di Raffaele Gaggioli
Sin dal ritiro di Joe Biden dalla corsa alla Casa Bianca, la parola d’ordine usata dal partito democratico è stata “unità”. La nuova strategia dei democratici per vincere le elezioni presidenziali di questo novembre è evitare di apparire divisi internamente e non alienare parte della propria tradizionale base elettorale.
Infatti i pezzi grossi del partito (tra cui gli ex presidenti Barack Obama e Bill Clinton) si sono affrettati a sostenere la candidatura di Kamala Harris, attuale vicepresidente di Biden, e nessun politico democratico ha tentato di contestare la sua nomina o presentarsi come candidato alternativo.
L’idea di unità sta ovviamente influenzando anche la campagna elettorale di Harris, come dimostrato dalla convention democratica di Chicago. Nel corso della convention, la nuova candidata democratica ha tentato di ottenere il sostegno non solo dei tradizionali elettori democratici, ma anche quella di altre parti della società americana.
La Harris ha cercato di empatizzare il più possibile con i cittadini americani, sottolineando le sue origini borghesi e la sua familiarità con la povertà e le difficoltà economiche. In rottura con Biden, la Harris ha inoltre ammesso che servono maggiori riforme per aiutare i cittadini americani in difficoltà.
La campagna elettorale di Harris sta anche cercando di ottenere il sostegno di elettori indipendenti e conservatori, delusi da Trump. Nel corso della convention, molti ex-repubblicani ed ex-membri dell’amministrazione presidenziale di Donald Trump sono saliti sul palco ed espresso supporto per la candidata democratica.
Questa strategia sembra già stare ottenendo dei risultati in Arizona, Stato tradizionalmente conservatore dove Trump aveva però clamorosamente perso nel 2020, poiché i sondaggi locali danno ora in vantaggio Harris.
Ovviamente, l’idea di unità di Harris non si estende al suo avversario repubblicano. Se nel 2016 la strategia democratica di fronte agli attacchi personali di Trump era “Quando loro si abbassano, noi ci alziamo”, ora i democratici sembrano pronti a rispondere a tono.
Tim Walz, governatore del Minnesota e compagno di corsa della Harris, era già partito all’attacco alcune settimane fa quando aveva definito Trump “strambo” a causa delle sue numerose azioni e dichiarazioni controverse. L’epiteto sembra aver colpito il segno, vista la reazioni furiosa di Trump, e ora questo insulto è diventato il cavallo di battaglia dei sostenitori della Harris.
Per questo motivo, gli attacchi contro le politiche di Trump e dei repubblicani hanno rivestito un ruolo centrale durante la convention democratica. In particolar modo, la Harris e i suoi alleati si sono soffermati sulla “libertà riproduttiva” delle donne, messa in pericolo dall’abrogazione nel 2022 di Roe V Wade (sentenza della Corte Suprema statunitense che nel 1973 legalizzò l’accesso all’aborto).
Nel corso della convention, gli alleati politici di Harris e altri attivisti hanno discusso le loro esperienze personali relativamente all’aborto, anche per quanto riguarda la violenza sessuale, e si sono soffermati su altri diritti messi in pericolo dalle politiche repubblicane (ad esempio i matrimoni gay o la fecondazione assistita).
La Harris ha addirittura paragonato l’ex presidente ai numerosi criminali che ha dovuto affrontare quand’era procuratrice in California. In particolare, la candidata democratica si è soffermata sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, quando i sostenitori di Trump tentarono di impedire la certificazione della vittoria di Biden. Durante la convention, sono stati mostrati i filmati dell’attacco e sono state ascoltate le dichiarazioni di vari poliziotti, presenti nel Campidoglio quel giorno.
Il bilancio della convention è quindi apparentemente positivo. La Harris sembra aver energizzato la sua base elettorale, e ha ottenuto un indice di ascolti tv maggiore di quello della convention repubblicana di Milwaukee (26, 2 milioni di spettatori rispetto ai 25, 4 milioni di Trump).
Tuttavia, i critici hanno sottolineato che le sue dichiarazioni relativamente ad Israele potrebbero rappresentare un problema per la sua campagna elettorale. Anche se la candidata democratica insiste sulla necessità di un cessate il fuoco a Gaza, il suo programma politico prevede ancora il contestato sostegno militare quasi illimitato a Tel Aviv.
Per questo motivo, la convention democratica è stata contestata da proteste contro la guerra e critiche per il rifiuto di Harris di far salire attivisti palestinesi sul palco. Il mancato supporto di questi attivisti e della comunità mussulmana in Stati chiave come il Michigan potrebbero costare ad Harris l’elezione.
Ora bisogna vedere come Trump reagirà di fronte a questi sviluppi. Oltre ad una serie di attacchi personali contro Kamala (inclusa l’accusa che l’avversaria non sia veramente di colore o una cittadina americana), Trump vuole ora puntare sulla lotta all’immigrazione clandestina per tentare di recuperare nei sondaggi.
Trump potrebbe inoltre essere avvantaggiato dalla decisione di RFK Jr, nipote del più famoso John Fitzgerald Kennedy e candidato indipendente nella corsa alla Casa Bianca, di ritirarsi e sostenere la sua campagna elettorale.
Raffaele Gaggioli
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