di Rita Mascialino
Pare che il rapporto tra figli, specialmente maschi, e il padre sia non di rado problematico. Celeberrimo è il caso di Franz Kafka con il padre Hermann, ma è anche il caso, tra i molti altri, di Karl Marx con il padre Heinrich, sebbene non così famoso come l’altro e non per gli stessi motivi. La personalità dei figli maschi, spesso, porta le tracce del rapporto con il padre quale modello nella loro crescita o autorità da abbattere. È forse interessante pertanto conoscere per alcuni aspetti fondamentali il rapporto di Karl Marx verso il padre e viceversa. Quanto alle informazioni sulla biografia di Marx, di cui in questi cenni, è stata presa in considerazione una delle Rowohlts Monographien (Hrsg. Kurt Kusenberg) a firma dello studioso Werner Blumenberg, membro attivo del Partito Socialista Tedesco SPD che fuggì ad Amsterdam nel 1936 per non finire nelle maglie della Gestapo e mai più fece ritorno in Germania, anche potendolo ormai fare dopo la sconfitta dei nazisti.
Si tratta della Casa Editrice ‘Rowohlt Taschenbuch Verlag GmbH’ (Reinbek bei Hamburg) molto affidabile, così come affidabili sono le informazioni di Blumenberg solo e sempre documentatissime, nulla di inventato o di giudizio soggettivo, bensì tutto sulla base di oggettiva documentazione e necessari chiarimenti altrettanto oggettivi in riferimento alla documentazione.
Heinrich Marx e la moglie Henriette Pressburg, all’epoca Preßburg nella grafia, entrambi figli di rabbini e nipoti di generazioni di rabbini, avevano viziato il figlio entrambi, più il padre che la madre addirittura, il quale si aspettava da questo grandi cose, come le ebbe in effetti, ma senza poterle vivere in persona in quanto, malato di tubercolosi, morì già nel ’38, quando Karl aveva vent’anni. Marx visse il periodo della sua giovinezza negli agi ed era per così dire persona che amava spendere – e fare debiti che il padre pagò sempre senza fare obiezioni, anche se eccedenti le cifre elargite già molto cospicue. Il padre agevolò il figlio molto liberalmente in tutti i suoi, numerosi, cambiamenti di mete relativamente al che cosa fare da grande. Pare che Marx volesse fare tra l’altro anche e soprattutto il poeta, mentre il padre aveva considerato mediocri le sue poesie da Poetlein, poetucolo – giudizio condivisibile persino tenendo conto dell’età giovanile di Marx –, e, pur non ostacolandolo, gli aveva fatto presente che stava perdendo tempo in un settore che lo avrebbe visto in una posizione solo di second’ordine se non mediocre a fronte delle ambizioni nutrite da Marx.
Da sottolineare: mai il padre lo costrinse a un settore di studi piuttosto che a un altro, sicuramente avrebbe preferito che il figlio studiasse Diritto dove lui avrebbe potuto aiutarlo nella carriera essendo avvocato con titolo onorifico di Justizrat, ma non impose mai niente, lasciandogli piena libertà di scelta per il suo futuro e sopportando tutti i cambiamenti di idea in merito. Tuttavia, visto che Marx non faceva grandi progressi negli studi, il padre a un certo punto gli fece presente che non era d’accordo con il fatto che Karl facesse per così dire la vita del gaudente e del perdigiorno senza preoccuparsi minimamente degli studi e del denaro che continuava a spendere a mani larghe. Al proposito si legge in una lettera che il padre scrisse al figlio pochi mesi prima di morire di malattia epatica e tubercolosi (Blumenberg: 38, ortografia originale ottocentesca):
“(…) verfügt der Herrn Sohn in einem Jahre für beinahe 700 Taler gegen alle Abrede, gegen alle Gebräuche, während die Reichsten keine 500 ausgeben (…)”
“(…) il signor figlio dispone in un anno di pressappoco 700 talleri contro ogni accordo, contro ogni uso comune, mentre i più ricchi non ne spendono neanche 500 (…)”
In una ulteriore lettera il padre scrive (Blumenberg: 38):
“(…) Über jede einzelne Klage mich wieder in Abhandlungen einzulassen, dazu bin ich jetzt am wenigsten fähig (…) und dazu bin ich zu alt (…) Da hast Du sehr klugerweise gut gefunden, ein vornehmes Schweigen zu beobachten (…) und ich leugne nicht, daß ich mir zuweilen Vorwürfe mache, allzu schwach Dir den Zügel gelassen zu haben. So sind wir jetzt im vierten Monat des Justizjahrs, und schon hast Du 280 Taler gezogen. So viel habe ich diesen Winter noch nicht verdient. (…)”
“(…) Di imbarcarmi di nuovo in discussioni su ogni singola lamentela, sono meno di tutto capace adesso (…) e per questo sono anche troppo vecchio (…) Tu hai trovato molto furbescamente buona cosa osservare un silenzio distinto (…) e io non nego di rimproverarmi talora di averti lasciato troppo debolmente le redini. Così adesso siamo nel quarto mese dell’anno giudiziario e tu hai già prelevato 280 talleri. Così tanto quest’inverno non ho ancora guadagnato (…)”
