IL 31 luglio scorso 6 milioni di chili di rifiuti speciali, furono incendiati a Persano ubicati in terreno dell’esercito italiani.

Ne abbiamo scritto, in termini approfonditi sul piano scientifico il 31 luglio e il 4 agosto us, ma scarso è stata l’eco della stampa locale, che tranne qualche eccezioni è attratta dai profili scandalistici e di presunto sperpero di danaro pubblico dell’ente locale.

Sui dati che riguardano l’inquinamento ambientale è sceso, in campo l’ASPMI il sindacato per la tutela dei militari dell’esercito che, in un documento inviato allo Stato Maggiore dell’Esercito ha espresso “forti preoccupazioni per l’incendio di rifiuti verificato nel comprensorio militare di Persano  “e mettendo in luce i problemi di sicurezza e di salute, per i militari.

IL documento denuncia la “poca informazione fornita sulle potenziali conseguenze per la salute” .

Nel documento ASPMI chiede : a) informazione trasparente e completa; b) misure straordinarie di protezione; c) monitoraggi ambientali accurati ,da condurre con il supporto degli organi tecnici del ministero della difesa; d) distribuzione di dispositivi di protezione individuali necessari per ridurre al minimo l’esposizione ,a sostanze potenzialmente pericolose.

L’ASPMI definisce“ inaccettabile quanto sta succedendo a Persano. Militari lasciati all’oscuro sui rischi per la propria salute “. A ventidue giorni dall’incendio i militari“ impiegati nel comprensorio Serre -Persano hanno ricevuto l’ordine che tutte le attività fisiche all’aperto sono vietate fino all’8 settembre a causa dei danni provocati dall’incendio”.

ASPMI denuncia che il personale militare non è stato informato sui risultati dei rilevamenti fatti sull’inquinamento atmosferico.

Prosegue “Questo ritardo nella comunicazione è inaccettabile e non fa che alimentare dubbi e timori “.

Noi oltre che nell’articolo ,abbiamo trattato l’argomento anche in due interviste rilasciate al giornalista Dott. Naponiello , dove con grande senso di responsabilità ed equilibrio abbiamo sottolineato l’esigenza di ottenere i dati degli inquinanti prodotti nella combustione dei rifiuti e scaricati ,in atmosfera.

Inquinanti che poi per gravità cadranno sui terreni , gli ortaggi e le acque superficiali. L’elemento che più ci ha colpito è stata l’afasia istituzionale e al netto di poche eccezioni dei partiti politici , dei media locali, dei movimenti ambientalisti e dei cittadini in genere.

Gli inquinanti più pericolosi prodotti sono numerosi e li abbiamo elencati nell’articolo del 1 agosto us.

Vogliamo soffermarci sugli inquinanti maggiormente pericolosi che sono il particolato (PM10 e PM2.5), il Biossido di azoto (NO2) l’Ozono troposferico (O3) e la diossina.

Il padre di tutti gli inquinanti è il biossido di azoto e ovunque c’è una combustione non si brucia ossigeno allo stato puro ma aria, che contiene per quasi l’80% azoto. Da questo derivano inquinanti secondari come il particolato e l’ozono: questi sono prodotti da una serie di reazioni a catena a partire dagli ossidi di azoto. IL CNR dice che sulle nostre teste “galleggia una zuppa di inquinanti”.

Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente l’inquinamento atmosferico è un assassino invisibile. PM è una sigla inglese che sta per “Particulate Matter” e indica il gruppo di particelle omologate a sfere, che hanno un diametro che va da 10 milionesimi di metro a “zero”. IL PM2,5 le particelle da 2,5 milionesimi di metro fino a PM 0,1. Le dimensioni del granello di polvere sono tanto più piccole quando è più alta la temperatura e la pericolosità dipende dalla composizione chimica delle polveri. La dispersione degli inquinanti dipende; a) dalle caratteristiche dei venti, (dati posseduti dalle stazioni metereologiche dell’aeronautica che misurano venti con velocità superiore a 0,5 metri al secondo. Le velocita inferiori sono chiamate “calme di vento”; b) dai periodi di calma; c) presenza di inversione termica.

Gli inquinanti vengono ingeriti attraverso la respirazione , per questo le prime malattie a essere state studiate sono quelle respiratorie, del tratto superiore e del tratto inferiore fino alle malattie polmonari, tumorali e non.

 Uno studio europeo ha coinvolto oltre 300.000 persone tenute in osservazione per 13 anni ha dimostrato che per ogni incremento di 5 microgrammi per metro cubo di PM2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone aumenta del 18%, mentre cresce del 22% a ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo.

Auspichiamo che anche gli Enti locali , i consiglieri i Sindaci richiedono i dati degli inquinanti prodotti dall’incendio ai fini della tutela e la salvaguardia dell’ambiente.

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Un disastro ambientale che si doveva evitare

 

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