Terzo libro del nostro Italo già presente nella soffitta dei libri.

E’ un romanzo-confessione di Zeno Cosini.

Una narrazione in prima persona, che affronta snodi fondamentali della biografia del protagonista, dalla morte del padre, al vizio del fumo, la rivalità con il cognato, il rapporto con la moglie e con l’amante.

Non segue, dunque, un ordine cronologico quanto un ordine dettato dai rapporti logici e analogici tra gli episodi che affiorano nella memoria.

La prefazione del libro introduce quella che critici letterari definiscono una finzione letteraria ben congegnata.

Sono poche righe firmate dal dottor S., lo psico-analista che ha in cura Zeno, il quale espone l’origine del libro.

A causa dell’ingiustificata interruzione della terapia da parte di Zeno, proprio nel momento in cui essa stava dando i suoi frutti, il dottore, profondamente ferito nel suo orgoglio professionale, decide di vendicarsi del paziente, pubblicando quelle memorie che lui stesso aveva consigliato a Zeno di scrivere come parte integrante della cura.

Tali memorie, in cui Zeno ha accumulate menzogne e verità, non sono altro che i capitoli successivi del libro.

È chiaro che questa finzione letteraria è anche una polemica contro la psicoanalisi, una forma di terapia che proprio in quegli anni iniziava velocemente ad affermarsi, soprattutto nell’Impero Austro-Ungarico, di cui Trieste faceva parte.

L’iniziale S sarebbe interpretabile come la prima lettera del nome del padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, anch’egli un austriaco viennese, ma potrebbe anche riferirsi all’autore stesso.

La coscienza di Zeno”, tratto dal capolavoro omonimo di Italo Svevo, è un film Rai del 1988 con protagonisti Johnny Dorelli (nel ruolo di Zeno Cosini) Ottavia Piccolo (Augusta Malfenti Cosini) ed Eleonora Brigliadori (Ada Malfenti Speier).

Qui il popolare cantante attore ha appena compiuto 50 anni ( è del 1937) ed è la seconda delle miniserie tv che farà fino al 1994.

La coscienza di Zeno è anche il titolo di uno sceneggiato televisivo in tre puntate andato in onda sul Secondo Programma RAI dal 16 al 30 marzo 1966.

Ha la firma del grande Daniele D’Anza e del critico e drammaturgo Tullio Kezich, mentre la regia fu di Ivo Chiesa e Luigi Squarzina.

Il cast era costituito da ottimi attori di formazione teatrale: bravissimo Alberto Lionello, nel ruolo del protagonista ed eccellenti i comprimari da Ferruccio De Ceresa, a Pina Cei e Paola Mannoni.

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