MILANO – Si parla tanto di autonomia differenziata, ma non tutti hanno ben compreso di cosa realmente si tratti anche perché un’abile campagna pubblicitaria più che informativa l’ha presentata come una legge che amplia i poteri delle regioni a statuto ordinario di modo che darebbe a queste regioni maggiore autonomia. In definitiva una legge che renderebbe più democratico l’ordinamento italiano sburocratizzandolo in parte.
Invero il tutto è stato presentato in modo molto vago dalle reti del servizio nazionale ed a senso unico e favorevole alla norma, dalle reti Mediaset
Ma è proprio così?
Vediamo.
L’aspetto essenziale della nuova normativa è rappresentato dal fatto che i servizi erogati dalle regioni sono finanziati dalle tasse che la ragione incamera.
È ovvio che essendovi regioni ricche e regioni povere la qualità dei servizi nelle regioni ricche sarà sicuramente superiore alla qualità dei servizi erogate nelle regioni povere.
Il divario nella qualità, per esempio, tra la Basilicata/la Calabria e la Lombardia/il Piemonte diventerà ancora più ampio.
Quando parliamo di servizi parliamo di sanità, istruzione, lavoro, trasporti, ambiente, parliamo quindi di aspetti fondamentali della vita civile che toccano tutti. Il nascere o vivere in certe regioni, pur essendo in uno stato unitario (vedasi art. 5 Cost.) farà la differenza creando ex lege cittadini di seria A e cittadini di serie B
A volere la legge è stata fortemente la Lega alla quale si sono accodati con maggiore o minore entusiasmo gli altri gruppi al governo, in quanto il primo imperativo è restarci al governo e per farlo bisogna restare uniti, quindi qualche rospo bisognerà pur ingoiarlo.
La Lega, ricordiamolo, è il partito che ha sempre ribadito che i soldi del nord devono restare al nord, con buona pace dell’appena sopra citato articolo della costituzione, il partito che probabilmente non ha mai dimenticato cosa disse Bossi a proposito della bandiera italiana “…quando vedo il tricolore m’incazzo, il tricolore lo uso solo per pulirmi il c…. “(U. Bossi 1997) dimenticando o forse non sapendo, parrebbe, che il tricolore è nato proprio nella diciamo “sua” Padania.
Per questa frase venne definitivamente condannato dalla Cassazione con pena poi trasformata in ammenda.
Ma torniamo all’autonomia differenziata.
Come è stato osservato, l’autonomia differenziata creerebbe eccessive sperequazioni nella sfera di attribuzioni di materie alle diverse regioni.
Gli economisti sottolineano i rischi per la finanza pubblica e la stessa Banca d’Italia e la Corte dei Conti hanno ritenuto che possa portare effetti negativi incalcolabili sui conti pubblici.
A monte inoltre è del tutto evidente come vi siano presenti ragioni di incostituzionalità.
È stato osservato (vedasi Alessandro Pallanza, Marco Cammelli, Sandro Staiano Massimo Bordignon, Leonzio Rizzo e altri) come l’articolo 116 Cost, terzo comma, preveda forme e condizioni particolari di autonomia “concernenti” determinate materie che vengono meramente individuate richiamando il successivo articolo 117. Le forme ulteriori e le condizioni particolari di autonomia sono all’interno delle sfere di competenza per materia fissate dall’articolo 117 e si avvalgono dei loro ampi margini di flessibilità. Ne deriva, affermano gli autori citati, l’impossibilità di azzerare in ciascuna materia la titolarità e la competenza normativa primaria dello stato, che può essere ridotta solo per le porzioni che si ritengono trasferibili in relazione alle condizioni particolari di ciascuna regione. L’articolo 116 terzo comma si integra – e non si sovrappone – con l’articolo 117, è una clausola evolutiva e non dissolutiva del sistema dell’autonomia ordinaria e della distinzione tra questa e l’autonomia speciale fissata dallo stesso articolo 116.
In particolare, Bordigno e Rizzo hanno sottolineato l’illogicità della normativa se solo si pensa alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. È chiaro, scrivono, che non si può pensare a una normativa per l’ambiente che sia valida solo all’interno dei confini regionali, se si vuole che sia efficace. Vi sono poi altre materie come porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia che hanno tutte pesanti ricadute sul territorio nazionale. Se la fornitura di un servizio richiede una rete che si estende su tutto il territorio nazionale spezzettare la responsabilità della rete nelle varie regioni potrebbe portare a una gestione meno efficiente di quella garantita da un decisore nazionale.
Al di là degli aspetti strettamente tecnici di carattere economico ovvero giuridici appena visti una cosa è certa anche se il dato non è ancora ufficiale, tra banchetti e raccolta sulla piattaforma digitale, è già stata superata la soglia di 500 mila firme per richiedere il referendum abrogativo il che vuol dire che i cittadini hanno ben compreso la sostanza di questa legge, una legge iniqua che spacca l’Italia.
Avv. Vito Salvatore Manfredi