di Irene Agovino
Il “Bin Laden”- perché introvabile- palestinese nasce a Khan Younis, campo profughi famigerato della striscia di Gaza. Figlio di due miliziani della prima “resistenza”, Deif, il cui vero nome è Mohamed Al Masri, si unisce alle truppe di Hamas nel 1988, scalando ben presto il partito e co-fondando, con Saleh Aurori, -attualmente a far la bella vita a Londra- le brigate Ezzedin el Qassam(in omaggio al leader del primo boicottaggio del 1935). Quando nel 2012 viene assassinato, tramite omicidio mirato il numero due dell’organizzazione, Hamed Jabari, ministro degli Esteri durante il breve governo con Fatah, Deif diventa uno dei maggiori esponenti.
Lo Shin Bet, il servizio militare israeliano era convinto da tempo che Deif fosse l’ideatore dei massacri del 7 ottobre, ingannando lo Stato ebraico con promesse di pace, mai mantenute. Vi è anche da dire che lo stesso Stato israeliano, ancor prima del governo attuale, abbia raffreddato i rapporti anche con la stessa Autorità Nazionale Palestinese.
Il nome di Deif, che in arabo significa “ospite”, in riferimento alla sua abitudine di spostarsi spesso di casa in casa per nascondersi, era il secondo sulla lista delle persone che Israele considerava minacce alla sua sicurezza. Il primo è quello di Yahya Sinwar, l’unico che viveva nel 2023 a Gaza, considerato da anni il numero uno dei miliziani palestinesi.
Prima di morire, secondo alcuni avrebbe detto: “alla luce dei continui crimini contro il nostro popolo, alla luce dell’orgia dell’occupazione e della sua negazione delle leggi e delle risoluzioni internazionali, e alla luce del sostegno americano e occidentale, abbiamo deciso di porre fine a tutto questo, affinché il nemico capisca che non può più divertirsi senza essere tenuto a rispondere”.
Come ha risposto l’entità di Tel Aviv, purtroppo è cosa nota. Vedere alla sbarra i capi della “resistenza” islamista assieme agli stragisti dell’attuale governo israeliano, inviso a buona parte dei cittadini dello Stato ebraico, sarebbe stato sicuramente una gran mossa per affermare che nessuno può impunemente farsi beffe di quelle che sono le leggi internazionali, soprattutto in tempo di guerra. E questo avrebbe salvaguardato le vittime del 7 ottobre e dato giustizia anche a chi, pur vivendo a Gaza, non vuole essere governato da Hamas e vede morire i propri cari sotto le bombe.
Gaza è una nuova Aleppo, una nuova Dresda, una nuova Sarajevo, mentre il mondo rischia di bruciare ancora di più.
foto https://www.timesofisrael.com