L’ultimo femminicidio dimostra i limiti tecnologici e organizzativi dei braccialetti elettronici, con costi elevati e misure inefficaci a proteggere le vittime.

L’ennesima tragedia di femminicidio, come quella della scorsa settimana che ha visto la morte di Roua Nabi, riapre un doloroso dibattito sulla violenza contro le donne e sull’inefficacia dei sistemi di protezione messi in atto dallo Stato. Roua, una giovane madre di Torino, è stata brutalmente uccisa dal suo ex marito nonostante quest’ultimo indossasse un braccialetto elettronico, il cui scopo era impedirgli di avvicinarsi a lei. Questo episodio, purtroppo non isolato, solleva gravi interrogativi sulla reale capacità di questi strumenti di garantire la sicurezza delle vittime.

L’inefficacia dei braccialetti elettronici

Il braccialetto elettronico, concepito come strumento di controllo a distanza per soggetti accusati di violenze, stalking o maltrattamenti, sembra spesso fallire nel suo intento principale: proteggere le vittime. Nel caso di Roua, nonostante l’uomo fosse sottoposto al divieto di avvicinamento, il braccialetto non ha funzionato come previsto, consentendo all’assassino di infrangere il limite di sicurezza e colpire fatalmente la sua ex moglie. Questo non è un caso isolato: numerosi episodi di violenza dimostrano come questi dispositivi siano inefficaci o mal gestiti.

Secondo i dati, solo una piccola percentuale di richieste di braccialetti viene soddisfatta in tempi rapidi, e l’aumento della domanda ha reso difficile il rispetto delle tempistiche di attivazione​. Anche quando vengono utilizzati, questi dispositivi spesso non riescono a prevenire tragedie. Le cause di questi fallimenti sono diverse: problemi tecnici, mancanza di formazione adeguata per le forze dell’ordine, e ritardi nella segnalazione degli allarmi​

Un costo elevato e un sistema inefficiente

Oltre a essere poco efficaci, i braccialetti elettronici rappresentano un costo esorbitante per lo Stato. Ogni dispositivo comporta un costo di gestione giornaliero non indifferente, aggravato dal fatto che molte volte si dimostrano inutili. Inoltre, la scarsità di braccialetti disponibili significa che non tutte le donne a rischio possono beneficiarne tempestivamente, esponendole a ulteriori pericoli. Il recente aumento delle richieste di questi dispositivi ha messo a dura prova il sistema, che non riesce a rispondere alle esigenze​

Il costo umano, però, è ancora più alto. Gli episodi di violenza continuano a crescere, nonostante l’introduzione di nuove misure legislative per rafforzare la protezione delle vittime. La legge n. 168 del 2023 ha introdotto modifiche al codice penale per facilitare l’adozione di misure cautelari, come l’arresto immediato per chi viola il divieto di avvicinamento, ma senza un adeguato supporto tecnologico e una gestione efficiente, queste misure rischiano di essere vane​.

Il femminicidio di Roua Nabi è solo l’ultimo esempio della tragica inefficienza di un sistema che dovrebbe proteggere, ma che spesso fallisce. I braccialetti elettronici, sebbene rappresentino un’idea valida sulla carta, si dimostrano inefficaci nella pratica, soprattutto se non accompagnati da una gestione adeguata e da un’analisi accurata dei rischi. Urge una riforma sostanziale, che vada oltre l’introduzione di nuovi dispositivi, e che punti a una reale protezione delle vittime, garantendo sicurezza e tempestività di intervento.

Rinaldi Barbara