruppi parlamentari del M5s in mattinata hanno annunciato la loro non partecipazione alla votazione per l’elezione di un nuovo giudice della Corte costituzionale. I parlamentari non ritireranno la scheda. Così fonti del M5s. Idem i gruppi parlamentari del Pd. “Davanti a una forzatura della maggioranza noi non parteciperemo a questa forzatura, non parteciperemo al voto”, ha motivato la decisione Elly Schlein a SkyTg24. “Abbiamo appreso dal giornale che la maggioranza andava dritta senza coinvolgerci. Non può esserci da parte di questo governo, di Meloni e della maggioranza un atteggiamento proprietario delle massime istituzioni repubblicane”, aggiunge, spiegando che “ci siamo sentiti e coordinati con le altre opposizioni”.

Si allinea Avs: “E’ un palese tradimento della Carta questo voto ‘pigliatutto’, noi vogliamo denunciare con forza questa ferita alla democrazia e oggi non parteciperemo al voto. Il candidato della presidente Meloni è in aperto conflitto di interessi: il professor Marini dovrebbe farsi da parte se ha davvero a cuore la Costituzione di cui aspira ad essere interprete”. Così la capogruppo di Avs alla Camera, Luana Zanella, in una intervista a La Notizia.

Niente voto anche per i parlamentari di +Europa e Azione. “Aver reso l’elezione di un giudice costituzionale una questione di governo, sia per il metodo che per la scelta del candidato, danneggia le istituzioni in uno dei passaggi più importanti e delicati della dinamica istituzionale. Ecco perché oggi +Europa non parteciperà al voto: Meloni si fermi e consenta l’apertura di un confronto vero tra i gruppi parlamentari”. Lo dice il segretario di +Europa, Riccardo Magi. Infine Azione, in una nota, sottolinea che “lo schema di rapporti tra maggioranza e opposizione così non regge, non c’è mai uno spazio di dialogo. Il fatto che anche su un nome di valore non ci sia alcun lavoro che porti alla condivisione di una proposta, dimostra che così non si può andare avanti”.

Dal governo, il ministro Lollobrigida sottolinea l’importanza del voto parlamentare per adempiere ai doveri costituzionale e prende le distanze dalle scelte dell’opposizione.

LOLLOBRIGIDA: “ACCOLTE LE SOLLECITAZIONI DI MATTARELLA, NON CAPIAMO L’OPPOSIZIONE”

“Sul voto per l’elezione del giudice della Consulta abbiamo accolto le sollecitazioni del Capo dello Stato che sostiene la necessità che il Parlamento si esprima e che porti a compimento un adempimento che gli compete. Non sappiamo quindi perché le forze di minoranza non intendano partecipare al voto. È necessario per la costruzione di un sistema come quello previsto dalla Costituzione”. Lo dice il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida a margine dell’evento per festeggiare gli 80 anni di Coldiretti al Teatro Eliseo di Roma alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’ARTICOLO 135 DELLA COSTITUZIONE

La Costituzione disciplina la Consulta all’articolo 135. I giudici che ne fanno parte sono in tutto 15 e sono nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. Chi ne fa parte? I giudici della Corte costituzionale sono scelti “tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio”. La durata del loro incarico è di 9 anni e non è possibile un mandato successivo.

La Corte stessa elegge tra i suoi componenti il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, nel rispetto dei 9 anni della durata dell’ufficio di giudice. Infine, le incompatibilità: “Il ruolo di giudice della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e “con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge”.

 fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it