Il padre continua dicendo inoltre al figlio che non è vero che gli misconosca le qualità che possiede, ma che non per questo sia cieco e che, se depone le armi, è solo per stanchezza. Forse si potevano avere sentimenti di umanità per un tale padre che ha amato e agevolato in tutto il figlio perché potesse realizzarsi nel modo più dignitoso e più grande come voleva, un padre per altro che stesse per morire. Senz’altro non nutrì sentimenti affettuosi e comprensivi Karl Marx. In altri termini: per quanti difetti potesse avere il padre – e non ne aveva tanti a quanto pare – un minimo di riconoscenza un figlio la poteva avere. Certo, il padre lo aveva troppo agevolato, mantenendolo nel lusso senza che facesse niente per guadagnarsi in qualche modo il lusso che pretendeva. Ma anche verso la madre Marx si esprime in una lettera di risposta a Rüge che gli aveva offerto la collaborazione remunerata agli Annali Franco-Tedeschi, Die Deutsch-Französischen Jahrbücher pubblicati a Parigi (Blumenberg: 50):
“(..) Ich bin, wie ich Ihnen schon einmal geschrieben, mit meiner Familie zerfallen und habe, solange meine Mutter lebt, kein Recht auf mein Vermögen (…)”
“(…) Sono, come Le ho già scritto una volta, in rotta con la mia famiglia e non ho nessun diritto, finché vive mia madre, al mio patrimonio (…)”
A parte il fatto che non era in rotta con la famiglia, ciò che sembrerebbe da attribuire a un cattivo rapporto dei genitori verso di lui mentre non era così, mi pare degna di nota l’espressione ‘mio patrimonio’ di cui parla Marx come appunto del proprio. Il fatto rilevante è che tale patrimonio non era il suo, ma era di suo padre che se lo era guadagnato con il suo lavoro, patrimonio cui aveva contribuito la madre sacrificando con amore per il marito e per i molti figli tante belle cose per sé, in particolare per Marx che scialacquava senza nessuno scrupolo i denari non guadagnati con un proprio lavoro o sacrificio o almeno con la serietà negli studi, ossia sfruttando i genitori oltre il possibile come più sopra evidenziato dal padre.
La madre, donna non colta ma dotata di senso del reale e ottima moglie e madre di famiglia, gli scrisse a proposito della famiglia che Marx stava per fondare con Jenny von Westphalen, ciò che già il padre aveva espresso con somma preoccupazione al figlio dicendogli che non aveva neanche il minimo senso di responsabilità necessario per formare una famiglia propria. Gli scrive la madre con molta chiarezza (Blumenberg: 39):
“(…) nie wirst Du die Moralischen opfer für Deine Familie bringen, welche wir alle für Dir gebracht (…)”
“(…) mai farai i sacrifici morali per la tua famiglia che noi tutti abbiamo fatto per te (…)”
Ciò nonostante Henriette Preßburg Marx continuò a dargli dopo la morte del marito fino alla propria morte i denari che poteva dargli dietro le richieste incessanti del figlio, mentre il figlio, che chiedeva soldi anche agli amici, continuava a diffamarla calunniandola – diceva a tutti che la madre, contrariamente al vero, era avara e che lo lasciava nell’indigenza senza aiutarlo.
Ben presto Marx divenne insopportabile a Rüge stesso che ebbe a dire in una lettera indirizzata a Ludwig Feuerbach che senz’altro Marx leggeva molto ed era interessato a ciò che leggeva, ma che non portava a termine niente e che doveva impegnarsi molto di più anche solo per scrivere articoli di giornale, perché quelli che scriveva non erano chiari e scorrevoli come dovevano essere (Blumenberg: 53). In altri termini: il giudizio del padre veniva a essere il medesimo di Rüge sulla base dei fatti agìti da Marx.
Così, osservando i tratti, di cui sopra qualche cenno tra i molti riferimenti possibili riguardanti il rapporto tra Marx e i genitori, si deve senz’altro dare ragione al padre quando si rimproverava giustamente di avergli lasciato troppa libertà – o di averlo viziato, ritengo. Coerentemente all’assunto di questa breve riflessione, non si può in ogni caso non vedere anche dai brevi cenni come mancasse a Marx qualsiasi sentimento di affetto e riconoscenza per genitori che tanto lo avevano amato e sostenuto con i loro consigli positivi e i tanti denari – non mi occupo qui di altri frangenti. Neanche la malattia grave, che portò a morire il padre, gli mosse mai il cuore, solo il denaro del padre lo interessava e poi anche quello della madre, a causa della quale non aveva secondo la sua opinione, poiché essa ancora non era morta, alcun diritto sul patrimonio paterno e materno che considerava, indebitamente, suo proprio non rispettando l’originario diritto del padre e della madre su ciò che era di loro pertinenza perché da essi guadagnato con il proprio lavoro.
Rita Mascialino
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