Artigiano, cembalaro innovatore, inventore del pianoforte

Bartolomeo Cristofori nasce a Padova il 4 maggio del 1655, da Francesco e Laura. È il primo di tre figli: dopo di lui, il fratello Pietro Filippo e la sorella Elisabetta.
La famiglia Cristofori (o Cristofani, come, forse, si chiamava il capostipite Antonio) è originaria di Grantorto, in provincia di Padova. Lì, pur essendosi spostata in città, ha ancora dei possedimenti. L’abitazione cittadina è contigua ai palazzi dei conti Papafava di cui il padre è Gastaldo (amministratore dei beni) e la madre governante.
I Papafava, ramo dei Carraresi, Signori di Padova, sono una delle famiglie più in vista, al centro della vita economica e culturale della città. Il legame con i Cristofori è molto forte, tanto che Francesco è testimone di nozze di Laura Papafava con Antonio da Perego. Inoltre, la signora Lina Pani, a servizio della stessa nobildonna, viene scelta come madrina di Battesimo di Bartolomeo, insieme al signor Camillo Chinoni.
Il Certificato di Battesimo, datato 6 maggio 1655, è custodito nei registri della Chiesa dedicata a S. Luca Evangelista, sita nell’attuale via XX Settembre. A memoria dell’evento è stata apposta una targa.

Poco si conosce della sua infanzia e del periodo padovano
La documentazione relativa alla sua vita ed alla sua attività in Veneto è andata persa o distrutta. Cembalaro di professione, nutre di una grande notorietà. Ed è proprio grazie a questa notorietà che Bartolomeo si troverà al servizio dei Medici, Signori di Toscana, più avanti nel tempo.

Ma andiamo con ordine.

Come detto in precedenza, non ci sono carte che testimonino chi sia stato il suo maestro, e in quale bottega abbia iniziato a lavorare. Né si sa se e dove avesse il suo laboratorio. Si pensa che, forse, avesse clienti privati.
L’unica cosa certa è che comincia fin da giovane. Il mestiere gli piace e, facendolo con passione, fatica poco a costruirsi una buona reputazione. Giovane e bravo artigiano, realizza strumenti molto apprezzati.

 

La svolta nella sua vita e l’incontro con il mecenate toscano

È il 1688 quando il principe Ferdinando de’Medici, grande mecenate ed umanista, si trova a passare per il Veneto, durante uno dei suoi viaggi nell’Italia settentrionale. Ferdinando, figlio dell’allora granduca di Toscana Cosimo III, è grande amatore degli strumenti musicali ed è anche un esperto clavicembalista.

Ferdinando II de’ Medici

La sua tappa principale è, in realtà, Venezia dove si svolge il carnevale. A Padova, quasi sicuramente, si ferma solo un giorno e partecipa alla Messa al Santo.
Probabilmente, sono gli stessi Papafava a dare appoggio al Cristofori ed a suggerirlo al principe come cembalaro di corte. Antonio Boncioni, l’unico artigiano accreditato fino ad all’ora alla corte de’ Medici, era deceduto poco prima ed ancora non era stato trovato un suo degno sostituto.
A Firenze Bartolomeo frequenta una delle numerose officine medicee, nei pressi degli Uffizi. In questi luoghi rimane fino alla fine della sua vita, prima in canto degli Alberti, nel popolo di San Remigio, e poi nel popolo di San Jacopo tra i Fossi.

Uno dei rari ritratti è stato realizzato proprio nel periodo fiorentino. Appartiene alla scuola fiorentina, è datato 1726, e l’autore è ignoto. Scoperto nel 1934 dallo Schunemann è poi stato acquistato dal Museo di strumenti musicali di Berlino. Probabilmente andato distrutto durante la guerra, ne rimangono solo poche riproduzioni.
Il Cristofori compare ritratto in piedi vicino a uno strumento a tastiera. Tiene in mano un foglio in cui si nota lo schema della meccanica a martello e si legge la scritta “Bartholomaeus Cristof” mentre sullo sfondo, attraverso una finestra, si intravede la città di Firenze.

È tuttora documentata la sua attività di progettista e costruttore di strumenti venduti in località Pitti e Pratolino. Esistono anche ricevute di altri strumenti costruiti dal Cristofori, quali una spinetta, un cembalo di cipresso, un organo e anche un contrabbasso che si può vedere ancora oggi, nel museo Cherubini di Firenze, a testimonianza della sua attività anche di liutaio.

