Sotto i meme e sopra le piazze, il nuovo comunismo è pronto a retwittare il mondo.
Nell’era del digitale, dove i movimenti sociali si traducono in hashtag e i comizi in post, la sinistra mondiale ha subito una metamorfosi radicale. Dalla lotta di classe alla lotta di tastiera, i nuovi volti del comunismo e del socialismo si muovono tra meme, video virali e dirette Facebook. Ma quanto c’è di veramente rivoluzionario in questi gruppi che si sono trasformati da fiera opposizione nelle strade a brillanti star di Instagram?
Per cominciare, è doveroso dare uno sguardo alle varie sfumature della sinistra digitale. In Italia, abbiamo il Nuovo Partito Comunista Italiano (NPCI), che con il suo recente “Avviso ai naviganti” si è guadagnato un posto d’onore nell’olimpo delle follie online. Pubblicando liste di proscrizione di “agenti sionisti”, il NPCI non si limita a diffondere odio, ma lo fa con una tale precisione e dedizione che persino le vecchie guardie del KGB avrebbero invidia. All’estero, i Democratic Socialists of America (DSA) giocano invece la carta del progressismo, ma non senza ambiguità: tra una lode a Bernie Sanders e un coro per Alexandria Ocasio-Cortez, questi giovani socialisti sembrano più interessati ai follower che alla rivoluzione.
Le modalità espressive di questi gruppi tradiscono la tradizione movimentista di un tempo. Laddove una volta la protesta significava occupare fabbriche e bloccare strade, oggi si traduce in condivisione compulsiva di contenuti sui social. La “rivoluzione” si fa attraverso thread di Twitter e dirette Instagram, con una spruzzata di indignazione momentanea e una valanga di commenti, spesso più taglienti del vecchio pugno chiuso. Il tutto condito da una buona dose di ironia, perché, si sa, la satira è l’arma dei disperati. E mentre gli slogan si fanno sempre più corti e accattivanti, i problemi reali vengono tramutati in quiz online: “Che rivoluzionario sei? Scoprilo con un click!”
Ma quali sono le finalità di questi nuovi movimenti? La lotta di classe è diventata lotta per l’engagement, e la difesa del proletariato è stata sostituita dall’analisi delle metriche di Google Analytics. Con un focus esasperato su questioni identitarie e simboliche, la sinistra digitale sembra aver perso di vista i problemi concreti della società, come l’occupazione, il welfare, e i diritti dei lavoratori. Invece, si concentrano su battaglie spesso lontane dal loro primigenio scopo, come la difesa di micro-identità o l’abbattimento di statue storiche. Non c’è da stupirsi se molte delle loro iniziative si risolvono in nulla di fatto, nonostante i milioni di like. L’origine ideologica di questi movimenti è tanto variegata quanto confusa: dal marxismo annacquato, al progressismo socialdemocratico, fino a curiose ibridazioni con ideologie New Age. E così, mentre cercano di creare una rete globale di solidarietà, rischiano di deflagrare sotto il peso delle loro stesse contraddizioni.
Alcuni gruppi sono ormai in declino, schiacciati dalla loro stessa inconsistenza. I DSA, una volta forza trainante della sinistra americana, si trovano ora in un limbo, incapaci di conciliare il loro passato radicale con le nuove esigenze elettorali. Anche in Italia, realtà come il Partito Comunista di Rizzo, che un tempo faceva tremare i palazzi del potere, oggi si aggrappa disperatamente ai suoi pochi fedelissimi, mentre il resto del mondo va avanti, o indietro, a seconda dei punti di vista.
Al contrario, gruppi più recenti come i Fridays for Future, pur con tutte le loro contraddizioni, sono in ascesa. Grazie alla loro capacità di mobilitare i giovani attraverso i social media, sono riusciti a imporsi come una delle voci più influenti del panorama politico globale. Ma attenzione: anche loro non sono immuni alla tentazione di ridurre tutto a spettacolo, rischiando di diventare l’ennesimo fenomeno di breve durata.
La vera sorpresa è come alcuni gruppi più occulti riescano a manipolare queste dinamiche a proprio vantaggio. La strumentalizzazione di cause nobili per interessi personali o di gruppo è ormai pratica comune. Il recente exploit del NPCI, con la pubblicazione della lista di proscrizione dei “sionisti”, è solo l’ultimo esempio di come la sinistra digitale, in mancanza di un reale potere, si affidi al sensazionalismo per mantenere la sua rilevanza. E se questo significa compromettere la sicurezza di persone reali, poco importa: l’importante è continuare a far parlare di sé. Ma a quale costo? Con sempre meno connessioni alla realtà e sempre più legami con mondi virtuali, la sinistra dei social sembra essersi arresa, cedendo alla tentazione di diventare un’altra bolla mediatica, pronta a esplodere al prossimo cambio di algoritmo.
La domanda è: riuscirà mai a rialzarsi?