di Davide Romano, giornalista
L’elogio della stupidità, signori, è un’impresa che richiede coraggio, e non poco. In un’epoca in cui la saggezza è tanto celebrata e la conoscenza osannata, si rischia di passare per provocatori o, peggio ancora, per pazzi. Ma, come ci ricorda l’amico Voltaire, “È difficile liberare gli sciocchi dalle catene che venerano.” E dunque, armati di una buona dose di ironia e di una certa dose di sana imprudenza, mi accingo a tessere lodi di ciò che tanto spesso viene disprezzato.
Innanzitutto, la stupidità è democratica. È forse la più equamente distribuita tra i beni umani. Non richiede né patrimonio né cultura, né lignaggio né istruzione. È accessibile a tutti, dal nobile al mendicante, dal dottore al contadino. Nessuna barriera di classe, di razza o di religione può contenerla. È, se vogliamo, la forma più pura di uguaglianza. Come osservava Charles Darwin, “L’ignoranza genera più frequentemente fiducia che non la conoscenza.”
La stupidità, lungi dall’essere un difetto, è una forza motrice. Non è forse vero che la storia umana è disseminata di esempi in cui la cieca ostinazione ha portato al progresso? “Perché fermarsi a riflettere quando l’azione ci invita?” sembra sussurrare la stupidità, spingendo l’uomo verso l’ignoto con la baldanza di chi non sa di cosa dovrebbe aver paura. E spesso, è proprio in questo ignorare il rischio che si scoprono nuovi mondi.
Ma la stupidità ha un altro grande pregio: la semplicità. In un mondo complesso e sovraccarico di informazioni, la stupidità offre un rifugio sicuro. È un ritorno all’essenziale, una boccata d’aria fresca nel caos dell’intellettualismo. Blaise Pascal ci avverte che “La maggior parte dei problemi derivano dal fatto che non possiamo stare seduti tranquilli in una stanza.” Ebbene, la stupidità è la madre della tranquillità, la chiave per una vita serena e senza troppi pensieri.
E come non ricordare il caro Oscar Wilde, che con il suo acume ci ricorda: “È meglio essere sciocchi di fronte a una grande idea che saggi di fronte a una banalità.” La stupidità, nella sua forma più nobile, è un’apertura al nuovo, una disposizione d’animo che ci permette di accogliere con candore ciò che altrimenti rigetteremmo per paura o per convenienza.
E poi, non dimentichiamo che la stupidità è anche un grande catalizzatore sociale. Quanto ci unisce, quanto ci fa sorridere e ridere! Nulla crea più complicità di una comune, condivisa stupidità. Quanti legami si sono forgiati su una battuta sciocca, quanti amori sono sbocciati grazie a un piccolo, innocente atto di stupidità! La vita, insomma, sarebbe infinitamente più arida e grigia senza la benedetta stupidità.
Infine, lasciatemi concludere con un pensiero del nostro caro Montaigne, che, nel suo consueto scetticismo, ci ammonisce: “La cosa più saggia che possiamo fare è non far caso alla saggezza.” E forse, in queste parole, troviamo il vero senso dell’elogio della stupidità. Essa ci ricorda che la vita è fatta per essere vissuta, non dissezionata; che l’errore è umano, troppo umano; e che, in fondo, la stupidità è una parte essenziale di quella meravigliosa commedia che è l’esistenza.
Siamo dunque grati alla stupidità, questa umile compagna di viaggio, che, con il suo sorriso ingenuo e la sua tenacia disarmante, ci ricorda che vivere è, prima di tutto, un atto di coraggio e di leggerezza.
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