Il Cristofori assume una posizione speciale rispetto a tutti gli altri dipendenti: gli viene concesso uno stipendio e, ogni volta che costruisce o restaura uno strumento per la corte, riceve un compenso. Non solo. In una nota datata 6 maggio 1688, si legge che la corte gli fornisce anche lenzuola, coperte, cuscini, tovaglioli, posate (tre per ogni tipo), candelabri e tutti gli utensili necessari in casa.
A Firenze, poi, presso i laboratori dei de’ Medici, probabilmente situati allora all’interno della Galleria degli Uffizi, ha a disposizione alcuni tra i migliori artigiani dell’epoca, tra cui bravissimi ebanisti e falegnami.

La sua propensione mentale a progettare diversi strumenti senza avere particolari problemi viene notata dal suo mecenate, il principe Ferdinando, il quale lo incoraggia fortemente a studiare la possibilità di creare un nuovo strumento apportando alcune sostanziali modifiche alla meccanica del clavicembalo, trasformandolo da uno strumento a corde pizzicate ad uno strumento con corde percosse.
Questa avventura comincia nel 1698 (due anni prima del Giubileo del 1700).
Gli storici dell’epoca hanno lasciato varie testimonianze della sua attività.
Il Mannucci scrive che “nell’inventario di strumenti del Cristofori è riportata, per la prima volta, l’esistenza di uno strumento dallo stesso progettato e definito un Arpicimbalo che fa il piano e il forte”, cioè il primo pianoforte.
Scipione Maffei nel 1711 pubblica un articolo nel Giornale dei letterati d’Italia in cui fa riferimento ad altri tre esemplari di “Gravecembalo col piano e forte”. Maffei non si limita alla mera descrizione, seppur molto accurata, del nuovo strumento, ma ne evidenzia anche un disegno–schema della meccanica, dopo averla esaminata attentamente nel 1709 in occasione di un suo viaggio a Firenze, in cui ebbe modo di studiare il prototipo.

Qualche problema arriva con la morte del grande mecenate, Ferdinando, deceduto nel 1713. Bartolomeo Cristofori rimane, tuttavia, alla corte medicea come Strumentaio: non si ritira dall’attività un tempo supportata dal principe, ma continua a lavorare intensamente.
Del resto, la sua fama ha già raggiunto grandi corti europee, Cardinali e tanti personaggi influenti dell’epoca, dato che i Medici oltre a commissionare gli strumenti per loro, ne regalano molti altri.

Gli ultimi strumenti

Vari sono i rimaneggiamenti eseguiti sulla meccanica nel tempo e, ad oggi, i tre strumenti che ci sono rimasti, creati nel 1720, nel 1722 e nel 1726, sono molto diversi dai primi.
I primi esemplari, infatti, non mancano di difetti, successivamente sistemati nei modelli posteriori, come le corde passanti al di sotto del pancone, con conseguente difficoltà nell’applicarle e la mancanza di un accorgimento per frenare e regolare la ricaduta del martello.
Una bellissima frase quella del clavicembalista fiorentino Giovanni Maria Casini che riconosce “render su gli strumenti il parlar del cuore, ora con delicato tocco d’angelo, ora con violenta irruzione di passioni”.

Lo strumento nato nel 1720, lo si trova ora al Metropolitan Museum di New York (donato da Mrs. J. Crosby Brown)
Questo modello risolve vari problemi. Infatti, oltre ad aver capovolto il funzionamento degli smorzi, che agiscono dall’alto in basso rispetto alla corda, la vera innovazione è costituita dalle corde passanti al di sopra del pancone, per la presenza di un para-martello per frenare la ricaduta e di un para-linguetta per regolare la ricaduta dello spingitore.
I nuovi strumenti, inoltre, sono dotati di un congegno a mano, che sarebbe stato poi all’origine del pedale sinistro dei pianoforti moderni.

Pianoforte-1720

Questo dispositivo è presente nello strumento di Roma del 1722 e in quello di Lipsia del 1726, grazie al quale uno dei due blocchetti di legno ai lati della tastiera, dotati di un pirolo ciascuno e precisamente il sinistro, è estraibile; una volta estratto, facendo leva sul blocchetto di destra, la tastiera e tutta la martelliera scorrono di circa mezzo centimetro verso sinistra, permettendo così ai martelli di percuotere una sola delle due corde unisone di cui è dotato lo strumento per ogni nota, in modo tale da ottenere una sonorità smorzata: il cosiddetto effetto ”una corda” assai spesso indicato nella letteratura pianistica fin dai primi dell’800.

