Gentile direttore,

Le invio una riflessione, con preghiera di pubblicazione, in merito alla questione “aborto”, oggetto dell’attività del Comitato “Pro-life insieme”, che riunisce associazioni e gruppi e singoli soci a livello nazionale. www.prolifeinsieme.it

Demografia, è sempre inverno. Nascono pochi bimbi in Italia come in Europa.

Ormai siamo abituati alle cattive notizie sul fronte demografico, o meglio sui numeri relativi alle nuove nascite. Anche l’ultimo raffronto semestrale del nostro ente statistico nazionale (ISTAT- https://www.istat.it/tag/natalita-e-fecondita/) ci certifica una diminuzione dell’1,4% nei primi sei mesi dell’anno corrente rispetto allo steso periodo dello scorso anno. Possono sembrare piccoli numeri, ma questi decrementi si vanno accumulando di anno in anno e i numeri non mentono. Solo 174 mila nuovi nati, che potrebbero diventare, secondo la proiezione statistica, 374 mila per fine anno, sempre 5mila meno che nel 2023.

Se pensiamo che nel 1964, anno record, nacquero 1 milione di bambini, il raffronto è disarmante. In Europa va di poco meglio: se da noi siamo a circa 1,2 figli per donna, la media europea si attesta su poco più di 1,4, con il primo figlio che nasce verso i 30 anni di età.

Denatalità come problema economico e sociale

Una situazione del genere rappresenta un problema su più fronti e sembra che finalmente anche a livello politico lo si consideri una priorità. Certamente è un problema economico e sociale allo stesso tempo, sotto molteplici aspetti. Si pensi che il milione di nati 60 anni fa e i sempre numerosi degli anni immediatamente precedenti e successivi, son quelli che hanno cominciato a godere dei benefici della pensione o lo faranno a breve. Come fare a mantenere in ordine i conti del sistema previdenziale se i giovani che devono “nutrirlo” sono sempre meno? Anche il mondo del lavoro ne risente, con una forza attiva solo parzialmente compensata dall’immigrazione. Insieme un problema quantitativo, ma anche di disallineamento tra competenze professionali richieste e possibilità di soddisfare.

Per altro i fenomeni demografici sono tali da avere un impatto a lungo termine, per cui già adesso stiamo affrontando una situazione che nasce molti anni orsono e anche nell’ipotesi l’andamento smettesse di diminuire, ne potremmo vedere i benefici solo dopo molti anni.

Possibili soluzioni al problema demografico

Certamente qualche cosa si può fare dal punto di vista economico e della messa a disposizione di servizi adeguati all’infanzia, pensiamo solo all’importanza degli asili nido.

Il governo ha a disposizione la possibilità di agire tramite il fisco e tramite incentivi diretti.

Oltre a questi ultimi, i cosiddetti “bonus”, una modalità di intervento è quella di variare l’imposizione fiscale sulla base della composizione del nucleo familiare. In pratica “meno tasse per chi ha più figli”, come anticipato nelle intenzioni del Ministro dell’Economia Giorgetti. Partendo dal concetto che quanto speso per crescere i figli non è pura “spesa” ma un investimento sul futuro, a costruire non un capitale finanziario ma, in primo luogo, un capitale umano. Una discriminazione positiva, se è vero che un solo figlio è parte del problema, ma due sono parte della soluzione.

Certamente si può fare molto anche nel campo del lavoro, sul fronte della conciliazione tra tempo del lavoro e tempo per i figli, a partire da quanto può favorire la maternità. Senza dimenticare che quanto significa incertezza, sempre sul fronte del lavoro, come bassi salari, costi abitativi e precarietà non aiuta all’idea di ampliare la famiglia.

Tutto ciò richiede risorse che non è certo facile reperire, ma non illudiamoci che i pur utili interventi economici siano sufficienti. Se le condizioni di vita oggi sono certamente migliori di sessant’anni fa, forse il problema è anche, se non soprattutto, di cultura, cioè di mentalità e di visione della vita.

Anche la speranza, ultima risorsa, forse è venuta meno

Forse è andata persa la speranza, uccisa dall’egoismo e da una vita vissuta al momento, senza la prospettiva che ognuno debba fare la sua parte per bene comune, che non esclude il proprio. E forse nell’illusione che una non confessata solitudine si possa riempire con un animale domestico e non con un figlio.

Dott. Gabriele Fontana

per Pro-life insieme