di Camilla G. Iannacci
La caduta dei valori – «l’assoluto e la verità» – costituisce una svolta che forma il moderno e conduce alla crisi dei fondamenti di cui il «Dio è morto» era solo un primo annuncio.
La tecnica come un Moloch, un novello demiurgo o un Panopticon s’impone e indirizza il corso della storia e vanifica ogni tentativo di cambiamento che l’umanità abbia l’ardire di immaginare e magari di mettere in atto.
Il destino epocale del nichilismo non concede aperture o pause: è implacabile nel suo dominare anche un pensiero che possa opporvisi.
Heidegger è però misericordioso e invita (o concede?) di sperimentare la «Gelassenheit, l’abbandono» dal momento che nulla può opporsi a questa realtà totalizzante che s’impone come l’ultima onto-metafisica.
Il problema dell’Essere: metafisica e nichilismo
Heidegger dedica uno studio intenso e prolungato e, si può ben dire, un corpo a corpo teorico col pensiero nicciano: la metafisica e l’ ontologia segnano il percorso che consente ad Heidegger di ripensare il pensiero occidentale.
Il pensiero filosofico si è dispiegato nel problema dell’Essere della metafisica e del nichilismo
Se è vero quanto scrive Nietzsche «Sarà legato al mio nome il ricordo di una crisi quale mai si era vista… la più profonda collisione di coscienze… contro ciò che è stato creduto» – per Heidegger – egli si muove ancora nell’orbita della metafisica infatti dal momento che la metafisica si chiede «che cosa è l’ente? – e in Nietzsche – l’ente è volontà di potenza ed eterno ritorno dell’uguale» (Volpi).
Per Heidegger il pensiero in cui si dispiega l’interrogazione di Nietzsche «La volontà di potenza e l’eterno ritorno dell’uguale – dottrine che rispondono alle domande metafisiche circa il «che cosa» e il «come» l’ente è – , la trasvalutazione di tutti i valori, il nichilismo e il superuomo» attengono alla metafisica anzi ne costituiscono il compimento.
L’eterno ritorno dell’uguale è connesso, per Heidegger, alla volontà di potenza. Se quest’ultima dice che cosa è l’ente – giacché sotto l’egemonia del principio della soggettività tutto ciò che è acquista il carattere della volontà di potenza – l’eterno ritorno dice come è l’ente che è stato ridotto a volontà di potenza.
L’interpretazione della volontà di potenza in chiave ontologica – è «Il modo in cui Nietzsche concepisce la vita nella sua modalità d’essere, quindi l’essere dell’ente relativamente al suo ‘che cos’è’» (Volpi).
Il nichilismo e il platonismo in Nietzsche
Da un parte, Heidegger riconosce l’importanza su cui Nietzsche si è interrogato ovvero sul nichilismo dall’altra, è convinto della necessità di andare oltre questo spazio-tempo.
Per Heidegger nel tentativo di superare la dottrina dei due mondi, quello vero e quello apparente ovvero il sensibile, Nietzsche rimane pur sempre nell’orbita del platonismo infatti lo apostrofa come «Il platonico più sfrenato della metafisica occidentale».
Il nulla emerge in tutta la sua ‘realtà’ solo nell’esperienza dell’angoscia: Heidegger supera la dimensione della logica sulla verità dell’essere che più propriamente declina come ἀλήθει, nascondimento-velamento e svelamento.
La tecnica in Heidegger
La natura del contemporaneo è la tecnica: civiltà, storia e pensiero sono investiti dalla potenza della tecnica il cui scopo è quello di imporsi su scala mondiale: un essere … tecnico si aggira per il mondo e lo informa secondo i propri fini ed obiettivi.
E’ l’era della téchne e del nichilismo, essi sono costitutivi del nuovo mondo: serve un’interpretazione all’altezza degli eventi e dei cambiamenti di senso circa i riflessi sulla natura e sull’ umano.
La lettura di Volpi
«Il nichilismo nicciano è il rovesciamento del platonismo e in esso si manifesta la figura archetipica della metafisica, che il platonismo inaugura e rappresenta, e che egli chiama ‘soggettità’ la quale insorta con il platonismo – cioè l’apparizione dell’uomo che si fa portatore del progetto conoscitivo e operativo di tutto ciò che è – trova il suo inveramento nella configurazione tecnica dell’essere dell’ente denominata Gestell, ingranaggio, e sta a indicare l’essenza di ciò che è posto, in contrapposizione a ciò che nasce spontaneamente come gli enti per natura – è scelto da Heidegger per definire l’essenza della tecnica che è la figura epocale in cui l’essere si manifesta e si occulta alla fine del destino metafisico dell’Occidente.
Platonismo e nichilismo appaiono quindi a Heidegger come i due termini dello stesso paradigma – la metafisica – ed entrambi sono considerati omogenei e funzionali alla tecnica che è l’ultima forma di metafisica, cioè di platonismo, così come la metafisica è la preistoria della tecnica, cioè del nichilismo.
Bisogna pensare a una topologia del nichilismo e individuare nella storia dell’essere il luogo essenziale in cui il destino del nichilismo si decide, bisogna compiere un passo indietro: non stimolare la volontà di oltrepassare il nichilismo, né procedere nella navigazione a ogni costo.
Quando la ‘soggettità’, ossia il primato dell’uomo come soggetto pretende di essere la risposta definitiva alla domanda ‘che cosa è l’ente?’ ciò significa che l’essere è dimenticato e ‘si dà’ soltanto nella forma della negazione e del nichilismo.
Anche il razionalismo è per Heidegger espressione di soggettità e di antropocentrismo, razionalismo e irrazionalismo sono due figure complementari del nichilismo.
Heidegger sostiene che si intende superare il nichilismo, non ha senso produrre resistenze e reazioni né erigere le fragili barriere di nuovi improbabili valori è preferibile lasciare che la potenza del nulla si sprigioni e che tutte le possibilità del nichilismo si esauriscano fino al loro compimento.
L’accelerazione del nichilismo è l’unica via che può portare al suo superamento, solo lo spiegamento totale del nichilismo produce il suo esaurimento e la possibilità del suo superamento.