 

Il pianoforte costruito nel 1722 appartenne al famosissimo compositore veneziano Benedetto Marcello (a cui è dedicato il conservatorio di Venezia, nda),
Da lui al fratello Alessandro, che lo lascia in eredità alla contessa Lucia Cittadella Rapti, per poi pervenire ai conti padovani Giusti del Giardino. Ora è conservato nel Museo degli strumenti musicali di Roma.

Pianoforte 1722

 

L’esemplare costruito nel 1726 entra a far parte della collezione fiorentina del barone Kraus e di suo figlio Alessandro
Esposto assieme a quello del 1720 all’EXPO di Parigi del 1878, ora è conservato a Lipsia, dove si può ammirare la più grande collezione al mondo degli strumenti di Cristofori.

I tre strumenti sono firmati “Bartholomaeus de’ Christophoris Patavinus inventor faciebat Florentiae…” a cui segue la data a numeri romani.

Ed è immensa e di gran pregio l’eredità che riesce a lasciare: ben 173 strumenti diversi, tutti catalogati, dal 1700 al 1732.
Bartolomeo Cristofori muore a Firenze il 27 gennaio del 1732 nel territorio parrocchiale della chiesa di San Jacopo tra i Fossi, successivamente abbattuta nel 1847, dove viene redatto l’atto di morte; viene, poi, sepolto a Santa Croce.
In realtà nel certificato si legge la data 1731 perché si sono riferiti al calendario fiorentino, in uso fino al 1750 circa.
Bartolomeo Cristofori al giorno d’oggi è poco ricordato, e non sono molte le manifestazioni a lui dedicate. Eppure, l’invenzione del pianoforte ha rivoluzionato e cambiato il corso della storia della musica ed è ritenuta geniale.
Così come rivoluzionario è stato il suo pensiero. Infatti, l’eredità economica, cospicua, visti anche i possedimenti terrieri, fu interamente lasciata alla nipote Laura, figlia della sorella Elisabetta, con la precisa volontà scritta che fosse tramandata solo alle figlie femmine. Cassandra e Lodovico Papafava furono nominati esecutori testamentari.

NOTE
Questo articolo è frutto di una approfondita ricerca e, soprattutto, della collaborazione con l’Associazione Bartolomeo Cristofori – Amici del Conservatorio che ogni anno da vita, nel mese di settembre al Festival Pianistico Internazionale Bartolomeo Cristofori

Ringrazio, in particolar modo, il Dott. Gian Paolo Pinton, Presidente dell’Associazione, il Maestro Nicola Guerini, vicepresidente vicario, il capo ufficio stampa Dr. Fabio Velo Dalbrenta e il direttore artistico il Maestro Alessandro Tommasi.
Ho chiesto loro perché la figura di Cristofori sia così poco ricordata e menzionata.
Dr. Pinton: Sicuramente Bartolomeo è stato vittima della così detta Damnatio memoriae. A mio parere per l’epoca è stato un innovatore straordinario e geniale inventando lo strumento più amato al mondo. Di lui si sa poco, anzi pochissimo.

M° Alessandro Tommasi: La poca valorizzazione di Cristofori è un discorso complesso: ben noto in vita, il pianoforte (non fortepiano) circolò in diverse corti europee, ma lo strumento dovette attendere diversi decenni per affermarsi stabilmente, essendo inizialmente poco più che una pregevole rarità. Cosa interessante, non si diffuse in Italia. Lo strumento di Cristofori è all’origine dei primi esemplari di pianoforti tedeschi e la storia del pianoforte è una storia europea. La stessa paternità di Cristofori del pianoforte fu scoperta e definitivamente affermata solo nel pieno dell’800 e poi confermata nel 900, grazie al lavoro di ricerca di studiosi ed esperti. Sicuramente non aiuta il fatto che, diversamente da violini e violoncelli, i pianoforti antichi non migliorano coi secoli, ma anzi, diventano di fatto inutilizzabili; quindi, la maggior parte degli strumenti di Cristofori sono di fatto andati perduti. Aggiungo che Cristofori era cembalaro e ha realizzato pianoforti, clavicembali, spinette e qualche organo di piccole dimensioni. Sono invece quasi sicuramente falsi i contrabbassi e in generale gli strumenti ad arco, probabilmente attribuzioni successive!

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